Dramma nella preistoria

Dramma nella preistoria INDAGINE SULL'ITALIA SOTTERRANEA Dramma nella preistoria Insieme con altre suggestive testimonianze, nelle grotte della Sicilia si sono trovati i resti di cento minatori travolti da un crollo (Dal nostro inviato speciale) Palermo, marzo. In una chiara mattina di sole ero salito al Monte Pellegrino per concludere il mio itinerario archeologico in Sicilia. Avevo ancora negli occhi le visioni di monumenti unici al mondo, certo l'espressione più alta del l'arte greca in Sici'M, però sapevo che quello era stato il momento più felice dell'isola, il culmine di una civiltà che poi si era ripiegala su se stessa, era scomparsa, lasciando vestigia grandiose come i templi di Selinunte, Agrigento, Segesta, /.indari, il teatro ed il Castello Eurialo di Siracusa. Ma prima che dalla Grecia giungessero i coloni a fondare su tutto il versante ionico città splendide, potenti, ricchissime, com'era la Sicilia, da chi era abitata, come vivevano gli uomini che per primi fondarono villaggi, o vissero nelle grotte che ancor oggi si spalancano come voragini nei fianchi rocciosi delle montagne? L'escursione al Monte Pellegrino potevo considerarla l'ultima di una serie che, iniziata ad Agrigento, era proseguita un po' attraverso tutta l'isola, proprio alla ricerca di testimonianze su- | gli antichi abitatori della Sicilia, ed era stata un'avventura emozionante; grazie all'archeologia si rivivono vicende sovente tragiche, perché la vita degli uomini che primi furono folgorati dal lampo di Quella che definiamo civiltà dev'essersi svolta in condizioni tremende per l'avversità della natura, per la difficoltà di procacciarsi l'indispensabile alla sopravvivenza. L'amico non archeologo, ma sapiente nella scienza degli scavi, mi aveva spiegato che ad Agrigento il signor Gerlando Bianchini aveva scoperto, casualmente, i primi ciottoli di selce scheggiati, certamente i più antichi d'Italia; gli uomini che li avevano lavorati erano vissuti quasi diecimila anni fa, e quei ciottoli erano le loro armi da caccia, o da difesa. Ma che cosa cacciavano questi antichissimi siciliani? Certo animali di piccola mole, di cui non sappiamo nulla, ma anche animali giganteschi. Durante scavi nella cosiddetta Grotta Giovanna, non lontano da Siracusa, l'archeologo Bernabò Brea rinvenne zanne e vertebre di elefante, ed in una grotta poco lontano da Fontane Bianche, zona su cui sta sorgendo tutto un complesso turistico con alberghi, condomini, villette, furono trovati resti di ippopotamo, e- sattamente quattro denti ed un osso della zampa. Eppoi una lastra con sopra incisa una figura di mucca, ed ancora schegge di selce usate come strumenti domestici, diciamo coltelli, o come frecce, o mazze. La Sicilia è doviziosa di tali testimonianze, che potranno esser visitate, grazie ad una mostra che Paola Pelagatti, ora soprintendente alle Antichità a Torino, ha organizzato con Giuseppe Voza per illustrare il patrimonio archeologico della Si- ' cilia orientale, e che quasi certamente sarà portata anche a Torino. Non che il resto dell'isola manchi di segni della presenza umana in secoli remotissimi, ma le testimonianze più significative sono state rinvenute nella parte orientale della Sicilia, ed è stata la soprintenlenza di Siracusa ad eseguire proficui scavi fin da molti anni addietro, e con risultati stupefacenti. Basta pensare alle grotte di Pantalica, una necropoli con cinquemila tombe scavate nella roc- eia. La Sicilia non era ricca di ossidiana, la durissima pietra che serviva come arma di offesa e difesa, ma abbondava di selce, e forse la prima tragedia mineraria che l'umanità abbia registrato in Italia avvenne proprio in Sicilia, sul Monte Tabuto, nelle vicinanze di Comiso. Durante gli scavi effettuati sul finire del secolo scorso da Paolo Orsi, fu scoperta una miniera di selce su cui era franato tanto materiale da ostruire l'ingresso. Sotto quel cataclisma, rimasero intrappolati i minatori, e la pietà degli archeologi li ritrovò negli atteggiamenti fissati dalla morte, col grido dell'orrore fra le mandibole spoglie e spalancate. I minatori sorpresi dal crollo erano un centinaio, tanti furono gli scheletri rinvenuti, ed accanto a loro c'erano non soltanto gli utensili indispensabili al lavoro di scavo, ma anche le stoviglie necessarie per portarsi da casa il cibo e le bevande. Furono proprio quelle stoviglie, vasi grezzi, ma alcuni anche dipinti a disegni geometrici, a consentire agli studiosi di fissare l'epoca in cui avvenne la sciagura mineraria, intorno a quattromila anni fa. I