CRONACHE DEI LIBRI di Lorenzo Mondo
CRONACHE DEI LIBRI Letteratura nei secoli Esce per i tipi della Utet, compagno del Dizionario critico della letteratura francese e non ultimo della serie, il Dizionario critico della letteratura italiana (tre volumi di circa 2300 pagine complessive). La prima amabile singolarità di quest'opera discende dal fatto che ad essa collabora buona parte dei nomi della nostra italianistica o, almeno, tutte le scuole vi sono rappresentate. Se il direttore, Vittore Branca, illustra l'Università di Padova, e « padovani » sono i redattori (A. Balduino, M. Pastore Stocchi, M. Pecoraro), numerosi e qualificati sono i contributi che provengono da Torino, Firenze, Roma, da Milano, Genova, Bari e Palermo: nomi di docenti illustri o di più giovani studiosi, chiamati a collaborare per una competenza specifica, per la capacità di reazione manifestata nei confronti di un autore o di un'epoca. Questo non accade per una ricerca di concordismo a oltranza, che anzi ogni posizione critica e ideologica trova qui una sua chiara pronuncia; ma per la consapevolezza tutta moderna della complessità del fatto letterario, della polivalenza di un testo che, pur sollecitando talora un particolare approccio, si offre a una pluralità di sondaggi. Come rileva Branca nell'introduzione, le varie metodologie fiorite negli ultimi cinquantanni hanno permesso un approfondimento e una percezione estremamente sofisticata dell'opera letteraria; ma per quanto riguarda la possibilità di fare storia della letteratura non si è superato di molto la negazione di Benedetto Croce. Stilistica, sociologismo, psicanalisi, strutturalismo non sono andati, o almeno non hanno conseguito risultati perentori, al di là di un autore e talora di una singola pagina. Si è affievolita la fiducia nella grande inarcatura cronologica, che procedeva dalla fede nel progresso indefinito dell'umanità o da altre idee-guida della storia. Nasce di qui l'impronta mossa e sperimentale di quest'ultima impresa, l'attenzione di tipo fenomenologico e pluralistico. Che poi, ad evitare la casualità e l'antagonismo tra l'una e l'altra voce, a garantire la solidale misura della scienza, provvede l'interno riferimento alla fortuna critica dell'autore, al libero e dissonante giudizio dei lettori più prestigiosi attraverso il tempo. Sono concetti che oltrepasaano i nomi degli articolisti e toccano l'ordinamento stesso del materiale: dove la rigidezza lessicografica si scioglie nell'irradiazione delle voci quadro, che costituiscono la vera novità del Dizionario. C'è in esso l'avvertenza che una storia letteraria « plurilingue per eccellenza » come quella italiana — scritta anche in latino e in greco, in francese, in provenzale e nei vari dialetti della penisola — deve essere sentita con spirito sovrannazionale; che non può essere isolata inoltre dalle altre grandi correnti artistiche, dai più significativi movimenti religiosi e sociali. Ecco allora una voce sulla presenza della Bibbia come ispiratrice di figure e stilemi, di suggestioni mitiche e religiose, inanellate entro i nomi di Auerbach e Thomas Mann. Ecco ancora gli Itinerari in Asia del Due e Trecento, le Enciclopedie medìoevali, la rivalutazione della Cultura angioina in un chiaro parallelo con quella fiorita alla corte di Federico II, e il segno lasciato dall'Iberismo: vale a dire la circolazione d'idee, la fertile mediazione dovuta a una particolare situazione storico-politica. Mentre, su versanti più prossimi, s'indugia con piacere sui Giacobini italiani o sui Librettisti dell'800. Così, all'Ars dictandi si contrappone e affianca, nel volgere dei secoli, la psicanalisi; la letteratura della Resistenza (anticipata da una densa voce su Gramsci) sfocia — e siamo ad uno dei più vicini termini cronologici — nelle sperimentazioni dei Novissimi. Il Dizionario trae profitto inoltre da recenti, estrose ricerche. L'Artusi trova spazio perché la sua opera segnò « la restaurazione della buona lingua italiana nel campo del linguaggio di cucina ». E si accetta l'assenza di De Amicis perché viene compensata da uno schietto recupero di Salgari, di cui si sottolinea, oltre tutte le trasandatezze di stile, « la ricca vena fantastica », « l'istinto del narratore auten■ tico ». Abbiamo toccato il tema delle assenze, inevitabili e anche deliberate in un dizionario critico e selettivo. Ogni lettore passionato avrà di che dolersi, anche se l'assente viene talora cooptato nelle voci generali: a noi è discara la scomparsa di Cagna, Calandra, Zena. Altro discorso sugli squilibri, dovuti anche al fatto che ogni voce (giustamente firmata) riflette lo stile, la capacità "di sintesi, il risentimento dell'estensore: così le quattro pagine dedicate a Berto diventano due scarse per Piovcne. Parliamo di autori delT800 c del 900: più compatto ci sembra il tessuto per i secoli addietro ed e logico, trattandosi di letteratura in tutto codificata. Del resto è persuasione comune clic, in opere siffatte, scontata una ragionevole completezza, occorre badare a quel che c'è: e qui il materiale è buono, spesso ottimo e, già l'abbiamo detto, d'impianto aperto e attraente. La civiltà ricca e complessa del nostro popolo, indagata sotto specie letteraria « nei suoi diversi aspetti e nei suoi travagliosi svolgimenti », suscita ancora una volta, oltre le amarezze dell'oggi, uno stupore intatto. Lorenzo Mondo
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