I cristiani con Marx di Lamberto Furno

I cristiani con Marx L'inchiesta sui teologi scomodi I cristiani con Marx "Il Vangelo è radicale, Cristo ha avuto posizioni radicali, l'Apocalisse vede la storia come un conflitto" - Anche il cristiano deve accettare il concetto di lotta di classe (Dal nostro inviato speciale) Firenze, 14 febbraio. « Ma allora, un cristiano può accettare l'analisi marxista della società e la lotta di classe in nome dell'Amore evangelico? ». Si ragiona tranquilli delle nuove teologie « politiche » con il prof. Enrico Chiavacci, famoso teologo progressista, ma ancorato alla Chiesa, nella pace della canonica di S. Silvestro, una chiesina sperduta tra gli ulivi sui colli fiorentini: « Sono parroco per non perdere il contatto con la comunità », dice. Insegna, infatti, teologia morale nel seminario di Firenze. « La lotta di classe, dice, è un fatto. E' come la luna, non si può negare. Vi sono classi che, per loro natura, Imnno interessi contrastanti. Allora il discorso sull'amore cristiano si ripete in altro senso: cerchiamo di eliminare all'origine ciò che crea questi contrasti, invece di predicare di volersi bene schierandosi inevitabilmente col più forte ». E' la stessa risposta che ci ha dato a Padova il presidente dei teologi italiani, mons. Luigi Sartori, succeduto nella carica al vescovo Cario Colombo, consigliere di Paolo VI. Il panorama di Firenze, un po' fumoso, è splendido. Sullo sfondo s'indovina l'Isolotto dove sei anni fa don Enzo Mazzi e il suo battagliero gruppo applicarono in Italia queste teologie sicuramente scomode. Ad esse si rifanno i « cristiani per il socialismo », migliaia di gruppi del dissenso cattolico in Italia e nel mondo, l'ex abate di S. Paolo, dom Giovanni Franzoni. Anche il card. Ugo Poletti, vicario del Papa a Roma, ha ammesso che «sempre più le questioni politiche diventano anche questioni teologiche e le questioni teologiche anche questioni politiche ». Su questa base si apre a Roma la prima assemblea cristiana, organizzata dal Vicariato che equivale a voluta dal Papa, per affondare il bisturi nei primati negativi della capitale. Nel novembre '72 un documento dei vescovi francesi su fede e politica fu definito « libretto rosso» dai consenatori. Le teologie politiche hanno tre filoni principali. Il primo è la « teologia della speranza » del protestante tedesco Turgen Moltmann che ravvisa nella trasformazione politica della società un anticipo della speranza « esca tologica » (cioè eterna). L'altro filone è la « teologia politica » propriamente detta del tedesco e cattolico Johann Baptist Metz per il quale Cristo è venuto a salvare gli uomini sin dalla terra. Il terzo filone è la « teologia della liberazione o della rivoluzione » della scuoia sudamericana e in specie del cattolico Gustavo Gutierrez, argentino, assai polemico con la teologia politica della supervitaminizzata Europa occidentale. Tutti sono, più o meno, debitori del filosofo marxista Ernst Bloch che vede in ogni religione non un'alienazione, come dice Marx, ma una « totalità di speranza» addirittura dirompente sul piano sociale. E' anche la posizione di Roger Garaudy, il pensatore marxista espulso dal vertice del partito comunista francese. « Il problema della teologia politica, spiega il prof. Chiavacci, non si pone come "teologia della politica", ma tende a mettere in chiaro l'gnnuncio cristiano nella sua globalità come annuncio di salvezza per cui anche la "salvezza storica", che si realizza nella liberazione terrena dell'uomo, è vera salvezza per quanto imperfetta ». Le radici di queste teologie sono collegate a Maritain e soprattutto alla costituzione del Concilio Gaudium et Spes sui rapporti fra Chiesa e mondo. « Fino al Concilio la principale funzione della Chiesa era concepita come quella di dare i mezzi di salvezza alle singole anime. Col Concilio si passa alla visione di salvezza comunitaria ». La costituzione conciliare obbliga la Chiesa e i cristiani a collaborare anche con i « persecutori » per raggiungere la fraternità universale: « Quindi un cristiano può far propria l'analisi sociale marxista, non ovviamente l'ateismo filosofico? ». « Ma naturale, risponde Chiavacci, del resto non possediamo molte alternative tranne quella della scuola di Francoforte che ha in più la variabile psicologica. Un conto però è l'analisi, un conto la sua realizzazione pratica. Per esempio, un'analisi marxista che mi porti i carri armati di Praga non mi sta bene». Mons. Sartori, a Padova, collega questa teologia politica con la « svolta antropologica » di Rahner (il quale ci disse a Monaco: « Come teologo sono ormai vecchio rispetto alle nuove esigenze »). « Il prossimo Sinodo, nell'autunno '74, esaminerà anche le teologie politiche, dice Sartori. Esse pongono la grande questione: "Vale più l'ortoprassi o l'ortodossia?", ossia vale più un rispetto teorico dei princìpi rivelati o una loro messa in pratica per risolvere anche i problemi sociali? ». « E la lotta di classe, la rivoluzione? », insistiamo. «Il Vangelo è radicale, Cristo ha avuto posizioni radicali, l'Apocalisse vede la storia come un conflitto. Perché il cristiano non dovrebbe accettare oggi il concetto di lotta di classe che non implica l'uccisione della persona, ma l'impiego di tutti i mezzi contro privilegi, ingiustizie, strutture ingiuste? Questa lotta avrà un limite solo in ciò che viola le libertà umane». La teologia della liberazione latino-americana è marxisteggiante e rinfaccia alla « teologia politica » europea di essere espressione tutto sommato comoda d'un contesto sociale economicamente avanzato; quindi di far dell'accademia, senza scomodare realmente nessuno. Metz dice che la Chiesa deve avere « una funzione critica della società ». Gutierrez, latino-americano, risponde netto che la Chiesa deve « politicizzare evangelizzando »: « Il Vangelo, proprio perché messaggio di amore totale, ha una necessaria dimensione politica... La lotta di classe, che pone dei problemi all'universalità dell'amore cristiano, fa parte della nostra realtà... La neutralità in questo campo è impossibile». (Da Teologia della Liberazione, ed. Queriniana, che pubblica anche i saggi fonda mentali di Metz e Moltmann). Il giudizio di Rahner è que sto: « La teologia politica di Metz è assolutamente ortodossa. La teologia della liberazione non è ancora così chiara: ma non si deve dire subito che non sia ortodossa. Anche la mia teologia è considerata "non cattolica" da alcuni protestanti. Finché la Chiesa non la nega positivamente, io posso considerarla ortodossa ». Recisa, come sempre, la riposta del card. Jean Daniélou, a Parigi: «Il peggiore sbaglio di un certo numero di teologie politiche è ritenere che il marxismo possa portare una soluzione: è esattamente ciò che non bisogna fare... E' puerile sostenere che il marxismo sia un metodo d'analisi scientifica della società. Pretende di esserlo, mentre è un'ideologia e le sue tesi vanno contestate dal punto di vista morale ed anche economico ». « E' grave, spiega Daniélou, che questi teologi, per il fatto stesso di accettare le tesi marxistiche, si trovino politicamente impegnati al servizio del marxismo che è incapace di fondare una società umana perché non riconosce alcuna morale trascendente. Questo non significa, ovviamente, che non vi sia nella Chiesa una grande preoccupazione per i problemi sociali e un costante appello ai credenti ad essere più attivi per giungere ad una società più giusta e fraterna ». Lamberto Furno