Sotto il dogma di Mosca

Sotto il dogma di Mosca INCHIESTA SULL'ALTRO COMUNISMO: CECOSLOVACCHIA Sotto il dogma di Mosca Solo nell'Urss, forse, la repressione è più aspra che a Praga - Gl'intellettuali dissidenti, quando non vengono arrestati, sono espulsi dal partito e lasciati senza lavoro -1 giornali hanno subito "purghe" impressionanti - Diventata meno rigida per le proteste straniere, la politica ufficiale inaugura la "strategia della mano tesa" - Ma fino a che punto si può attuare il disgelo? (Dal nostro inviato speciale) Fraga, febbraio. Solo in Russia, forse, la repressione culturale è più aspra che in Cecoslovacchia. Qui da cinque anni l'intellighenzia giace nella sterilità e nell'isolamento. Sono scomparsi dalle biblioteche i libri della « primavera praghese »; non si pubblicano le opere dei dissidenti; i cinematografi e i teatri danno spettacoli di disimpegno o classici sovietici; alla radio, sui giornali, alla televisione si sente, legge e vede soprattutto propaganda (il 17 dicembre scorso, essi attribuirono il massacro dì Fiumicino a « gruppi israeliani e maoisti»). Dove prima fermentavano le idee e s'intessevano i dibattiti, oggi s'impone il silenzio e si consolida l'ortodossia: « Il visto alla tolleranza è stato revocato, mi dice un giovane scrittore, il regime esige il realismo socialista ». Praga, già inquieta e affascinante, è ora arrendevole e appassita. In essa, alla vitalità dello spirito boemo è subentrato l'ossequio del dogma straniero. Paragonata a Budapest e Varsavia, sembra appartenere a un'altra epoca, a un altro mondo. «Al mecenate », « Al pittore », « Da Viola» non sono più ritrovi di una generazione alla ricerca di valori umani, ma di una casta di burocrati dipendenti dal sistema. La fuga dall'occupazione russa è divenuta un tradimento. Dice Husak degli intellettuali emigrati in Occidente: « Essi si sono rivelati agenti dell'imperialismo: miravano al sabotaggio del progresso». E aggiunge, senza molta attendibilità. « Se nel 1968, i Pelikan, Lobi e Goldstucker avessero mostrato il loro vero volto, il popolo li avrebbe subito spazzati via». Come Sacharov Come ha scritto Pavel Kohout un anno fa, « si perseguitano i protagonisti della distensione culturale ». Frantisele Janouch, il Sacharov cecoslovacco ex vicesegretario dell'Associazione europea per la fisica, è stato espulso dal partito e privato dell'impiego. A Milan Kundera, di cui si parla come di un altro Solzenicyn, è proibito ricevere i proventi dei diritti d'autore dei Paesi « capitalisti ». Scoperte scientifiche e capolavori d'arte vengono sequestrati se di proprietà dell'intellighenzia all'opposizione. «Mi creda, aggiunge il giovane scrittore, siamo fortunati se restiamo liberi e otteniamo un saltuario posto in fabbrica. Ma troppi di noi fanno la fame». E aggiunge: «Lo scriva, che lo sappiano gli occidentali, Praga oggi è come Mosca ». Legge una lettera di Jiri Mueller all'Assemblea federale, datata 16 aprile 1973. Condannato a cinque anni e mezzo di carcere per reati d'opinione, Mueller si trova nella « sezione speciale » di Plzen, vicino a Praga. « E' permesso chiacchierare solo coi compagni di cella, afferma, e uscire solo sotto scorta di una guardia. C'è acqua calda solo per 15 minuti alla settimana e c'è una sola distrazione, la lettura di Marx e Lenin ». « Le razioni di cibo, prosegue Mueller, già insufficienti, vengono diminuite se si produce meno di quanto previsto dal piano di lavoro. In caso di malattia, si viene messi in cella di rigore... La mia salute fisica e mentale è minacciata... Quando sarò scarcerato, dovrò impegnarmi per iscritto a non raccontare nulla ». Ch'io sappia, in quasi un anno le condizioni di Jiri Mueller non sono migliorate. La repressione spirituale toccò il culmine nel '71-72. In quel biennio, furono sciolte le associazioni degli scrittori, dei pittori e dei musicisti, e ne furono formate altre. Il risorgimento del 1968 venne descritto come un golpe fallito. Jan Kozak, uno dei nuovi leaders, accusò gli intellettuali di essere stati « il trampolino della controrivoluzione ». « Il socialismo dal volto umano, dichiarò, era simile alla democrazia di Masaryk e della piccola borghesia: conteneva i germi del fascismo ». Fu denunciata l'eredità di Kafka « matrice di sovversione e di esautoramento del proletariato ». Si ammonirono gli uomini di cultura che « non sarebbero state tollerate le proteste»; si premiarono i funzionari che esercitarono pressioni e punirono i ribelli. I mezzi di comunicazione di massa subirono «purghe» impressionanti. Perdettero il posto 2000 giornalisti, tutti coloro che avevano contribuito alla presa di coscienza del Paese. Ho parlato a Milan Cdor, direttore di Kvety (Fiori) un settimanale del regime. « Il 40 per cento del mio personale è qui da meno di due anni », ha dichiarato. « A differenza del 1968, oggi ci interessiamo dei fatti, non delle emozioni. Contribuiamo allo sviluppo sociale, non al sensazionalismo politico ». Allora, perché s'imparavano più cose prima? « Non erano cose giuste ». Chi l'ha