Piste nere in Svizzera di Piero Cerati

Piste nere in Svizzera Neofascisti dinamitardi nel Canton Ticino Piste nere in Svizzera In una interpellanza al governo svizzero si chiede se è vero che "nella zona di Mendrisio e Lugano ci sarebbero centri di addestramento di neofascisti italiani" Le autorità elvetiche sono preoccupate - Probabilmente verrà aperta un'inchiesta (Dal nostro inviato speciale) Lugano, 23 febbraio. La «pista nera» porta anche in Ticino: vi passarono mercoledì 20 settembre 1972 Gianni Nardi, 26 anni, e Bruno Luciano Stefano, 30 anni, con una Mercedes nera, 12 candelotti di gelatina Altdorf, 10 metri di miccia, due pistole, decine di proiettili; vi sono passati due studenti romani con un mitra e caricatori nascosti nella toeletta del treno; vi è passato Angelo Angeli, 21 anni, «bombardiere fascista» milanese, che possedeva un poligono di tiro personale a Scudellato in valle Muggio: allontanato dalla Svizzera, Angeli vi è tornato con un «commando» e tre persone sequestrate a Milano. Ora è in carcere, ma le autorità ticinesi sono preoccupate dell'andirivieni di fascisti, e tre deputati hanno presentato un'interpellanza al governo per sapere «se corrispondono al vero le voci che nella zona di Mendrisio e di Lugano sarebbe accertata l'esistenza di centri per l'addestramento di fascisti italiani». Forse sarà aperta un'inchiesta. La «trama nera» ha prò vocato allarme in Svizzera proprio dopo l'arresto di Angelo Angeli, del suo «commando» e di Matteo Otto Legler junior, un nome noto nel Bergamasco per l'attività industriale che vi svolge la famiglia. La vicenda Angeli-Le gler ha risvolti drammatici, i personaggi coinvolti hanno rilasciato gravi dichiarazioni, di cui la magistratura italiana dovrà tenere conto. Nel parlarne ci atteniamo a quanto i protagonisti e un avvocato di difesa hanno detto a Radio Monteceneri durante un'inchiesta svolta in collaborazione con il quotidiano ticinese 11 giornale del popolo. Oltre a Legler junior (34 anni, sposato, titolare d'una agenzia di assicurazione in Svizzera: la «Lom») e ad Angelo Angeli, la storia ha questi personaggi: Renato Padovani, di 40 anni; Giovanni Orsi e Antonio Attolini, di 21 tutti di estrema destra; Giorgio Cupertino, 28 anni, contitolare della Finan-Consult (agenzia finanziaria di Milano); la moglie Anna Maria; l'impiegato del finanziere Ebrico Gorla; Raffaele Cosi mo, altro neofascista, come Armando Masella, fuggito da Lugano in Italia dopo una telefonata di minacce all'avvocato difensore dei Cupertino, Carlo Magni. Racconta Cupertino: «Quattro anni or sono conobbi Matteo Otto Legler junior, giovane di bella presenza, ottimo per le pubbliche relazioni e per le conoscenze, cittadino svizzero, introdotto negli ambienti finanziari e nel settore assicurativo, laureato in scienze statistiche. Io avevo la necessità di accontentare i miei clienti in un periodo valutariamente difficile, il Legler si offrì per collaborare dandomi suoi assegni. Il nome della famiglia cui appartiene creò tra noi un rapporto di fiducia». Cupertino prendeva i soldi dei clienti per farli fruttare.: da quanto dice sembra che li consegnasse a Legler il quale, in cambio, versava suoi assegni. (Se tutto ciò nasconde un traffico di valuta è la magistratura che deve dirlo). Nei primi anni tutto procede regolarmente. «Un giorno, Legler espone a Cupertino le sue difficoltà: ha un passivo terrificante — dice l'avvocato Carlo Magni — però è creditore presso una banca di Zurigo, ma il finanziere capisce che qualcosa non è regolare; telefona al padre del giovane a Ponte San Pietro, presso Bergamo, per esporre la situazione. Si stabilisce un appuntamento, ma poco prima dell'ora fissata il Cupertino, la moglie e l'impiegato vengono sequestrati, caricati su due auto e portati in Svizzera». Racconta la signora Anna Maria: «Entrarono quattro giovani nell'ufficio e mi separarono subito da mio marito. Mi minacciarono, minacciarono di uccidere i miei familiari. Poi mi fecero salire su un'auto e mi portarono a Chiasso». Le vetture