Il denaro e i partiti di Alberto Ronchey

Il denaro e i partiti Il denaro e i partiti Tra due forme d'ipocrisia come l'eufemismo indulgente e il moralismo facile, si può smarrire il senso della a«rtdisputa sul finanziamento dei partiti. E' necessario anzitutto disporre in ordine i fatti. I partiti moderni sono nati come strumenti empirici; per questo non si sa bene tuttora come debbano essere finanziati. Ma la questione, in tempi frugali, non aveva gran peso; poi, con i grandi «apparati», il peso della questione è divenuto imponente. Ora il finanziamento privato è sospetto, anche quando non è reato, poiché le donazioni possono venire solo da chi ha denaro, e chi ha denaro ha pure interessi. A sua volta il finanziamento pubblico è impopolare, almeno senza un persuasivo sistema di controlli sui bilanci per escludere che s'aggiungano sovvenzioni d'altre fonti (private, o semipubbliche, o persino straniere). Ma la questione esiste anche in Francia, in Inghilterra, in Germania, negli Stati Uniti. Perché gli scandali italiani sono peggiori? Perché nelle questioni empiriche, non suscettibili di soluzioni ottimali, le contraddizioni esplodono quando si va oltre misura. A chiarire quanto sia superata la misura, si può ricordare che i due maggiori partiti inglesi, il conservatore e il laburista, che raccolgono insieme 26 milioni di voti, spendono insieme l'equivalente di tre miliardi di lire l'anno; i due maggiori partiti italiani, la de e il pei, spendono insieme venti volte di più. Se è vero che negli Stati Uniti le campagne elettorali dei partiti non sono meno costose che in Italia, si deve aggiungere che gran parte della spesa è dovuta là agli «spots» di propaganda sulle reti della tv, che sono private, mentre in Italia la tv è monopolio pubblico e offre almeno i suoi schermi ai partiti come servizio pubblico. * * Che cosa è accaduto? I partiti italiani sono tuttora strumenti empirici e non re golati, ma non sono più duttili e misurati. Sono empiri ci e non regolati al punto, che non debbono fornire garanzie costituzionali, sebbene assolvano funzioni costituzionali: per esempio la formazione delle liste dei candidati alle elezioni è affidata ai partiti, ma senza controlli sul modo in cui si vota in questa scelta pregiudiziale interna, che condiziona il suffragio esterno. E per assurdo sono anche pesanti e non duttili al punto, che l'uno dopo l'altro hanno adottato forme d'organizzazione come i famosi «apparati», secondo il modello importato dal pei per imitare la struttura del partito leninista, che a sua volta s'era ispirato alla socialdemocrazia «di ferro» della Germania guglielmina. Il sistema degli «apparatciki», adotte to anche dal psi e dalla de, avesse almeno abolito le «clientele» tradizionali; invece spesso le due cose convivono. E su tutto regnano in Italia i costumi storici, non soppressi e forse insopprimibili, che hanno consegnato ai partiti le funzioni già svolte dalle fraterie elemosiniere e dai conventi, dai «galantuomini» del collegio uninominale, dal paternalismo fascista-corporativo. La tendenza a fare del partito una struttura arbitrale assistenziale - clientelare, talvolta mafiosa, non è sorta solo all'interno del partito stesso. Premeva e preme quasi da ogni strato o classe sociale, da ogni regione. Pochi vorrebbero una società severa, competitiva, di bilanci in ordine, di opportune distinzioni tra la sfera politica e l'economica, di rischi, di penalità per gli errori (la parola «austerità» è forse un compenso del linguaggio politico per l'assenza di tutto questo). Molti preferiscono il codice vischioso di sanatorie, indulgenze, accomodamenti, benefici, mediazioni, gtpsrn«rpp«esdlptld attività di collocamento, «provvidenze», anche se le risorse gestite e redistribuite dai partiti sarebbero me- glio usate altrimenti. Ora dev'essere per necessità oneroso il costo degli «apparati», ai quali viene trasmesso il compito di regolare tali funzioni, compreso il negoziato quotidiano sulle «lottizzazioni» di potere o rappresentanza all'Enel e alla Rai-tv, all'Eni e alla Montedison, nei Consorzi di bonifica e nelle Casse di risparmio, in alcuni ministeri e presto forse nella stessa diplomazia. Persino le costose «correnti» non sono che un eccesso di zelo, come filiali specializzate in aree diverse dell'elettorato. Molti vogliono questo, ma lo negano. L'analisi di non pochi risultati elettorali, sul terreno di non pochi scandali, dimostra quanto valga il diniego dinanzi al fatto. Niente di meglio che scandalizzarsi dei partiti, pur volendoli faccendieri, benefattori, protettori, datori di lavoro e favore. Conclusione: i partiti devono spendere e proteggere meno, ma tutti devono accettare le conseguenze della regola. Alberto Ronchey

Luoghi citati: Francia, Germania, Inghilterra, Italia, Stati Uniti