L'americano che pagò i rapitori di Getty non riconosce gli "esattori,, della banda di Francesco Santini

L'americano che pagò i rapitori di Getty non riconosce gli "esattori,, della banda Le indagini si complicano, perché manca l'uomo chiave L'americano che pagò i rapitori di Getty non riconosce gli "esattori,, della banda p(Dal nostro inviato speciale) Lagonegro, 7 febbraio. Magistrati muti e indaffarati; funzionari di polizia prudenti e scoraggiati; ufficiali dei carabinieri nell'ombra: il caso Getty si complica. Si invertono i ruoli; il castello costruito dall'accusa si fa, d'ora in ora, più fragile e — questo è il colpo di scena — viene a mancare l'uomo chiave dell'inchiesta: il misterioso mister Chase (l'accusatore implacabile dei giorni scorsi) dice oggi di non poter riconoscere gli «esattori» della banda. Lo ha dichiarato ai giornalisti, lo ha ripetuto al magistrato. Per la prima volta dall'inizio dell'istruttoria, il procuratore della Repubblica, a Lagonegro ha perso la calma; ha alzato la voce, fino a gridare: «E' suo dovere collaborare con la giustizia, mister Chase: aiutarci in ogni senso, come ha fatto finora». Rappresaglie Mister Chase ha insistito. «Non sono in grado — ha detto — di riconoscere un uomo mascherato, intravisto per pochi attimi, a trenta metri di distanza». C'è chi sostiene che, con il tentativo di sganciarsi dall'inchiesta, l'inviato speciale del vecchio Getty voglia proteggere l'erede della dinastia dei petroli da rappresaglie; c'è chi dice che teme complicazioni giudiziarie per il diciassettenne Paul; c'è, infine, chi afferma che Chase è sincero e che, ritornato a casa il giovane Paul, è suo interesse chiudere il «pasticciaccio». C'è da spiegare perché l'enigmatico newyorkese dagli occhi di ghiaccio, per la prima volta, senza motivi, si è deciso a parlare con i giornalisti; c'è da chiarire perché il consulente finanziario, che a Roma, l'estate scorsa, assol- ! dava portieri d'albergo per conservare l'anonimato, oggi non tenti più di sfuggire al contatto con i cronisti e si sottoponga al fuoco di domande. Calmo, misurato, suc¬ csCnspep l ! r i l i ¬ chiando la pipa dall'alto dei suoi due metri di statura, Chase si è presentato ai giornalisti, raccolti in una minuscola stanzetta della Procura, pronto a parlare. «Non sono un ex agente dell'Fbi né della Cia — ha esordito —, non sono un investigatore privato né un vicepresidente della Getty OH Company. Sono soltanto un imprenditore: il mio ultimo lavoro è stato la progettazione di un ponte nei Caraibi. Ma non sono neppure un ingegnere, anche se costruisco dighe e ponti». Chase racconta di aver sempre evitato i contatti con la stampa, per non pregiudicare il suo compito, che adesso, con Paul in libertà, si è esaurito. «Ero nel Surrey, l'estate scorsa — ha spiegato —, ospite del vecchio amico Paul Getty. Non lavoro per lui, ma Getty mi disse di essere preoccupato per Paul, per la sua misteriosa scomparsa. Mi chiese di occuparmene. Doveva essere una questione di pochi giorni, invece tutto è durato a lungo e durerà ancora a lungo». — E' a Lagonegro per la questione della simulazione? «So che i giornali italiani e inglesi hanno parlato di rapimento non vero. Io, per quanto mi riguarda, ho lavorato soltanto per ridare Paul alla madre. Gail Harris e l'avvocato Iacovoni fungevano da intermediari tra me e i rapitori. Io non ho mai parlato con lo ro. Ho, invece, consegnato il riscatto e ho visto, come tutti voi, Paul Getty III con il suo orecchio destro mozzato». I carabinieri — Ma i carabinieri sostengono... «Io non posso essere al corrente di ciò che pensano ì carabinieri» — I carabinieri sembrano convinti che il rapimento sia sfuggito di mano al suo stesso organizzatore, a Paul, che a e voleva spillare un po' di quat- ! trini al nonno. «Io credo all'orecchio ta-\ gliato». — Parliamo della prima e| non della seconda parte della | storia. vi carabinieri, che sanno \ molto poco, tre giorni fa mi ; hanno interrogato per avere : qualche elemento. Io ho ri-, sposto semplicemente di aver già riferito al dottor Iovinella, della squadra mobile, quanto sapevo». Pista mafiosa — Quando ha appreso della pista « simu'azione »? «L'ho letto sui giornali inglesi: ma io non posso analizzare la tesi del colonnello Vitali né il suo pensiero». — Crede alla pista mafiosa? «Non so, è probabile». — E' vero che lei, per primo, ha fatto il nome dei Mammoliti e del clan mafioso di Gioia Tauro? «No, non è vero. Io mi sono soltanto limitato a riportare a casa il ragazzo. Mi sono disinteressato dall'inchiesta». — Gli ordini di cattura firmati dai magistrati sì basano essenzialmente su sue testimonianze. Si parla di un confronto tra pochi giorni. «Bene, chiariamo questo: io non sono in grado di riconoscere nessuno. Al momento della consegna del riscatto, ho visto soltanto un uomo. Aveva il volto mascherato; era basso di statura. Eravamo a trenta metri di distanza ed è subito scomparso dietro una curva, lungo l'autostrada. Posso dire soltanto che aveva le gambe arcuate. Ma quanti di noi hanno le gambe storte...». — Quindi, non è in grado di fornire elementi al magistrato? «Assolutamente nessun elemento». — Se la tesi della simulazione prendesse piede, la situazione patrimoniale di Paul Il misterioso mister Chase sollecitato a collaborare dal procuratore di Lagonegro - In una conferenza stampa ha respinto l'ipotesi della simulazione: "Io credo all'orecchio tagliato" allorecchio tagliato ! Getty sarebbe compromessa per il futuro? \ «Sono ipotesi e previsioni che lascio a voi». | — Paul e il nonno si sono | rivisti? «No, dal giorno della libera¬ \ zlone non si sono incontrati, ; In Italia, questo rapporto tra : nonno e nipote potrebbe ap, parire anomalo, ma non in Inghilterra e tanto meno nella famiglia Getty». — Un'ultima domanda. Sulla scena del rapimento, non si sa in quale ruolo, appare un gallerista inglese che vive a Roma. Stamane doveva essere a Lagonegro, ma non è arrivato. Mister Chase, ha mai conosciuto Charles Bernard? «Non ho mai visto Charles Bernard». Francesco Santini