Gli ha sparato per un gesfo di spregio compiuto davanti ai clienti di un bar

Gli ha sparato per un gesfo di spregio compiuto davanti ai clienti di un bar Delitto di Piossasco; indagini sull'ambiente dei due protagonisti Gli ha sparato per un gesfo di spregio compiuto davanti ai clienti di un bar La vittima aveva pizzicato la guancia a Luigi Incarbonì, suo amico d'infanzia - Questi ha reagito: "Vieni fuori, aggiustiamo i conti" - Subito dopo le detonazioni - Bellia conosceva il dirigente dell'Extragas ucciso a Rivalta - Un legame tra i due crimini? « L'ho ucciso perché mi beffeggiava, perché mi trattava come una pezza da piedi. Perché non ne potevo più ». In carcere, nella cella delle « Nuove » dov'è stato portato durante la notte. Luigi Incarbonì ripete con ira la sua difesa: « Mi aveva ridotto all'esasperazione. "Pezzo di cretino — mi ripeteva — sei diventato peggio di un cane randagio". Nessuno ti vuole più ». Così — secondo il suo racconto — sabato sera, dopo un ennesimo insulto. Luigi Incarbonì ha esploso sei colpi di rivoltella contro Salvatore Bellia, 40 anni, suo « amico » d'infanzia. La versione dell'assassino, tuttavia, non convince. Sembra strano ai carabinieri che Luigi Incarbonì sentisse il bisogno di girare armato (« con due rivoltelle » sostiene un fratello della vittima). Stupisce che abbia sparato per un movente che appare estremamente banale. Ora le indagini sono volte a chiarire i rapporti tra i due: se veramente si trattava soltanto di «protezione » (Salvatore Bellia aveva tentato, dicono, di mettere pace tra l'assassino e il suo patrigno) o se il vincolo che | li legava era di natura diver-1 sa (interesse? affari? o che altro?). A poco più di trenta ore dal delitto, i carabinieri hanno messo a fuoco le figure dei due protagonisti. Salvatore Bellia, la vittima, aveva 40 anni. Non era sposato. Abitava a Piossasco, in via San Rocco 24, con il fratello Giuseppe, di 32 anni. (Un altro fratello, Angelo, vive in via Bruino 1). Aveva fatto il decoratore, ma due anni fa aveva smesso di lavorare. « Era invalido — dicono i familiari — aveva l'esaurimento nervoso ». Un « uomo di rispetto », riferiscono in paese, uno i cui nervi — forse per la malattia — saltavano spesso. Sulla sua fedina penale, una ventina di condanne. Nel '49, a quindici anni, il primo arresto, per furto. Una rissa nel '55, seguita da denunce per oltraggio e per minaccia a mano armata. Un arresto per sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione nel '62. A Piossasco lo conoscono tutti. « Siamo una famiglia onorata — dice il fratello Angelo — e rispettata: perché sappiamo farci rispettare ». Salvatore Bellia aveva molti amici. Conosceva — a quanto sostiene il fratello — anche Otello Contaldo, il dirigente dell'Extragas ucciso a Rivalta, « un uomo buono, solo i santi sanno il bene che ha fatto per il paese ». Luigi Incarbonì, l'assassi¬ no: a 32 anni, un uomo finito. Pino a cinque mesi fa vive in via Pinerolo 155 con il patrigno, Carmelo Incarbonì, che è anche suo zio. « Quando Luigi aveva un anno — racconta Carmelo — suo padre, che era mio fratello, è morto. Io ho sposato mia cognata. Ho tenuto con me Luigi, che era figlio loro, come fosse uno dei miei, di quelli che sono nati dopo ». Ma Luigi non cresce come il patrigno vorrebbe: non ha voglia di lavorare. « Entrava '2 usciva dal carcere continuamente — sostiene il