I fiamminghi alla Sabauda

I fiamminghi alla Sabauda Passeggiata al museo I fiamminghi alla Sabauda Tra le passeggiate domenicali suggerite al torinesi appiedati In vena di « scoperte > nella loro città (se ne consigliarono sei In precedenti articoli) non Includemmo le visite ai principali musei di Torino, l'Egizio, la Galleria Sabauda, il Museo d'Antichità, il Museo del Risorgimento, Il Museo Civico diviso In due sezioni: d'arte antica nel Palazzo Madama, d'arte moderna nell'edificio di via Magenta. CI sarebbe sembrato quasi un'offesa a troppi concittadini ricordargli che la raccolta egittologia nel palazzo dell'Accademia delle Scienze è la più importante d'Europa, e che un meraviglioso Antonello da Messina splende come una gemma nel Palazzo Madama. Ma l'uscita di un magnifico libro che abbiamo sul tavolino, il Rogler van der Weyden di Martin Davles, ora pubblicato In traduzione Italiana dal testo Inglese dalla ■ Electa Editrice > di Milano, ci ha acceso Improvvisamente un rimorso. Perché? Lo spieghiamo subito. Tolta la Lamentazione sul Cristo davanti al sepolcro che è agli Uffizi di Firenze, l'unico van der Weyden sicuro esistente in musei Italiani è a Torino, nella Galleria Sabauda; e perciò vorremmo vedere, una delle prossime domeniche senz'auto, un bel gruppo di visitatori davanti a quest'opera rarissima, prodotto mirabile di uno dei due più grandi pittori del Quattrocento fiammingo. L'altro è Jan van Eyck; e poiché il Davles necessariamente anche a quest'ultimo si riferisce nella sua ampia, limpida, acuta analisi dell'arte di Rogler, ecco la Galleria Sabauda ostentare il privilegio di fare il medesimo accostamento. Il suo celeberrimo San Francesco che riceve le stigmate è Infatti il solo quadro di Jan van Eyck che si possa contemplare in un museo del nostro Paese (La Crocifissione della Ca' d'oro è una copia). Un supplemento alle «scoperte» torinesi, col viatico dell'eccellente libro che ce ne dà spunto, ci pare dunque Indispensabile. In verità non uno, ma due quadri di Rogler van der Weyden (che gli antichi scrittori italiani e francesi chiamavano • Roggero della Pastura» traducendo la parola weyden che In fiammingo significa « prato ») sono alla Galleria Sabauda; e dovrebbero essere tre, componenti II trittico deW'Annunclazlone. Se non che nel 1799 i commissari francesi del Direttorio fecero bottino anche di questo capolavoro, che fu portato a Parigi. Non Intero, però: rubarono la parte centrale, di maggiori dimensioni (cm 86x92), ov'è rappresentato Il divino annunzio, lasciando nel saccheggiato Palazzo Reale di Torino i due sportelli che, quando II trittico si apriva, erano I pannelli laterali (ciascuno cm 87x36,5), I quali raffigurano a destra La Visitazione ed a sinistra Un donatore. Dopo il 1815, con la Restaurazione, la tavola óett'Annunciazione sarebbe dovuta tornare a Torino; rimase Invece a Parigi malgrado gli sforzi e le proteste del giovane avvocato Ludovico Costa che patrocinava la restituzione delle opere d'arte predate in Piemonte, ed è tuttora al Louvre. Con la costituzione carlalbertlna nel Palazzo Madama, auspice Roberto d'Azeglio, della • Reale Galleria di Torino » (poi « Pinacoteca >, poi « Galleria Sabauda »), i due sportelli divennero di pubblico godimento. Pur con qualche contrasto ricordato dal Davles, l'unità compositiva e stilistica del trittico è riconosciuta dalla critica, dopo che il Wlnkler nel 1924 la segnalò; e del resto già nel 1635 il pittore Della Cornla, incaricato di compilare il catalogo del quadri delle collezioni sabaude, vi includeva un « quadro bellissimo, di maniera todesca ■, cioè « l'Annuntlata, con le ante da serrarla, In una de' quali sta un cardinale Ingenocchlato, e nell'altra la vlsitatlone di S. Ellsabet : SI scopri In seguito che l'opera era stata eseguita da Rogler — secondo II Frledlander tra II 1435 ed II '38 — per la famiglia De Villa, originaria di Chieti, che aveva Interessi di banca nelle Fiandre, e Noemi Gabrielli ne ritrovò lo stemma gentilizio sul pannello del donatore. Ma questo personaggio drappeggiato In ampia tunica rosea nasconde (lo sappia II visitatore curioso) una assai sfrontata falsificazione. Non di un « donatore » bensì quasi certamente di una « donatrice » — forse una sorella di Oberto De Villa — era la figura orante Inginocchiata. In epoca incerta II busto e la testa di essa furono segati dalla tavola e sostituiti, con scarsa finezza pittorica, dall'immagine maschile. Si trattava d'un ritratto di donna che si volle conservare separato dal contesto del trittico? E' probabile; e qualche studioso ravvisa (ma II Davles avanza dubbi fondati) l'originale In una tavoletta della collezione Rothschild di Parigi. Comunque il dipinto ha perduto gran parte della sua suggestione, affidata adesso soltanto al finissimo paesaggio nello sfondo, ed è nel pannello della Visitazione che si rivela Intera l'arte suprema di Rogler van der Weyden. il sacro motivo fu replicato da Rogler, forse prendendo a modello una composizione del suo maestro a Tournal Robert Campln (Il ■ Maestro di Flémalle • o « Maestro di Mérode >?); e può essere che altrettanto abbia fatto — suppone Il Davles — il suo condiscepolo Jacques Daret: il primo nella tavola del Museo di Lipsia che, con poche varianti nel paesaggio e nell'architettura del castello a destra, è quasi una replica della tavola di Torino; Il secondo nella Visitazione dello Staatliche Museurn di Berlino-Dahlem. Ma questi sono problemi filologici sul quali non possiamo qui diffonderci. Basti indicare all'osservatore la Infinita dolcezza — espressa da un disegno quasi smaterializzato nella sua levità eppure di una miracolosa precisione, e dal colore purissimo tutto soffuso di luce — che spira dal soave Incontro delle due donne proesime a divenir madri; la tenerezza, unita all'arcana sensazione di un prodigio, con cui le mani d'entrambe si posano sui ventri a percepire una vita che già palpita. E' questo uno del momenti più alti, più misteriosi del racconto evangelico, e l'artista con la sua Intuizione poetica, con un magistero insuperabile, l'ha stupendamente umanizzato, infondendo nel volto dell'anziana Elisabetta un senso quasi doloroso e pudico, di oscura attesa, e nel volto della vergine Maria la mite acquiescenza alla divina volontà. Un capolavoro di psicologia, oltre che di pittura. A un passo dalla Visitazione di van der Weyden sta II San Francesco di van Eyck: occasione unica offerta dalla Galleria Sabauda. I due sommi maestri si misurano non come avversari ma come compagni nel cammino verso la grande conquista fiamminga della rappresentazione realistica: uno addirittura Implacabile nella sua lenti col a re visione del mondo, l'altro più propenso a una trepidazione romantica. I torinesi Intelligenti non si privino di questo confronto.

Persone citate: Antonello Da Messina, De Villa, Jacques Daret, Ludovico Costa, Martin Davles, Noemi Gabrielli, Oberto De Villa, Robert Campln, Roggero, Rothschild