Dalle fabbriche rilancio del compromesso storico

Dalle fabbriche rilancio del compromesso storico La conferenza operaia del pei a Genova Dalle fabbriche rilancio del compromesso storico I discorsi di Lama e Berlinguer - Questi ha annunciato una pressione più accentuata sul governo, pur nelle linee dell'opposizione diversa (Dal nostro inviato speciale) Genova, 10 febbraio. Quattromila attivisti e dirigenti delle organizzazioni comuniste di fabbrica e duemila invitati hanno partecipato alla sesta Conferenza Operaia del pei, che si è conclusa oggi al Palazzo dello Sport della Piera del Mare. I lavori — che si erano aperti venerdì pomeriggio con la relazione del responsabile della sezione lavoro del partito, Fernando Di Giulio — sono terminati con i discorsi del segretario generale della Cgil, Luciano Lama, e del segretario nazionale del partito Enrico Berlinguer. Nelle due giornate di dibattito, con una quarantina di interventi, sono state delineate le linee che il partito comunista intende seguire per il prossimo futuro. Schematizzando, si può dire che i comunisti, per vincere le resistenze e le perplessità che il «compromesso storico» ha suscitato nel quadro politico italiano, puntano ad un forte rilancio della formula partendo dalle fabbriche. Inoltre, poiché l'azione sindacale non si è dimostrata sufficiente per arrivare a sbocchi politici, i comunifti tendono ad affermare la preminenza della politica sul sindacalismo, pur senza rimettere in discussione l'autonomia del sindacato. Perciò il pei cercherà di rafforzare ulteriormente le organizzazioni del partito nelle fabbriche, affidando agli attivisti comunisti il compito di far avanzare il colloquio con i lavoratori socialisti e democristiani, sul duplice binario dell'unità sindacale e del «compromesso storico». Inoltre, attraverso più forti strutture sui luoghi di lavoro, il pei potrà prestare maggior attenzione ai consigli di fabbrica e ai consigli di zona, nel momento in cui si tende alla loro generalizzazione come strutture unitarie di base del sindacato. Oltre a questi obiettivi a medio e lungo termine, i comunisti mobiliteranno immediatamente le loro organizzazioni di fabbrica, impegnandole a fondo nella battaglia del referendum, per coinvolgere tutta la classe operaia. Enrico Berlinguer, nel suo discorso molto applaudito, è apparso parecchio preoccupato per la situazione generale del Paese, definita «un momento tra i più tempestosi» della vita nazionale, con la prospettiva di «mesi decisivi per la società democratica e l'avvenire del movimento operaio». Tra i principali elementi negativi, Berlinguer ha citato la crisi economica, le «trame nere», l'incapacità del governo e il referendum. Dopo aver manifestato la preoccupazione ha lanciato un avvertimento: «Promettere l'ordine con avventure reazionarie è una mistificazione, perché una scelta simile darebbe luogo al massimo del disordine nelle scuole, nelle fabbriche, negli uffici, nelle amministrazioni pubbliche». Nei confronti del governo, definito «incapace», Berlinguer ha annunciato una pressione «più accentuata e più vigorosa» senza tuttavia mutamenti sostanziali della linea di «opposizione diversa». «Noi non pensiamo — ha aggiunto il segretario del pei — che una crisi governativa aprirebbe la strada a soluzioni piìi favorevoli». Circa il referendum, dopo aver affermato che «il rifiuto all'accordo ha avvelenato la situazione politica del aese» e che «i comunisti sono disposti ad introdurre modifiche anche importanti nella legge» per cui «non vogliamo escludere del tutto che il senso di responsabilità possa prevalere per risolvere la questione», Berlinguer ha esortato i comunisti a condurre «una battaglia ampia e distesa» rivolta verso i cattolici e gli stessi sacerdoti «per rendere chiare li. proposte che la democrazia cristiana ha rifiutato» e per isolare e battere «l'intolleranza e la sopraffazione». Berlinguer ha poi rilanciato il «compromesso