EUROPA

EUROPA EUROPA tare il pubblico e l'importazione di auto continua a salire. Qual è l'umore del Paese? L'opinione degli israeliani sulla loro situazione è molto cambiata. La fiducia assoluta, la sicurezza di poter risolvere qualunque problema, specie nei confronti d'una minaccia di guerra, sono svanite. E' subentrato un serio senso di preoccupazione, se non di allarme, per il futuro. Il cambiamento non si spiega tanto con la sorpresa dell'attacco arabo il giorno dello Yom Kippur, per quanto esso sia stato certamente una sorpresa grossa e costosa, ma nel rovesciamento di tutti i valori fin qui accettati. « Tutti i nostri assunti sul nostro modo di vivere sono stati buttati all'aria — mi ha detto uno storico — ed ora dobbiamo ripensare la nostra posizione completamente, da capo ». Gl'israeliani erano arrivati a credere nella loro invincibilità in guerra, e, come conseguenza di ciò, si sentivano in una posizione di superiorità in pace. Tale superiorità comportava che essi avrebbero potuto imporre le loro condizioni in ogni negoziato futuro e che avrebbero potuto disegnare una carta della pace con nuovi confini, esattamente come volevano. La guerra del Kippur ha fatto saltare queste presunzioni. Certo, le forze israeliane hanno conseguito una vittoria eccezionale, se si considera l'handicap con il quale sono partite. Ma la guerra ha dimostrato che gli eserciti arabi hanno imparato qualcosa del modo moderno di combattere, in particolare la capacità di usare mezzi sofisticati, come missili terra-aria e razzi anticarro. « Siamo stati fortunati — mi ha detto un comandante di truppe corazzate che ha difeso il territorio israeliano contro l'infiltrazione attraverso le alture di Golan —. / siriani non sono ancora padroni della tattica moderna della guerra tra mezzi corazzati. Altrimenti non so come sarebbe finita ». Ora gl'israeliani si rendono conto che il tempo non lavora per Tel Aviv. I loro avversari imparano in fretta. E mentre in questa guerra la portata di razzi e missili era abbastanza limitata, in un'altra la tecnologia può avere sviluppato armi a più ampio raggio, che farebbero diventare un'espressione accademica i « confini sicuri ». L'utilità, perciò, di fidarsi di ampi tratti di territorio occupato nella guerra dei sei giorni è ora messa in discussione da molti israeliani, gli stessi che davano per ovvio che l'occupazione dovesse prolungarsi negli anni. Ora l'attenzione è rivolta al negoziato, al tentativo di decongestionare i confini con reciproco ritiro delle truppe, forze cuscinetto dell'Onu e zone demilitarizzate. Nessuno pensa che si farà tanto in fretta. Ecco come vede le cose uno psicologo: « // processo di ricupero della pace tra Nazioni ostili come Israele e gli Arabi durerà cento o duecento anni. Guardi, ad esempio, al precedente storico di Francia e Inghilterra, o a quello di Inghilterra e Scozia. Le guerre sono il cemento delle relazioni internazionali ». Se il tono è pessimistico, l'elasticità degli israeliani nei momenti difficili è anche molto forte. Gli israeliani sono il popolo più tassato del mondo, eppure in una recente indagine il ministero delle Finanze ha appurato che il 75 per cento delle persone approvava gli aggravi fiscali più recenti e che soltanto il 25 per cento si aspettava aumenti salariali nel '74. L'economia ha subito un duro colpo a causa della guerra. Secondo le st: e più recenti, gli ultimi tre mesi del '73 jno costati un miliardo di dollari in prouu~ione perduta. 11 deficit dei pagamenti per l'anno si aggirerà sul miliardo e mezzo di dollari (1 miliardo e 75 milioni nel 1972). Ma l'economia è flessibile. Dall'inizio del '74, malgrado l'alto tasso di mobilitazione dei civili, l'economia, secondo quanto ha dichiarato il ministero delle Finanze, era tornata più o meno alla normalità. Ci saranno indubbiamente delle strozzature nella produzione, mentre la spesa militare dovrà salire. C'è stata penuria di uova, perché durante la guerra 'le « batterie » dei pollai erano rimaste senza luce. Fortunatamente ora le galline fanno di nuovo le uova e il breakfast viene servito normalmente alla piscina dell'Hilton. La risposta ai bisogni di Israele da parte della Comunità ebraica internazionale è stata significativamente generosa. E' stato raccolto un aiuto extra di 900 milioni di dollari dopo lo scoppio della guerra; e le riserve della Banca d'Israele sonò alte, 1 miliardo e 800 milioni di dollari. «Il reale costo della guerra — ha dichiarato un alto funzionario economico del governo — è nelle vite umane che abbiamo perso ». Questo è l'aspetto più vero del cambiamento provocato dalla guerra nella società israeliana; ragione di più perché l'inizio dei negoziati di Ginevra costituisca un segno di speranza.

Persone citate: Golan

Luoghi citati: Europa, Francia, Ginevra, Inghilterra, Israele, Scozia, Tel Aviv