Che ti pare? di Franco Lucentini

Che ti pare? L'AGENDA DI F. & L. Che ti pare? I nostri rapporti con questo giornale sono sempre stati ottimi, per non dire inesistenti. Anche se la nostra « agenda » non è propriamente ciò che nei quotidiani anglosassoni si chiama una column, godiamo tuttavia dei vasti privilegi concessi per tradizione ai columnists, ospiti indipendenti che non rappresentano la testata ma soltanto se stessi e che la proprietà e la direzione vedono molto di rado, e al limite possono addirittura non conoscere affatto. Più che al moderno giornalista professionista, il columnist è infatti vicino a quei viaggiatori, orticultori, colonnelli, prelati e altre stimabili persone, che nell'Ottocento scrivevano al « Times » lettere su argomenti di varia natura e interesse, scatenando magari briose controversie intorno al corretto impiego del casco coloniale o del gatto a nove code, ma restandosene nelle loro periferiche, solitarie poltrone in qualche angolo di club o di campagna. Disgraziatamente, le nostre poltrone torinesi hanno perduto, negli ultimi tempi, gran parte del loro vecchio charme. Prima del fatale « Pare che », non avevamo mai il più piccolo dubbio: una violetta in un prato, il sorriso d'un bimbo, il suono argentino dell'Angelus bastavano spesso ad accendere la nostra ispirazione, senza che l'idea di quello che avrebbero potuto pensare « gli altri » venisse mai a turbare la nostra candida vena di elzeviristi. Ora non più. Proprio mentre abbiamo la consolante, concreta dimostrazione che la libertà di stampa è ancora presa sul serio in Italia, un misterioso malessere, una funesta paralisi, si sono impadroniti di noi. « Perché non facciamo un elzeviro su Valéry? Lo stanno riscoprendo tutti, ma per stiracchiare in tre volumi quello che lui concentrava in tre pagine. Pensa che bel tema: un uomo passa la vita a eliminare ferocemente da quello che scrive tutto l'indistinto e il superfluo. Trent'anni dopo, arrivano questi e gli riammucchiano attorno proprio la futile sabbia che lui detestava. Affascinante, no? Che ti pare? ». « Be', sai, il fatto è che Valéry lo conoscono in pochi... ». « Ragione di più ». « No, è che la cosa potrebbe sembrare, non so, intenzionale... Come a voler fare intendere che d'ora in poi ci occuperemo soltanto di letteratura d'elite, capisci? ». « Ah, già, forse... Allora ci sarebbe quella biografia di Frank Costello ». « Il gangster"? ». « Sì, lui. L'interessante è che mentre del presidente degli Stati Uniti si scrive come se fosse un gangster, la vita di un gangster è raccontata come una volta si raccontava la vita di Edison o di Madre Cabrini. Pura oleografia. Che ti pare? ». « Mmm... Un gangster è sempre un gangster... Bisogna andare più sul neutro. Ci sarebbe per esempio quella pubblicazione, " Mille idee per la maglia ", l'ho vista in edicola. La prendiamo e ci facciamo sopra una brillante analisi strutturalistica. Che ti pare? ». « Mi pare che sei un irresponsabile ». « Perché, scusa? Dopotutto, il lavoro a maglia, se preso da un angolo borgesiano...». « Ma non vedi quello che direbbero? Che La Stampa ci ha imbavagliati, annacquati, bio-degradati, che ci impedisce di trattare i temi d'attualità e che noi, parlando della maglia, vogliamo denunciare sarcasticamente l'iniqua imposizione. Ci vuole un argomento serio, nobile, classico... ». « Le iscrizioni romane! La cronaca, la vita spicciola di Roma vista attraverso l'epigrafia, ma quella che nessuno conosce, umile, spontanea, piena di errori e di dettagli realistici. Commovente e suggestivo, no? Ne potremmo dare una piccola antologia, di queste bellissime lapidi. Che ti pare? ». « Bravo, e cosi direbbero che vogliamo mettere una pietra sopra a quell'altra faccenda ». « Accidenti, hai ragione! ». « Ci vuole qualcosa che