Brandt però è ottimista "La volontà non cambia" di Tito Sansa

Brandt però è ottimista "La volontà non cambia" Il Cancelliere tedesco alla televisione Brandt però è ottimista "La volontà non cambia" (Dal nostro corrispondente) Bonn, 20 gennaio. «Un amaro contraccolpo per l'Europa» è stata definita dalla lega delle banche tedesche l'uscita della Francia dalla fluttuazione comune delle monete europee. Con la decisione di Parigi — secondo le banche tedesche — l'unione economica europea è «per il momento bloccata». La responsabilità di ciò viene attribuita alla crisi energetica, la quale «si è dimostrata una carica esplosiva contro gli sforzi per l'integrazione europea» e ha insegnato agli europei che gli «assoli» non servono a nulla, ma che bisogna procedere di comune accordo. La critica alla Francia — la quale si era accordata con l'Arabia Saudita per garantirsi il greggio per i prossimi trent'anni — è più che evidente. Meno preoccupata è stata la reazione del cancelliere Willy Brandt, il quale — in un'intervista concessa stasera alla televisione — ha notato soltanto che «il ruolino di marcia per la realizzazione dell'unione economico-monetaria dell'Europa è pregiudicato», ma ha constatato nello stesso tempo che «la volontà per giungere all'unificazione europea non verrà indebolita». Secondo Brandt, «sarebbe stato augurabile se si fosse potuto fare qualche progresson ma già gli inglesi, gli italiani e gli irlandesi avevano assunto una posizione speciale rispetto agli altri». In sostanza — secondo il Cancelliere — l'uscita di Parigi dal «serpente» monetario non muta la situazione esistente. Brandt ha negato che la decisione francese possa avere conseguenze sulla collaborazione tra Bonn e Parigi. «Non avrei sospettato ciò neppure se non avessi ricevuto una lettera di garanzie del presidente Pompidou» ha detto il Cancelliere, aggiungendo peraltro che si constatano tre fatti: 1) che gli alti prezzi dell'energia portano gravi conseguenze; 2) che l'unificazione europea non è ancora garantita da contraccolpi; 3) che altri sono afflitti da preoccupazioni maggiori di quelle della Germania federale. Willy Brandt non si è dimostrato pessimista, neppure per quel che riguarda i discussi fondi regionali che — ha detto — «vogliamo fare con saggezza», aggiungendo di «sperare che ci metteremo in movimento». Appare chiaro agli osservatori che ora — dopo il rafforzamento del marco sui mercati valutari — la Germania federale potrà far valere più di prima il proprio punto di vista, che è quello di ridurre la dotazione del fondo e di destinarla soltanto alle regioni depresse del Meridione italiano, della Scozia e dell'Irlanda. Con l'indebolimento di Parigi, il peso politico di Bonn è indubbiamente aumentato sul piano comunitario. Di ciò ci si rende conto leggendo le dichiarazioni di malcelato compiacimento degli esponenti dell'industria e della Bundesbank. Pur constatando che la decisione di Parigi di far fluttuare il franco è «spiacevole» per l'Europa, e che vi saranno «nuove difficoltà», i diversi portavoce non nascondono un certo sollievo. Così l'Unione industriale si compiace per le importazioni più a buon mercato (poco preoccupata delle esportazioni rincarate, in quanto negli altri Paesi il tasso di inflazione è superiore a quello tedesco), e il presidente della Banca Federale Karl Klasen fa notare che «abbiamo supe- rato ben altre tempeste», tirando un sospiro di sollievo perché «non dovremo più sostenere il franco francese, dopo avere fatto acquisti di appoggio fino a cento milioni di marchi al giorno». Tutto sommato, l'uscita di Parigi dalla comunità del «block floating» (che viene valutata come l'inizio della morte del «serpente») è stata accolta in Germania con «maligno piacere per il dolore altrui», osserva l'agenzia di notizie Dpa. Questo piacere è tanto più grande in quanto il danneggiato è la Francia, cioè il Paese che finora ha creato le maggiori difficoltà nella politica comunitaria. Tito Sansa