Centro storico, non museo di Marziano Bernardi

Centro storico, non museo Centro storico, non museo Tra i provvedimenti governativi per un risparmio di carburante è stato prospettato il divieto permanente della circolazione automobilistica privata in tutti i centri storici delle nostre città; ma sotto forma di «raccomandazione» dello studio di esso per le eventuali modalità di applicazione da parte degli uffici regionali e comunali. Nicola Adelfi, su questo giornale, ha proposto di applicarlo la domenica «indistintamente», dando così ai cittadini, oltre il beneficio di un minore inquinamento atmosferico, almeno un giorno della, settimana, la possibilità di «scoprire e godersi scenari che normalmente, seduti nelle nostre vetture e incalzati da quelle altrui, siamo portati a trascurare oppure ignoriamo del tutto ». E' un esperimento che stiamo facendo da quando ci è stata imposta l'austerity; e non sappiamo con quanto aumento di piacere estetico e di cultura nelle varie cittadinanze. Comunque anche questo è un aspetto — e certo non il meno importante — dell'annoso problema della difesa, della rivalutazione, e della destinazione urbanistica dei centri storici. Vale la pena di esaminarlo brevemente, se non altro per consigliare la prudenza a chi con drastiche decisioni a fin di bene potrebbe commettere grossi errori. Anzitutto conviene schiarir le idee su ciò che comunemente si considera «centro storico». Che non è affatto soltanto il nucleo «antico» della città: nella quale possono esistere quartieri non di costruzione remotissima e nemmeno caratterizzati da una evidente monumentalità, che tuttavia.vanno salvaguardati nella loro integrità perché sono parte essenziale della «storia» edilizia e sociale della città stessa; e per di più si raccomandano all'attenzione per la loro unità stilistica, per la loro determinazione di un valore ambientale delicato. Per esempio, a Torino, il quartiere che gravita intorno a piazza Cavour e via della Rocca: che non è «centro storico» ma «un centro della storia» torinese. Inoltre: come si prospetta l'avvenire dei centri storici, quando siano restaurati, ripuliti, resi civilmente abitabili? Lo si è detto cento volte. Dovrebbero riuscire delle zone urbane residenziali senza di¬ stinzione (come fu in passato) di ceti sociali, particolarmente tranquille per limitazione di traffico, riservate al piccolo commercio e all'artigianato, a botteghe d'arte, a istituti e centri di cultura, a musei; non escludendo naturalmente uffici di pubblica utilità, ma evitando ogni sovraffollamento. Soprattutto dovrebbero riuscire, nel loro insieme, dei luoghi non «da guardare», ma «da viverci» attivamente. Ebbene, in questo equivoco è caduta, a parer nostro, l'amministrazione municipale torinese chiudendo completamente — salvo l'attraversamento senza possibilità di sosta — al traffico e al posteggio automobilistico tre centralissime piazze: San Carlo, Carignano, Carlo Alberto; le quali non son diventate neppure delle piazze «da guardare» perché più nessuno a piedi ci passa, tolta la prima, sotto i portici. Di questa, ridotta a un'immagine metafisica come un quadro di De Chirico, mentre permettendo un posteggio d'auto rigorosamente limitato ai margini su una sola fila la si sarebbe mantenuta «viva», già dicem- mo su questo giornale nel marzo dell'anno scorso. Per le altre due, e in special modo per piazza Carlo Alberto cintata di ridicole transenne più o meno floreali e d'un gusto spaventosamente provinciale, sorvegliata da due severi «caschi bianchi» come se contenesse un tesoro mentre contiene soltanto un monumento fuori centro (quando lo si trasporterà nella piazzetta Reale, dov'era stato progettato?) che nessuno vuol rubare, si ha da notare che si sono trasformate in due cimiteri deserti. D'accordo che le invasioni d'automobili in sosta erano prima del divieto indecorose. Ma anche qui si poteva procedere cum grano salis, permettendo una abbastanza completa visione della superba facciata del palazzo Carignano, senza giungere all'assurdo di vietare il passaggio automobilistico davanti al teatro. Forse i nostri padri coscritti sono troppo giovani, non possono ricordare che una lunga fila di «cittadine» (le vetture di piazza della nostra infanzia) sostava in permanenza nella piazza, e l'ombra del Guarini non se ne doleva. Marziano Bernardi

Persone citate: Carignano, Carlo Alberto, De Chirico, Guarini, Nicola Adelfi

Luoghi citati: Torino