Nostra mafia di Enzo Biagi

Nostra mafia I MISTERI D'ITALIA Nostra mafia Che ne pensa il senatore Li Causi Roma, febbraio. Ha settantotto anni. Quindici tra galera e confino. La vista si è indebolita, ma la mente è pronta. Esce ormai poco: passa le giornate nello studio, fuma, si fa portare ogni tanto un buon caffè. I due figli sono a Londra: dopo la laurea, stanno seguendo corsi speciali; si è sposato che era già anziano. Lo hanno chiamato in tanti modi: credo che il più giusto sia « l'implacabile accusatore ». Mentre era in carcere « il politico » Girolamo Li Causi gridò al crudele direttore del penitenziario di Perugia: « Lei è un imbecille o un assassino: scelga ». Anche chi non è della sua idea gli riconosce il coraggio, l'integrità, la forza morale. Ha detto di recente davanti a un tribunale: « Io povero ero e povero resto ». Una volta il suo ragazzo, al quale passava poche lire, spiegandogli quali erano i suoi proventi, tanto per mangiare, per le medicine, per l'affitto, per i libri, sconfortato si lasciò andare: « Papà, a scuola, dicono che sei un fesso ». « E' vero: e questa reputazione è la sola cosa che ti lascerò ». Gli chiedo: « Cos'è la mafia? ». « E' una organizzazione che fa parte integrante del potere politico centrale. Non è siciliana nel senso razzista: la sua origine è sempre di classe, e di classe sono gli interessi che difende. Si spiega con le condizioni feudali. Fin dal tempo dei Romani l'isola era il granaio dell'impero, e il pane doveva essere assicurato. Da qui le collusioni con quelli della capitale, e la vecchia aspirazione della gente dei paesi, che ha di fronte il padrone assenteista, e il gabellotto parassitario, che vorrebbe far crollare quella gerarchia, e ottenere un pezzo di campo. Ricorda come Giulio Cesare Abba racconta l'incontro di Garibaldi con Fra Pantaleo? " Che cosa siete venuti a fare? ". " Per la libertà ". " Ma la terra gliela date ai contadini? ". « La storia della Sicilia nei secoli, e ancora oggi, è condizionata dalla sua posizione strategica, nel cuore del Mediterraneo. E' sempre sottoposta alla politica estera e militare della potenza dominante: nell'Ottocento gioca l'Inghilterra, che la preserva da Napoleone e appoggia il trono di Ferdinando, e protegge con la flotta lo sbarco dei Mille. Perche Nino Bixio reprime nel sangue la rivolta dei braccianti di Bronte e si merita il nome di " Belva ", e perché i picciotti accorrono a battersi? Perché sono giovani che escono dalle famiglie proletarie o dai ceti medi, e vogliono che il latifondo sia spartito. Garibaldi pone il problema dell'esproprio dei beni ecclesiastici, ma è costretto a rimangiarsi le promesse, sotto la spinta dei conservatori. Qualcuno si arricchisce, e agli esclusi non resta che esprimere la loro delusione. E i grandi proprietari sono protetti anche dai prefetti e dai questori. Un procuratore del re, Cajani, si ribella, e denuncia l'alleanza tra potere politico e potere mafioso. La mafia democratica si rivolta ma le prende. Per questo non è mai stata estirpata. E quando, coi fasci siciliani, i terrazzieri, gli operai a giornata, trovano i capi capaci di organizzarli, arriva la repressione di Crispi. In Sicilia suona sempre il campanello di allarme: è un popolo ricchissimo di tradizioni e vive nelle condizioni più arretrate, un miscuglio di cose meravigliose e ignobili. « Sono vicende che ho vissuto fin da quando ero piccolo, a Termini Imerese, dove sboccavano i feudi della parte occidentale e c'era il mercato del grano duro, e c'era da vincere la concorrenza di Caccamo, che aveva un grosso prestigio in fatto di mulini e di pastifici. Scoppiavano lotte terribili, e fin da allora, quando qualcuno annunciava che nella contrada c'era u'tunno, il morto, correvo a vedere, ascoltavo, sapevo tutto. Poi, in casa, dicevo: "Papà, hanno ammazzato il tale: sai perché? ". E ricevevo uno schiaffo. « Così si capisce la ragione per cui, tornando laggiù nel 1944 (mancavo da oltre ven t'anni), andai subito a Villalba, quattromila abitanti, quasi tutti poveri, che si erano messi in cooperativa per avere un po' dell'immensa proprietà della principessa di Trabia ma furono respinti, e la scelta andò a favore di Don Calogero Vizzini, e io volevo stanarlo, tirar fuori il capo, rompere l'intrigo. Il mio comizio finì a schioppettate. Mentre sparavano e tiravano bombe io ferito pensavo: " L'ho scansata coi tedeschi, coi fascisti, nella pri¬ ma guerra mondiale, e ora finisco qui, tra i miei, ma un uomo muore in piedi. Nella mia persona la mafia uccide il partito, non ce l'hanno con me, e io devo essere degno ". « Con quel gesto la mafia si smascherò, l'episodio si diffuse