patrigno — niente faceva, se non darci fastidi ». E per di più, negli ultimi tempi, beve. « Sempre ubriaco. Quando tornava a casa e aveva dei soldi, quelli erano per ubriacarsi in osteria. Non per aiutare la famiglia a campare ». La situazione si fa insostenibile, tanto che — cinque mesi fa — Carmelo Incarbonì decide di cacciar dalla casa il figliastro. « Ero stufo di lui e di tutte le sue promesse: " Cambierò, cercherò di cambiare ". Gli ho detto: " Adesso te ne vai e non ti fai più vivo ". Ho promesso a me stesso che non avrebbe messo più piede in casa mia». Così Luigi Incarbonì va a vivere in una pensione di Volvera. E' un relitto. Passa il suo tempo tra una pizzeria di Volvera e il bar Gino, di Piossasco, davanti a cui avverrà il delitto. Non ha donne, non ha amici. « Soltanto mio fratello gli stava vicino — dice Angelo Bellia — soltanto Salvatore. Siamo tutti nati a Mazzarino, eravamo amici dall'infanzia. Lìti diceva: "In fondo è un buon ragazzo" e cercava di aiutarlo, come poteva. Mangiava spesso in casa mia. Gli davamo anche dei soldi ». Danaro, Luigi ne ha sempre, misteriosamente. Non molto, ma quanto gli basta per vivere. Qualche giorno fa, Salvatore Bellia va a casa di Carmelo Incarbonì: «Riprenditi in casa Luigi, non vedi come s'è ridotto? » Ma pare che Carmelo Incarbonì non ne voglia sapere: « Niente da fare. Luigi è grande abbastanza per fare da sé». Sarebbe proprio questa la origine del delitto. Sabato sera, poco prima delle 22, Salvatore Bellia entra nel bar Gino. Deve fare una telefonata; va all'apparecchio, parla. A un tavolo, seduto accanto ad un certo Rizzo (che, in soggiorno obbligato in Calabria, si trova a Piossasco perché il padre gli è morto qualche giorno fa) c'è Luigi Incarbonì. Bellia si avvicina: « Allora — gli dice — sono stato a trovare il tuo patrigno. Mi ha detto che non ti vuole più in casa, a nessun costo. E, a pensarci bene, non ha neanche torto: guarda come sei ridotto. Sembri un vecchio cane spelacchiato ». Ne nasce un litigio: « Cos'è — chiede Incarbonì — pensi di essere soltanto tu mafioso? ». Salvatore, per scherno, gli pizzica una guancia. Luigi, provocato, reagisce: « Vieni fuori, così aggiustiamo i \ uconti». E' ubriaco. Lo vedo-1 no alzarsi barcollando e uscire con Bellia. Appena fuori, gli spari. Che cosa è accaduto nei pochi minuti che separano il momento in cui i due sono usciti dal bar al momento dell'assassinio? «Mi ha schiaffeggiato — dice Incarbonì — mi ha ripetuto che nessuno avrebbe mai più avuto fiducia in me. Non ci ho visto più e ho impugnato la rivoltella. Ho continuato a premere il grilletto finché non l'ho Visio cadere nel suo sangue ». stuatldvmmntuP uà Subito dopo il delitto, l'assassino si rifugia in un portone e abbandona l'arma — una rivoltella calibro 7,65 — accanto al cadavere di Bel- Nella notte, il giudice Notarbartolo compie un sopralluogo e ricostruisce l'accaduto. Il cadavere di Bellia viene sottoposto ad esame medico: ha un vasto ematoma all'occhio, tre proiettili nel petto. Indagini sono svolte per accertare se ci sia un nesso tra il delitto di Piossasco e quello di cui Otello Contaldo è rimasto vittima giovedì 17 gennaio. Sì cerca di chiarire anche a chi e perché Salvatore Bellia abbia telefonato prima di essere ucciso. | 1 Luigi Incarbonì, dopo il delitto, piange - La vittima, Salvatore Bellia - I carabinieri coprono il suo corpo