disegni dei vasi si ricollegavano a quelli ritrovati a Castelluccio, poco lontano da Noto, e che hanno dato il nome ad una civiltà, proprio la Castellucciana, che duemila anni prima di Cristo già produceva pregevolissime ceramiche su cui, forse sazi per la troppa abbondanza di vasi siculogreci, si stanno ora buttando i collezionisti fanatici pagando prezzi incredibili, perché il mercato di tali vasi non è molto dovizioso. Quando la necropoli di Castelluccio fu scoperta, fra i molti, bellissimi vasi che si trovano oggi al museo di Siracusa, fu rinvenuta una mummia fasciata col metodo usato dagli indios peruviani preincaici. La singolarità della mummia ancora stretta nelle sue bende, i disegni geometrici dei vasi, potrebbero indurre a suggestive deduzioni, ma a snebbiare le fantasie ci sono le date: i siculi di Castelluccio erano vissuti almeno duemila anni prima dei peruviani preincaici. Evidentemente esistono momenti nella storia in cui gli uomini ripetono, inconsciamente, esperienze già fatte da altri popoli dei quali ignorano tutto. Ancora oggi, certe tribù, africane del Sahara modellano vasi e coppe in forme e disegni geometrici non molto dissimili da quelli di Castelluccio, di cui non immaginano l'esistenza. Questi sono i racconti più emozionanti che ci propone l'archeologo, mai sazio di scoperte. Anche quando l'uomo siciliano già si avvicina all'età del rame, intorno al duemila prima di Cristo, splendide civiltà sono fiorite, addirittura sono già in decadenza, in Mesopotamia. Basta pensare ai Sumeri, alle loro città dominate dalle torri sacre, ad Ur già ricca e splendente quattromila anni prima di Cristo, all'Egitto su cui sorgevano le Alpi di pietra delle piramidi, ed i faraoni si facevano scavare nella roccia templi monumentali ad Assuan, Abu Simbel, Karnak, e tombe ornate da pitture murali raffinate entro cui intasavano autentici tesori che avrebbero fatto la gioia dei tombaroli prima che degli archeologi. La civiltà siciliana, quindi, nasce molto tempo dopo, e ciò che ci affascina appare grossolano se confrontato agli oggetti trovati in Medio Oriente ed in Egitto, ma è proprio questo balbettante inizio di una civiltà che si esprime già in forme d'arte a commuoverci. Ero andato al l'ante Pellegrino per visitare la Grotta dell'Addaura, su un fianco della rocca che cade quasi a strapiombo su Palermo, una delle testimonianze più suggestive della preistoria siciliana. Gli antichi abitatori di questa spelonca vi hanno lasciato, più di cinquemila anni fa, un segno commovente della loro presenza incidendo nella roccia, con impressionante verismo, alcune scene di vita che, quasi certamente, sono continuate eguali per secoli e secoli. Tra gli animali graffiti sommariamente, si vedono figure umane, tra cui una donna prossima alla maternità, t due uomini stesi al suolo, forse morti a giudicare dall'abbandono delle membra, ed intorno altri uomini rappresentati nei movimenti della danza, eseguita forse per celebrare le esequie dei due defunti. L'epoca dei grandi mammiferi, cioè degli elefanti, forse dei dinosauri, era già tramontata da tempo, alla fauna calda si era sostituita la fauna fredda, e nella Grotta dell'Addaura sono graffite le immagini di due buoi, segno che l'uomo aveva già domato in parte l'ambiente in cui viveva, ma ci sarebbero voluti almeno altri tre millenni prima che dal lontano Egeo approdassero alle calde spiagge della Sicilia meridionale quei coloni che dall'Ellesponto e dalla Grecia avrebbero portato la raffinata civiltà ellenica. Ma non senza incontrare una fiera difesa da parte delle popolazioni già stanziate, soprattutto nei dintorni di Catania. Ad Adrano, in contrada Mandolito, è stata scoperta una caverna che doveva essere l'armeria delle genti Sicule, provenienti dalla Puglia (gli autoctoni dell'isola erano i Sicani), di indole bellicosa che opposero dura resistenza ai greci appena sbarcati. In quella xaverna furono trovati 670 chilogrammi di bronzo, tutto trasformato in frecce e lance. Ma la scoperta più commovente avvenne a Montemarcello, nei pressi di Comiso. I resti di una capanna circolare con zoccolo di pietra e muri in mattoni crudi raccontano di uno stadio di vita più evoluta; uscito dalle caverne l'uomo si è costruita una casa. E lì accanto, a dimostrare la già mutata indole umana, sono stati trovati alcuni piccoli ciottoli di rocce colorate. L'archeologo pensa che siano i primi giocattoli usati dai bimbi in Sicilia, e che siano stati deposti nella piccola tomba accanto al corpicino di un bimbo morto. Francesco Rosso Sono scrittrici immorali?