sia un po' legata al momento. Sto per esempio leggendo una vecchia biografia di Lord Dufferin, una specie di Kissinger inglese che nel 1860 fu mandato in Medio Oriente per risolvere una crisi molto simile a quella di oggi, e senza nemmeno che ci fosse il petrolio. Massacri a Damasco fra sètte musulmane e cristiane, grandi potenze che muovevano i fili, corpi di spedizione, negoziati interminabili, eccetera eccetera. C'era perfino Dumas, con una giovane amante travestita da uomo. Che ti pare? ». « Come andò a finire? ». « Be', lo vedi, no? Siamo ancora allo stesso punto ». « No, lasciamo stare. Penserebbero che ci abbiamo presto gusto, alla politica internazionale; che ci siamo montati la testa, che crediamo di essere i fratelli Alsop. Meglio trovare qualcosa di meno ambizioso... Prendi per esempio quella pagina dove Schopenhauer parla dell' "eccitante" (das Reizende) e del " nauseante " {das Ekelhafte) come di due categorie estetiche complementari, due facce della stessa medaglia. E' la chiave perfetta per capire fenomeni tipo L'ultimo tango e La grande abbuffata. Che ti pare? ». « Cosi diranno che noi vogliamo solo i film con Gatto Silvestro, che siamo bigotti, nemici del divorzio, reazionari, golpisti, probabili ex spie dell'Ovra, e che il nostro segreto desiderio è di togliere agli altri quella totale libertà di espressione per cui tutti si sono battuti a nostro vantaggio ». « E allora parliamo del Fascino discreto della borghesia ». «Troppo tardi. Ne hanno già parlato tutti ». « Ma è colpa nostra se l'abbiamo visto solo adesso? ». « Sembrerebbe una civetteria fuori luogo, in questi duri tempi ». « Va be', ma il film sarebbe solo un pretesto per sollevare tutto il problema del cinema politicirzato. Noi non credevamo che si potessero più fare denunce fondate o infondate contro la borghesia senza cadere nella barbosa prevedibilità della propaganda. Invece Bunuel, pur usando tutti i soliti luoghi comuni, riesce a mettere insieme un film intelligentissimo e divertentissimo. Diremo che il luogo comune di per sé non è evidentemente un ostacolo: tutto dipende da come viene trattato. Che ti pare? ». « E loro diranno che strizziamo l'occhio a Berlinguer, che stiamo mettendo le mani avanti in vista del compromesso storico ». « E noi diremo che senza la borghesia non avremmo avuto nessun film di Bunuel. Che in Russia, uno come Bunuel farebbe la fine di... ». « E quindi, viva il Duce ». « Mawamm... ». « No, sai cosa ti dico? Che siamo diventati due scrittori " impegnati ", questa è la verità ». « Santa Madonna! Come Sartre? ». « Peggio, mon vieux, peggio. D'ora in poi, tutto quello che scriveremo sembrerà pieno di allusioni, intenzioni, secondi e terzi fini, omissioni diffamatorie, avverbi-trabocchetto, desinenze per le allodole, punti e virgola da lavare col sangue. Nessuno leggerà più i nostri articoli alla lettera, ci si butteranno sopra col microscopio, come fanno i cremlinologi con la prosa della Pravda. Che ti pare? ». « Mi pare un bel disastro. Come ne usciamo? ». « Scrivendo finalmente articoli di tono serio, compassato, grave e consapevole. Usando finalmente frasi come " non è chi non veda " e " giù giù, fino a Boito e alla Scapigliatura " ». « Non ci riusciremo mai. L'elzeviro al dado vegetale è al di sopra delle nostre possibilità. Ci manca il knowhow ». « E allora smettiamo ». « Ma senti, se provassimo a dire le cose come stanno? ». « Cioè, raccontando la nostra tragica situazione d'incertezza? ». « Sì, appunto. Che ti pare?». « E la morale potrebbe essere che abbiamo troppa libertà. Che ti pare? ». « E dopo, ricominciamo a scrivere come prima? ». « E' ovvio ». « Che ti pare? Proviamo? ». « Proviamo ». Carlo Frutterò Franco Lucentini

Luoghi citati: Damasco, Italia, Medio Oriente, Roma, Russia, Stati Uniti