con i tre sequestrati passano da valichi diversi. «Che si tratti di un sequestro — spiega Magni — è anche provato dal particolare che la signora Cupertino ha varcato la frontiera senza documenti». A Chiasso, rapiti e rapitori si ritrovano negli uffici d'una banca. Ti «commando» è composto da Padovani, Angeli, Orsi e Attolini Perché i Cupertino non chie dono aiuto? Perché «eravamo esposti ad un pericolo al quale non ci si può sottrarre: il sequestro. Avevamo paura per noi, per chi era rimasto a casa, una paura impalpabile, terribile. Accettavamo quanto stava accadendo con rassegnazione». Al cassiere della banca il «commando» presenta una dichiarazione del Cupertino per ottenere un miliardo e 200 milioni. (Per conto di chi volevano i soldi? Per ora non si sa). L'impiegato si insospettisce, vede un gesto del finanziere e chiede tempo: «E' una somma enorme, ci vuole tempo per raccoglierla, passate tpzdscvpdnmclcnFrigpatpabgzfcn(vM«tltgtslvg tra un'ora». I sette vanno a pranzare, qui li blocca la polizia, avvertita dalla banca. Padovani, Angeli, Orsi, Attolini sono arrestati e saranno processati per sequestro o per violenza privata. I coniugi Cupertino e Gorla sono rilasciati dopo nove giorni: non rientrano in Italia, forse perché temono i fascisti (e la polizia, che vorrebbe interrogarli sull'aspetto finanziario della vicenda). Infatti le autorità hanno aperto la cassaforte della Finan-Consult e sequestrato i registri con i nomi di parecchi industriali che avevano consegnato patrimoni al finanziere per farli fruttare). «Attórno ai Cupertino c'è un clima di terrore — dice Magni — non possono farsi vedere, escono appena per comperare il cibo». Sembra che i fascisti vogliano ancora colpire il finanziere milanese: si fa vivo infatti Raffaele Cosimo, che chiede al Cupertino 45 milioni per togliersi dall'affare (quale affare, quali rapporti vi sono fra i due? L'avvocato Magni risponde per telefono: «Non mi pronuncio»). L'incontro avviene nello studio del legale, il colloquio è registrato (dice Magni). Cosimo avrebbe fatto il nome di Legler come finanziatore di trenta fascisti. Quando l'estremista di destra esce la polizia lo ferma, poi l'arresta. In questo modo entra nella vicenda il nome di Matteo Legler junior e Magni fa alla radio una dichiarazione sconcertante: «Quando sono andato a Milano per entrare nell'ufficio di Cupertino ho visto che era presidiato dalle squadre di azione Mussolini: erano sei giovani. Sono dovuto fuggire. Mi chiedete che rapporto c'è tra Sam e questa vicenda? Cupertino non può parlare perché ha paura per i familiari. Ma al processo porteremo le prove che una parte, dico una parte, del clan dei Legler sovvenziona gli estremisti di destra». Da Bergamo, Enrico Legler, portavoce della famiglia, precisa che il giovane Matteo Otto da tempo vive lontano dalla famiglia e ha un'attività propria. «Noi non abbiamo mai fatto politica — ha precisato — abbiamo soltanto pensato a lavorare». L'aw. Vittorio Meroni Carlovinci ha presentato denuncia contro il legale Carlo Magni e il « Giornale del Popolo » per diffamazione dei Legler. Ultimo personaggio della storia è Armando Masella, amico di Cosimo, anch'egli neofascista, che da un albergo di Lugano telefona allo studio dell'avvocato Magni «alle 9, alle 10, alle 11 — racconta il legale — per dire: non siamo dei bambini, o parliamo con Cupertino o regoliamo ì conti. Preparate una bara per ciascuno: Cupertino, Gorla, i legali, i collaboratori, i familiari. Questa minaccia è tipica delle Sam». Masella scompare prima che la polizia lo blocchi. Ora in carcere vi sono i cinque «ultras» di estrema destra, mentre Matteo Otto Legler junior, arrestato a Basilea in una clinica dove stava disintossicandosi, trasportato a Lugano, poi nel manicomio di Mendrisio dov'è piantonato, sarà processato per una truffa di miliardi: creditori sono decine di società. Il giovane è stato raggiunto dal padre, che vorrà chiarire quali sono i rapporti fra suo figlio, Cupertino e gli estremisti del fascismo italiano. Piero Cerati