Respinge tutte le accuse la banda dei diciassette

Respinge tutte le accuse la banda dei diciassette Respinge tutte le accuse la banda dei diciassette Sono imputati di una serie di rapine a banche e uffici postali Alcuni, che avevano già confessato, ora tacciono o ritrattano Seconda udienza alla Corte d'assise per il processo ai diciassette imputati responsabili di una serie di rapine a uffici postali e banche, compiute tra l'inverno del 1970 e la primavera del 1971. Per contestare al principale imputato, Francesco Bartoli, detto il « Moro », 25 anni, barese, i quaranta capi di imputazione, ci sono volute oltre due ore. Il presidente Luzzatti ha Iniziato dall'associazione per delinquere. « Associazione? — ha detto Bartoli —. Ma se gli altri li conoscevo soltanto di vista ». La sua deposizione è continuata su questo binario, negando punto per punto le accuse, precise e dettagliate, che contro di lui avevano avanzato prima Maria Grazia Anzalone, amante di Fortunato Mar eneo, 23 anni, l'unico latitante del gruppo, e successivamente Irene Bertoni insieme con altri due Imputati, Vito Lo Forte e Cosimo De Palo. I punti chiave dell'accusa sono proprio in queste accuse, anche se ad esse si sono aggiunti 1 riconoscimenti fatti da alcuni impiegati. Francesco Bartoli non ha rinunciato alla maschera del duro nemmeno quando 11 presidente gli ha chiesto: « Che cosa avete fatto della vostra vita? », Invitandolo in un certo senso a spiegare la sua posizione nei confronti della società. « Sono nato a Bari, da una famiglia di operai, ho fatto la terza media e sono venuto a lavorare a Torino nel 1965, prima in un biscottificio a Rivoli, poi come manovale, dove capitava. Sono stato condannato. Ero colpevole di un furto e l'ho ammesso. Mi hanno dato cinque anni e otto mesi ». L'entità della pena si spiega tenendo conto che si trattava di una rapina impropria. Il suo racconto si è fermato 11. Si è scaldato soltanto per qualificare il carcere di Palermo, l'Ucciardone, un Lager nazista, come dopo di lui ha fatto Carlo Bellavista. Per il resta ha respinto tutto. Le sue frasi più ricorrenti sono state: « E' uno sbaglio di persona, sono nato scalognato, non so spiegarmi i motivi per cui mi accusano ». A tentare una giustificazione hanno provato anche Carlo Bellavista: «Al momento dei fatti ero a Palermo »; Michele Lombardo: «Mi accusano per discolparsi, avevo la radio sintonizzata sulla frequenza della polizia soltanto perché taccio il contrabbandiere e non per altro». Meglio ha fatto Vito Lo Forte. La sua è stata una dichiarazione precisa: « Ho ammesso delle responsabilità davanti al giudice istruttore perché tutti gli altri erano a piede libero e così ho voluto provare se con la confessione riuscivo a venir fuori. Mi è andata male ». Più drammatico 11 silenzio di Cosimo De Palo, le cui accuse coinvolgono come quelle di Io Forte tutta la banda: « Non in¬ liiiiiiiiiiiiin i ■ i ■ il ■ i li ■ tu i il iiiiiiiiiiiiii tendo rispondere ». Ha rifiutato, cosi anche 11 confronto che in piena udienza gli aveva chiesto lo stesso Bartoli. Molto più abbottonati: « Nego ogni addebito, sono innocente», tutti gli altri, Angelo Pellanta. Giovanni Porello e Marcello Ghiringhelli. Oscar Soci ha infine spiegato la sua fama di guidatore provetto « perché mi piaceva correre e così facevo il pazzo ma sotto le accuse che mi rivolge De Palo c'è una storia di soldi che gli sono spariti da casa e nient'aXtro ». Questa matitna alle 10 si inizlerà la lunga sfilata dei testimoni. iiiiiiiiniiiiiiiiiiiii iiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiii Francesco Bartoli e Carlo Bellavista in assise - Vito Lo Forte risponde al presidente

Luoghi citati: Bari, Palermo, Rivoli, Torino, Vito Lo Forte