storico» secondò-le linee ripetutamente esposte dal pei. In sostanza, i comunisti affermano che «escludendo dal governo le classi lavoratrici e discriminando il partito comunista» si ha un regime politico «fragile, zoppo, tendente alla degenerazione», perché a comandare sono in pochi, «i grandi monopoli privati e pubblici e la democrazia cristiana». Quindi «occorre il concorso di forze molteplici e diverse». Sui rapporti tra sindacato e partito è stato molto cauto. Ha dedicato appena poche frasi per dire che «tutti i partiti sono d'accordo sull'autonomia» e che «spetta ai sindacati deliberare le azioni nei confronti dei padroni e del governo». Si è però anche dichiarato «perfettamente d'accordo» con la relazione di Di Giulio. Molto applaudito dai quattromila rappresentanti comunisti di fabbrica anche il segretario generale della Cgil, Luciano Lama, il quale ha parlato su tre temi: incontro sindacati-governo; unità sindacale; rapporti sindacatipartiti. Lama ha ripetuto il giudizio «deludente» che Cgil-CislUil hanno già dato rìell'incontro avuto l'altro giorno con il governo e, pur specificando che «non si vuole lo scontro frontale con il governo», ha affermato che lo sviluppo dell'azione «sarà sostenuto dalla Cgil (nell'incontro di dopodomani con Cisl e Uil) senza colpi di testa ma senza cedimenti». Con un lungo applauso i delegati hanno manifestato la loro propensione per lo sciopero generale. Per quanto riguarda l'unità sindacale, Lama ha invitato a «non scandalizzarsi» di fronte alle esitazioni e alle riserve di alcuni settori del movimento operaio, ed ha affermato che «per il superamento graditale, non celere, delle difficoltà e dei contrasti occorrerà del tempo, accompagnato da saggezza e comprensione da parie di tutti». Infine, sui rapporti tra sindacati e partiti, Lama ha affermato che l'autonomia del sindacato nell'elaborazione delle proprie posizioni non significa disinteresse per la vita politica. Sergio Devecchi Dalle fabbriche rilancio del compromesso storico La conferenza operaia del pei a Genova Dalle fabbriche rilancio del compromesso storico I discorsi di Lama e Berlinguer - Questi ha annunciato una pressione più accentuata sul governo, pur nelle linee dell'opposizione diversa (Dal nostro inviato speciale) Genova, 10 febbraio. Quattromila attivisti e dirigenti delle organizzazioni comuniste di fabbrica e duemila invitati hanno partecipato alla sesta Conferenza Operaia del pei, che si è conclusa oggi al Palazzo dello Sport della Piera del Mare. I lavori — che si erano aperti venerdì pomeriggio con la relazione del responsabile della sezione lavoro del partito, Fernando Di Giulio — sono terminati con i discorsi del segretario generale della Cgil, Luciano Lama, e del segretario nazionale del partito Enrico Berlinguer. Nelle due giornate di dibattito, con una quarantina di interventi, sono state delineate le linee che il partito comunista intende seguire per il prossimo futuro. Schematizzando, si può dire che i comunisti, per vincere le resistenze e le perplessità che il «compromesso storico» ha suscitato nel quadro politico italiano, puntano ad un forte rilancio della formula partendo dalle fabbriche. Inoltre, poiché l'azione sindacale non si è dimostrata sufficiente per arrivare a sbocchi politici, i comunifti tendono ad affermare la preminenza della politica sul sindacalismo, pur senza rimettere in discussione l'autonomia del sindacato. Perciò il pei cercherà di rafforzare ulteriormente le organizzazioni del partito nelle fabbriche, affidando agli attivisti comunisti il compito di far avanzare il colloquio con i lavoratori socialisti e democristiani, sul duplice binario dell'unità sindacale e del «compromesso storico». Inoltre, attraverso più forti strutture sui luoghi di lavoro, il pei potrà prestare maggior attenzione ai consigli di fabbrica e ai consigli di zona, nel momento in cui si tende alla loro generalizzazione come strutture