Brandt però è ottimista "La volontà non cambia" Il Cancelliere tedesco alla televisione Brandt però è ottimista "La volontà non cambia" (Dal nostro corrispondente) Bonn, 20 gennaio. «Un amaro contraccolpo per l'Europa» è stata definita dalla lega delle banche tedesche l'uscita della Francia dalla fluttuazione comune delle monete europee. Con la decisione di Parigi — secondo le banche tedesche — l'unione economica europea è «per il momento bloccata». La responsabilità di ciò viene attribuita alla crisi energetica, la quale «si è dimostrata una carica esplosiva contro gli sforzi per l'integrazione europea» e ha insegnato agli europei che gli «assoli» non servono a nulla, ma che bisogna procedere di comune accordo. La critica alla Francia — la quale si era accordata con l'Arabia Saudita per garantirsi il greggio per i prossimi trent'anni — è più che evidente. Meno preoccupata è stata la reazione del cancelliere Willy Brandt, il quale — in un'intervista concessa stasera alla televisione — ha notato soltanto che «il ruolino di marcia per la realizzazione dell'unione economico-monetaria dell'Europa è pregiudicato», ma ha constatato nello stesso tempo che «la volontà per giungere all'unificazione europea non verrà indebolita». Secondo Brandt, «sarebbe stato augurabile se si fosse potuto fare qualche progresson ma già gli inglesi, gli italiani e gli irlandesi avevano assunto una posizione speciale rispetto agli altri». In sostanza — secondo il Cancelliere — l'uscita di Parigi dal «serpente» monetario non muta la situazione esistente. Brandt ha negato che la decisione francese possa avere conseguenze sulla collaborazione tra Bonn e Parigi. «Non avrei sospettato ciò neppure se non avessi ricevuto una lettera di garanzie del presidente Pompidou» ha detto il Cancelliere, aggiungendo peraltro che si constatano tre fatti: 1) che gli alti prezzi dell'energia portano gravi conseguenze; 2) che l'unificazione europea non è ancora garantita da contraccolpi; 3) che altri sono afflitti da preoccupazioni maggiori di quelle della Germania federale. Willy Brandt non si è dimostrato pessimista, neppure per quel che riguarda i discussi fondi regionali che — ha detto — «vogliamo fare con saggezza», aggiungendo di «sperare che ci metteremo in movimento». Appare chiaro agli osservatori che ora — dopo il rafforzamento del marco sui mercati valutari — la Germania federale potrà far valere più di prima il proprio punto di vista, che è quello di ridurre la dotazione del fondo e di destinarla soltanto alle regioni depresse del Meridione italiano, della Scozia e dell'Irlanda. Con l'indebolimento di Parigi, il peso politico di Bonn è indubbiamente aumentato sul piano comunitario. Di ciò ci si rende conto leggendo le dichiarazioni di malcelato compiacimento degli esponenti dell'industria e della Bundesbank. Pur constatando che la decisione di Parigi di far fluttuare il franco è «spiacevole» per l'Europa, e che vi saranno «nuove difficoltà», i diversi portavoce non nascondono un certo sollievo. Così l'Unione industriale si compiace per le importazioni più a buon mercato (poco preoccupata delle esportazioni rincarate, in quanto negli altri Paesi il tasso di inflazione è superiore a quello tedesco), e il presidente della Banca Federale Karl Klasen fa notare che «abbiamo supe- rato ben altre tempeste», tirando un sospiro di sollievo perché «non dovremo più sostenere il franco francese, dopo avere fatto acquisti di appoggio fino a cento milioni di marchi al giorno». Tutto sommato, l'uscita di Parigi dalla comunità del «block floating» (che viene valutata come l'inizio della morte del «serpente») è stata accolta in Germania con «maligno piacere per il dolore altrui», osserva l'agenzia di notizie Dpa. Questo piacere è tanto più grande in quanto il danneggiato è la Francia, cioè il Paese che finora ha creato le maggiori difficoltà nella politica comunitaria. Tito Sansa

Persone citate: Brandt, Karl Klasen, Pompidou, Willy Brandt