in attesa che venga portato all'obitorio Gli ha sparato per un gesfo di spregio compiuto davanti ai clienti di un bar Delitto di Piossasco; indagini sull'ambiente dei due protagonisti Gli ha sparato per un gesfo di spregio compiuto davanti ai clienti di un bar La vittima aveva pizzicato la guancia a Luigi Incarbonì, suo amico d'infanzia - Questi ha reagito: "Vieni fuori, aggiustiamo i conti" - Subito dopo le detonazioni - Bellia conosceva il dirigente dell'Extragas ucciso a Rivalta - Un legame tra i due crimini? « L'ho ucciso perché mi beffeggiava, perché mi trattava come una pezza da piedi. Perché non ne potevo più ». In carcere, nella cella delle « Nuove » dov'è stato portato durante la notte. Luigi Incarbonì ripete con ira la sua difesa: « Mi aveva ridotto all'esasperazione. "Pezzo di cretino — mi ripeteva — sei diventato peggio di un cane randagio". Nessuno ti vuole più ». Così — secondo il suo racconto — sabato sera, dopo un ennesimo insulto. Luigi Incarbonì ha esploso sei colpi di rivoltella contro Salvatore Bellia, 40 anni, suo « amico » d'infanzia. La versione dell'assassino, tuttavia, non convince. Sembra strano ai carabinieri che Luigi Incarbonì sentisse il bisogno di girare armato (« con due rivoltelle » sostiene un fratello della vittima). Stupisce che abbia sparato per un movente che appare estremamente banale. Ora le indagini sono volte a chiarire i rapporti tra i due: se veramente si trattava soltanto di «protezione » (Salvatore Bellia aveva tentato, dicono, di mettere pace tra l'assassino e il suo patrigno) o se il vincolo che | li legava era di natura diver-1 sa (interesse? affari? o che altro?). A poco più di trenta ore dal delitto, i carabinieri hanno messo a fuoco le figure dei due protagonisti. Salvatore Bellia, la vittima, aveva 40 anni. Non era sposato. Abitava a Piossasco, in via San Rocco 24, con il fratello Giuseppe, di 32 anni. (Un altro fratello, Angelo, vive in via Bruino 1). Aveva fatto il decoratore, ma due anni fa aveva smesso di lavorare. « Era invalido — dicono i familiari — aveva l'esaurimento nervoso ». Un « uomo di rispetto », riferiscono in paese, uno i cui nervi — forse per la malattia — saltavano spesso. Sulla sua fedina penale, una ventina di condanne. Nel '49, a quindici anni, il primo arresto, per furto. Una rissa nel '55, seguita da denunce per oltraggio e per minaccia a mano armata. Un arresto per sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione nel '62. A Piossasco lo conoscono tutti. « Siamo una famiglia onorata — dice il fratello Angelo — e rispettata: perché sappiamo farci rispettare ». Salvatore Bellia aveva molti amici. Conosceva — a quanto sostiene il fratello — anche Otello Contaldo, il dirigente dell'Extragas ucciso a Rivalta, « un uomo buono, solo i santi sanno il bene che ha fatto per il paese ». Luigi Incarbonì, l'assassi¬ no: a 32 anni, un uomo finito. Pino a cinque mesi fa vive in via Pinerolo 155 con il patrigno, Carmelo Incarbonì, che è anche suo zio. « Quando Luigi aveva un anno — racconta Carmelo — suo padre, che era mio fratello, è morto. Io ho sposato mia cognata. Ho tenuto con me Luigi, che era figlio loro, come fosse uno dei miei, di quelli che sono nati dopo ». Ma Luigi non cresce come il patrigno vorrebbe: non ha voglia di lavorare. « Entrava '2 usciva dal carcere continuamente — sostiene il patrigno — niente faceva, se non darci