unitarie di base del sindacato. Oltre a questi obiettivi a medio e lungo termine, i comunisti mobiliteranno immediatamente le loro organizzazioni di fabbrica, impegnandole a fondo nella battaglia del referendum, per coinvolgere tutta la classe operaia. Enrico Berlinguer, nel suo discorso molto applaudito, è apparso parecchio preoccupato per la situazione generale del Paese, definita «un momento tra i più tempestosi» della vita nazionale, con la prospettiva di «mesi decisivi per la società democratica e l'avvenire del movimento operaio». Tra i principali elementi negativi, Berlinguer ha citato la crisi economica, le «trame nere», l'incapacità del governo e il referendum. Dopo aver manifestato la preoccupazione ha lanciato un avvertimento: «Promettere l'ordine con avventure reazionarie è una mistificazione, perché una scelta simile darebbe luogo al massimo del disordine nelle scuole, nelle fabbriche, negli uffici, nelle amministrazioni pubbliche». Nei confronti del governo, definito «incapace», Berlinguer ha annunciato una pressione «più accentuata e più vigorosa» senza tuttavia mutamenti sostanziali della linea di «opposizione diversa». «Noi non pensiamo — ha aggiunto il segretario del pei — che una crisi governativa aprirebbe la strada a soluzioni piìi favorevoli». Circa il referendum, dopo aver affermato che «il rifiuto all'accordo ha avvelenato la situazione politica del aese» e che «i comunisti sono disposti ad introdurre modifiche anche importanti nella legge» per cui «non vogliamo escludere del tutto che il senso di responsabilità possa prevalere per risolvere la questione», Berlinguer ha esortato i comunisti a condurre «una battaglia ampia e distesa» rivolta verso i cattolici e gli stessi sacerdoti «per rendere chiare li. proposte che la democrazia cristiana ha rifiutato» e per isolare e battere «l'intolleranza e la sopraffazione». Berlinguer ha poi rilanciato il «compromesso storico» secondò-le linee ripetutamente esposte dal pei. In sostanza, i comunisti affermano che «escludendo dal governo le classi lavoratrici e discriminando il partito comunista» si ha un regime politico «fragile, zoppo, tendente alla degenerazione», perché a comandare sono in pochi, «i grandi monopoli privati e pubblici e la democrazia cristiana». Quindi «occorre il concorso di forze molteplici e diverse». Sui rapporti tra sindacato e partito è stato molto cauto. Ha dedicato appena poche frasi per dire che «tutti i partiti sono d'accordo sull'autonomia» e che «spetta ai sindacati deliberare le azioni nei confronti dei padroni e del governo». Si è però anche dichiarato «perfettamente d'accordo» con la relazione di Di Giulio. Molto applaudito dai quattromila rappresentanti comunisti di fabbrica anche il segretario generale della Cgil, Luciano Lama, il quale ha parlato su tre temi: incontro sindacati-governo; unità sindacale; rapporti sindacatipartiti. Lama ha ripetuto il giudizio «deludente» che Cgil-CislUil hanno già dato rìell'incontro avuto l'altro giorno con il governo e, pur specificando che «non si vuole lo scontro frontale con il governo», ha affermato che lo sviluppo dell'azione «sarà sostenuto dalla Cgil (nell'incontro di dopodomani con Cisl e Uil) senza colpi di testa ma senza cedimenti». Con un lungo applauso i delegati hanno manifestato la loro propensione per lo sciopero generale. Per quanto riguarda l'unità sindacale, Lama ha invitato a «non scandalizzarsi» di fronte alle esitazioni e alle riserve di alcuni settori del movimento operaio, ed ha affermato che «per il superamento graditale, non celere, delle difficoltà e dei contrasti occorrerà del tempo, accompagnato da saggezza e comprensione da parie di tutti». Infine, sui rapporti tra sindacati e partiti, Lama ha affermato che l'autonomia del sindacato nell'elaborazione delle proprie posizioni non significa disinteresse per la vita politica. Sergio Devecchi

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