in tutto il mondo, entrò nelle coscienze, cominciò ad essere valutata per quello che è. Da mio padre, che era un cattolico agostiniano, rigido e un po' manicheo, ho preso certi aspetti del carattere. Quando dalla prigione rispondevo alle sue lettere angosciate, scrivevo: " Quello che io sono lo debbo a vossia. Non si possono servire due padroni; piuttosto che la menzogna la morte. Non andare mai in cerca di soldi, lo sterco del diavolo, lavora e guadagna quello che ti serve per vivere. Se ho mancato devo scontare, se non ho sbagliato non devo chiedere perdono a nessuno ". Lui diceva: " Girolamo è un santo o un demonio " e se ne andò con questo atroce dubbio. Non lo trovai più ». « Che ne pensa delle faccende dì questi giorni, Coppola, Mangano, Spagnuolo? ». « Il 14 ottobre 1952, al Senato, feci un discorso rivolgendomi a Sceiba: parlai di Francesco Paolo Coppola, detto Frank, ex gangster americano, come lo definiscono i verbali, molto legato agli ambienti politici di Roma e della piazza. Aveva comperato una tenuta di 50 ettari, valore di 50 milioni; ad Anzio una villa con vaccheria per altri venti; era riverito dal maresciallo dei carabinieri e andava in macchina con il colonnello della Finanza. Per il matrimonio della figlia ricevette le felicitazioni di oltre quattrocento personaggi della politica, dell'economia, dell'alta burocrazia, tra cui ufficiali e funzionari di pubblica sicurezza. Era in intimità con Lucky Luciano. Mostrai anche la copia fotostatica di una lettera di Santi Savarino, direttore del Giornale d'Italia. Diceva: " Caro Don Ciccio, ricambio con caro affetto la sua cara amicizia. Sono di Partinico e ci comprendiamo benissimo. Disponga di me. Grazie del bel regalo ", Un'altra era firmata da un onorevole liberale defunto. Chiedeva soccorso per uno dei suoi: " Se lo aiutate lo faremo diventare deputato ". « Santi Savarino, nel 1953, fu eletto, proprio a Partinico, senatore per la de: risultava anche in grande dimestichezza con Vicari, allora prefetto di Palermo. Nel 1958 Frank Coppola si interessa della rielezione di Girolamo Messeri, che ha poi dovuto dimettersi per qualche scandalo. Coppola viene pescato con le mani nel sacco: bauli di eroina, comperata a 700 mila lire al chilo, rivenduta a dodici milioni. E' legato alla Cia: godeva di forti protezioni negli Stati Uniti, fu espulso, ma venne lasciato tranquillo ad operare. Frank Coppola forni a Liggio latitante i documenti di un suo parente, un tale Centineo, e venne ricoverato in una delle due cliniche del professor Albanese. « C'è poi una dura rivalità tra polizia e carabinieri, tra Mangano e Milillo: e s'inganna Milillo che viene mandato a fare una perquisizione in una clinica ortopedica, mentre Liggio si è trasferito a Corleone e, guarda caso, dalle sorelle Benigno, il cui fratello, ne] 1948, fu colui che accompagnò fuori dalla cooperativa " La madre terra " Placido Rizzo tto, il segretario della Camera del lavoro, sparito misteriosamente e gettato nella Rocca Busambra. Ma chi è Mangano?, chi lo ha mandato in Sicilia? Vicari. E con quale funzione? Mai potuto sapere esattamente. Si smaschera col delitto di cui fu vittima Carmelo Battaglia, abbattuto in un prato; tutta la sua costruzione, che non regge, è distrutta dai carabinieri e dai giudici. Due agenti, colpevoli di falsa testimonianza, finiscono sotto processo, Mangano ne esce indenne ». « Che ne dice del caso Scaglione? ». « Il procuratore generale Scaglione ha una responsabilità enorme nella fuga di Liggio; l'Antimafia, un anno e mezzo prima che lo fulminassero, lo denunciò al Consiglio superiore della magistratura, avvertendo: " Cacciatelo via ". E le protezioni che Coppola ha avuto dal giudice Romolo Pietroni, già addetto all'Antimafia, e che ancora adesso è nel gabinetto di Spagnuolo, sono abbastanza note: coi favori, Coppola non andò al confino, Jalongo venne prosciolto, Natale Rumi non fu processato, e non si stabilirono così i suoi legami. « Vicari, per me, è un Fouché in formato ridotto: dalla segreteria del duce a quella di Badoglio; durante la guerra di Liberazione, prende contatto con comunisti e socialisti e trova ricovero in istituti religiosi; capo gabinetto di Romita al momento del referendum, prefetto a Palermo all'epoca di Giuliano. Nel 1960, parlando alla Camera, chiedevo: " Ma che vuole diventare, capo della polizia? ». Il vecchio senatore Girolamo Li Causi continua la sua battaglia; scriveva alla madre dalla cella: « I compromessi non sono nel mio temperamento. Compiamo più rigidamente quello che crediamo il nostro dovere, e non aspettiamoci compensi ». Hanno tentato un paio di volte di farlo fuori. Enzo Biagi