fastidi ». E per di più, negli ultimi tempi, beve. « Sempre ubriaco. Quando tornava a casa e aveva dei soldi, quelli erano per ubriacarsi in osteria. Non per aiutare la famiglia a campare ». La situazione si fa insostenibile, tanto che — cinque mesi fa — Carmelo Incarbonì decide di cacciar dalla casa il figliastro. « Ero stufo di lui e di tutte le sue promesse: " Cambierò, cercherò di cambiare ". Gli ho detto: " Adesso te ne vai e non ti fai più vivo ". Ho promesso a me stesso che non avrebbe messo più piede in casa mia». Così Luigi Incarbonì va a vivere in una pensione di Volvera. E' un relitto. Passa il suo tempo tra una pizzeria di Volvera e il bar Gino, di Piossasco, davanti a cui avverrà il delitto. Non ha donne, non ha amici. « Soltanto mio fratello gli stava vicino — dice Angelo Bellia — soltanto Salvatore. Siamo tutti nati a Mazzarino, eravamo amici dall'infanzia. Lìti diceva: "In fondo è un buon ragazzo" e cercava di aiutarlo, come poteva. Mangiava spesso in casa mia. Gli davamo anche dei soldi ». Danaro, Luigi ne ha sempre, misteriosamente. Non molto, ma quanto gli basta per vivere. Qualche giorno fa, Salvatore Bellia va a casa di Carmelo Incarbonì: «Riprenditi in casa Luigi, non vedi come s'è ridotto? » Ma pare che Carmelo Incarbonì non ne voglia sapere: « Niente da fare. Luigi è grande abbastanza per fare da sé». Sarebbe proprio questa la origine del delitto. Sabato sera, poco prima delle 22, Salvatore Bellia entra nel bar Gino. Deve fare una telefonata; va all'apparecchio, parla. A un tavolo, seduto accanto ad un certo Rizzo (che, in soggiorno obbligato in Calabria, si trova a Piossasco perché il padre gli è morto qualche giorno fa) c'è Luigi Incarbonì. Bellia si avvicina: « Allora — gli dice — sono stato a trovare il tuo patrigno. Mi ha detto che non ti vuole più in casa, a nessun costo. E, a pensarci bene, non ha neanche torto: guarda come sei ridotto. Sembri un vecchio cane spelacchiato ». Ne nasce un litigio: « Cos'è — chiede Incarbonì — pensi di essere soltanto tu mafioso? ». Salvatore, per scherno, gli pizzica una guancia. Luigi, provocato, reagisce: « Vieni fuori, così aggiustiamo i \ uconti». E' ubriaco. Lo vedo-1 no alzarsi barcollando e uscire con Bellia. Appena fuori, gli spari. Che cosa è accaduto nei pochi minuti che separano il momento in cui i due sono usciti dal bar al momento dell'assassinio? «Mi ha schiaffeggiato — dice Incarbonì — mi ha ripetuto che nessuno avrebbe mai più avuto fiducia in me. Non ci ho visto più e ho impugnato la rivoltella. Ho continuato a premere il grilletto finché non l'ho Visio cadere nel suo sangue ». stuatldvmmntuP uà Subito dopo il delitto, l'assassino si rifugia in un portone e abbandona l'arma — una rivoltella calibro 7,65 — accanto al cadavere di Bel- Nella notte, il giudice Notarbartolo compie un sopralluogo e ricostruisce l'accaduto. Il cadavere di Bellia viene sottoposto ad esame medico: ha un vasto ematoma all'occhio, tre proiettili nel petto. Indagini sono svolte per accertare se ci sia un nesso tra il delitto di Piossasco e quello di cui Otello Contaldo è rimasto vittima giovedì 17 gennaio. Sì cerca di chiarire anche a chi e perché Salvatore Bellia abbia telefonato prima di essere ucciso. | 1 Luigi Incarbonì, dopo il delitto, piange - La vittima, Salvatore Bellia - I carabinieri coprono il suo corpo in attesa che venga portato all'obitorio