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ih ih nisti non avrebbero fatto niente per aumentare le rispettive partecipazioni nell'affare. II giovane presidente della Schneider deplora intanto che il capitale della MarineFirminy sia insufficientemente controllato e che presenti una certa vulnerabilità a eventuali desideri esterni. Preferisce prendere l'iniziativa assicurandosi il controllo della sua associata Marine-Firminy e della Creusot-Loire. L'operazione, però, è attualmente contestata a un tempo dalla Marine — è stata emessa una sentenza che condanna il barone Empain, il quale è ricorso in appello — e dai pubblici poteri. «E' una trattativa che porterebbe a inserire l'unico dei nostri stabilimenti industriali capaci di fabbricare testate nucleari nell'impero di un gruppo il cui centro decisionale è negli Stati Uniti », sostiene da parte sua Michel Debré, vecchio primo ministro del generale De Gaullc. «Noi possediamo indirettamente lo 0,3 per cento della Westinghouse mentre loro non possiedono niente del nostro capitale», replica il barone Empain. <r Certo noi fabbrichiamo centrali nucleari su licenza americana. Ma chi può vantarsi di poter fare diversamente? Se esistesse una buona licenza francese noi la prenderemmo volentieri. Nell'attesa tentiamo di "personalizzare " i procedimenti in atto, e siamo in Francia l'unico gruppo industriale che si sia dimostrato capace di consegnare in condizioni normali centrali che funzionano bene. Abbiamo una capacità produtiva di sei centrali all'anno. Del resto com'è possibile credere che uno che ha investito la propria fortuna in affari che lui stesso amministra possa essere " l'uomo di paglia " di chicchessia... Noi lavoriamo con altri, non per altri». Da sei anni, il barone Empain difende la qualità delle contraddizioni che racchiude in sé. Lo si è definito un « finanziere puro ». Giostrando abilmente alcuni pacchetti d'azioni nelle battaglie in Borsa (come quello della Banca d'Indocina desiderato contemporaneamente dalla Suez e dalla Paternelle) ha dimostrato che in effetti sapeva cogliere ottimi risultati in questo campo. E nondimeno è restato nell'industria pesante quando lo si diceva prossimo a fuggirne. La metà dei suoi interessi sono in Francia, un terzo in Belgio e il resto oltre Atlantico. E' una forte proporzione, se si immagina la mole di lavoro che ciò gli procura. « La situazione che ho in mano è il risultato di scelte non mie. Mi sono trovato a capo di un groviglio di affari. Ho cercato di tirarne fuori un insieme industriale coerente, e sono almeno riuscito fino ad ora a frenare l'emorragia dei miei capitali. Avrei potuto vendere... o sperperare. Tutti, in Francia, mi hanno incitato a non continuare. Era già un buon motivo per farmi andare avanti. E poi ho pensato che per l'avvenire una fuga mi avrebbe perseguitato, a livello internazionale, come una nota di discredito... ». Testa dura e molto buon senso per un vecchio scolaro cattivo. Alla sua età, il barone ha ancora davanti a sé il tempo per stupirci. « Sono contento — dice — le critiche di cui sono stato oggetto mi hanno permesso di farmi conoscere. E i miei rapporti con il governo francese sono migliorati. Peggiorare non potevano... ».

Persone citate: De Gaullc, Loire, Schneider

Luoghi citati: Belgio, Francia, Stati Uniti