È morto Arcangeli
È morto Arcangeli È morto Arcangeli lì critico bolognese aveva 59 anni - Imponenti studi, dal Medioevo ai moderni Bologna, 14 febbraio. E' morto oggi a Bologna, al policlinico «Sant'Orsola», dove era ricoverato da qualche giorno, il professor Francesco Arcangeli: aveva 59 anni. Il nome di Francesco Arcangeli, ben noto a tutti gli studiosi d'arte europei, divenne improvvisamente popolare (almeno presso il pubblico, tutt'altro che ristretto, che s'interessa ai problemi artistici), nel fuoco della polemica suscitata dall'ultima Biennale di Venezia con la proposta del dilemma: «Opera o Comportamento». Il tema è troppo vasto ed astruso per riprenderlo in questa triste occasione. Basti ricordare che Arcangeli, allestitore di quella sezione della mostra con Renato Barilli e Marco Vallecchi, stava sul versante delVaOpera» mentre Barilli stava su quello del «Comportamento», ed a migliaia di persone dagli schermi della tv precisò la sua posizione. «L'arte, 1' "Opera", quel pezzo di tela 0 di tavola, quella superficie piana e convenzionalmente rettangola è un medium cui è ancora possibile, tuttavia, affidare tutto: tutto ciò che si è, che si pensa, a cui si aspira. E' un'azione indiretta, ma è ancora a disposizione dell'artista per cambiare il mondo». Ed erano, in fondo, queste parole la dichiarazione di una posizione estetica, coinvolgente una posizione morale (la realtà dell'uomo, il senso dell'umano aveva per lui un'importanza primaria, superiore persino all'estrinsecarsi artistico), a lungo esplorata e meditata: insomma, quella che potrebbe chiamarsi la «poetica» di Arcangeli, sensibile fino alla nevrosi. Erano anche lo sviluppo di una visione critica esposta in un famoso saggio di vent'anni fa, pubblicato su «Paragone», la celebre rivista fondata da Roberto Longhi, nella quale egli però svolse per lungo tempo un ruolo quasi condirezionale: Gli ultimi naturalisti, colti nel territorio fisico e spirituale della Padania, un termine che gli sembrava andar più in là, per sotterranee rispondenze di gusti oltre che di sangui, di un'indicazione geografica: «E' in questa terra che il sangue dei Galli e dei Longobardi si mescolò col sangue latino». Seguendo i naturalisti della Padania si poteva stringere nel medesimo legame un antico come Wiligelmo e dei moderni come Morandi e Morlotti. Col gettare simili scandagli gli interessi culturali e critici di Arcangeli si diramavano in un'area vastissima che superava quella degli studi accademicamente eruditi. Aveva discusso con Roberto Longhi, il maestro cui dovette la sua formazione intellettuale ed in parte lo splendore letterario dei suoi scritti, ed al quale fu sempre affettuosamente devoto, la sua tesi di laurea sul trecentista Jacopo di Paolo, continuando poi le sue esplorazioni dell'arte antica bolognese, da Vitale all'Aspertini ai Carracci, mentre insegnava in licei classici di Bologna, Parma ed anche Torino. Ma a poco a poco le sue geniali curiosità s'erano estese ai moderni, e di ciò fan fede i saggi, pubblicati in «Paragone» e altrove, su Constable, Courbet, Ensor, Van Gogh, De Pisis; memorabile poi quello (1958) su Picasso «voce recitante», e di eccezionale finezza uno dei più recenti, il Morandi. L'ultimo, quello su Sutherland, edito dai Fratelli Fabbri, sta per essere presentato alla «Parisina» di Torino. L'originalità dell'opera esegetica di Arcangeli, unita alla lucentezza della sua scrittura, faceva di lui uno degli studiosi d'arte più autorevoli in 1 Italia. mar. ber.
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