deciso? « Il partito ». Ma egli non era in buoni rapporti con quei colleghi? « Non tutti: si capiva che qualcuno tradiva il suo lavoro». Qual è il compito dei giornalisti? « Formare il cittadino socialista ». Di recente, di fronte alle proteste di scrittori stranieri come Boell e Aragon, e in concomitanza con le trattative sull'Europa, la politica ufficiale dello spirito è diventata meno rigida. Il genero del presidente Svoboda, Milan Klusak, ha sostituito Miroslav Brusok al dicastero della Cultura, inaugurando « la strategia della mano tesa»: «Tenderemo la mano — ha detto — agli artisti che vorranno partecipare al nostro programma, 0 che cercheranno di riscattare gli errori del passato con onestà, anche se non formalmente ». In Slovacchia, il ministro Miroslav Valek è andato oltre: « E' bene abbandonare 1 metodi amministrativi che hanno prodotto una situazione d'insicurezza e un clima sfavorevole all'attività creativa — ha sostenuto. — Solo gli emigrati si sono autoesclusi per sempre ». Critici scomodi Fino a che punto tuttavia si potrà attuare il disgelo a Praga? Il poeta Miroslav Holub s'è rassegnato a fare l'autocritica, ma ha abbandonato la penna per riprendere la sua vecchia professione di medico. Se il regista Otomar Krejka ha acconsentito a dirigere il complesso statale di canti e balli folcloristici, lo scrittore Pavel Kohout, seppur infermo e confinato in campagna, ha ripetuto invece di non essere disposto a compromessi. Forse al regime basterebbe la neutralità dei protagonisti più scomodi della « primavera »: « Ma non ci faremmo allora suoi complici?» chiede il mio giovane interlocutore. « Non bisogna che vengano prima riparate le ingiustizie? Non è meglio che anche noi attuiamo la congiura del silenzio come fecero a Budapest dopo il 1956? ». Sono andato alla nuova « Unione degli scrittori », nella Narodni, presso il Teatro dell'Opera. E' stata la prima volta che il segretario, Donat Sajner, ha concesso un'intervista a un giornalista occidentale. E' un poeta, compie sessant'annì questo mese, il partito pagherà i festeggiamenti. Massiccio, accanito, non ha mai discusso ì dogmi, né dubitato dei mezzi del sistema. Ha diretto una casa editrice e i programmi culturali della radio. E' in carica dal '72 e ci resterà fino al '76. Mi guarda fissamente. « La vecchia associazione aveva 400 iscritti — dice. — Molti erano nemici del socialismo e del¬ la patria. Adesso siamo 135, vogliamo solo i migliori, è una questione di purezza. Guai se accettassimo tutte le domande. Voi capite: all'ultimo congresso abbiamo chiarito le nostre posizioni ». Che cosa occorre per entrare? « L'impegno ideologico innanzitutto. Poi le pubblicazioni, tre libri, di tendenza sana e corretta naturalmente ». Ho appreso che molti autori rifiutano di aderire ai vostri inviti. « Solo i disonesti, o quelli che si sentono loro legati da falsa solidarietà. Ma distinguiamo: noi non facciamo la corte a nessuno. Anzi, ci sono dodici cosiddetti scrittori che non potranno mai entrare nell'Unione ». Mi hanno invece riferito che avete intavolato un dialogo con tre di essi. « Lo sapevate? Ma non è il caso di far nomi, né di anticipare soluzioni. Certe faccende non le discutiamo in pubblico. Comunque, vi assicuro che dipenderà tutto da loro ». Donat Sajner mi spiega che la tessera del partito non c'entra, ma l'abito mentale. Che cosa deve scrivere un artista? « E' più sbrigativo dire che cosa non deve scrivere: opere che offendano l'ideologia, il Paese, i sovietici e il sistema ». Come giudicate Milan Kundera allora? « Ero a Parigi quando hanno premiato un suo romanzo. Un autore che preferisce pubblicare all'estero deve avere pessimi rapporti col governo ». Il "libro nero" Egli v'accusa di censura. « La censura non esiste, come non esiste un 'libro nero " degli oppositori del regime. Le case editrici accettano e respingono liberamente i manoscritti. L'arte autentica emerge ». Nessuno m'ha parlato di capolavori negli ultimi tre o quattro anni. « Il mese scorso abbiamo premiato due libri seri sulle cooperative e il rinnovamento dell'agricoltura, j4cque stagnanti e Chiuse nei fossi. Non vi basta? ». Osservo Donat Sajner e ricordo certi incontri a Mosca, cinque anni fa, con gli apparateiki sovietici della cultura. Non c'è nessuna differenza, e non mi sorprenderei neppure se qualcuno fosse in buona fede. Ma che ha da spartire il realismo socialista col patrimonio interiore della Cecoslovacchia, la sua ricchezza civile? Chiedo al segretario come giustifica il controllo politico sulla letteratura. « Siamo orgogliosi di ciò che facciamo — risponde. — C'è un passato terribile da cancellare: noi marxisti sappiamo correggere gli errori. Alleviamo una generazione di giovani preparati e insospettabili ». Mi alzo. « Quando scriverete l'articolo, saprò qual è il vostro vero volto », mi dice congedandomi. Guardi bene, non può essere quello del silenzio né della comprensione. Ennio Carette Praga. Volti d'una città già vitale e affascinante, ora appassita e arrendevole alla dura pressione sovietica (Team)