L'erede di un mattatore

L'erede di un mattatore Gigi Proietti parla della sua carriera L'erede di un mattatore L'attore, 33 anni, indicato come il successore di Gassman, è il protagonista dello show televisivo del sabato - Il suo sogno è la regìa «In famiglia volevano che facessi l'avvocato e sono finito sulle scene»: Gigi Proietti ha cominciato il mestiere dell'attore guasi per caso. «Dovevo mantenermi agli studi — spiega con un pizzico di civetteria —. Non c'è mai stata un'autentica vocazione. I primi soldi guadagnati in teatro mi servivano per pagare le tasse dell'Università». Dal debutto al night come cantante all'esperienza di attore dilettante nel Cut di Roma, dalla stagione con Cobelli )ino allo Stabile dell'Aquila e alla grande popolarità di Alleluia brava gente con Rascel: un itinerario autobiografico che Proietti ripercorre con un certo orgoglio anche se non dimentica le delusioni degli esordi. «E' una carriera dura, difficile quella dell'attore — dice —. Se non si accettano compromessi, se si vogliono fare soltanto scelte dignitose e coerenti il mondo dello spettacolo richiede molto corag- gio e disponibilità a grosse rinunce». Ora, a 33 anni, Gigi Proietti viene da molti indicato come il successore di Gassman. La sua taglia atletica, la voce possente, la spavalda sicurezza sulla scena, la versatilità, sembrano avergli conquistato di diritto l'eredità del «mattatore». Teatro, cinema e televisione se lo contendono: sul palcoscenico del Sistina sta interpretando il personaggio di Neri Chiaromontesi nella Cena delle beffe allestita da Carmelo Bene, sul video è, da qualche sabato, il protagonista dello show serale di Gregoretti mentre si attende la programmazione del suo Sandokan tratto da Salgari, per lo schermo lavorerà presto con Lattuada in Le farò da padre. «Nel nostro mestiere appena raggiungi un po' di popolarità tutti tentano di sfruttarti fino all'esaurimento — dice polemico —. Bisogna stare attenti a non diventare merce di consumo. C'è sempre il rischio che ti appiccichino un'etichetta e te la lascino per sempre. Mi sono sempre sforzato di intervenire, per quanto mi era concesso, nell'ideazione degli spettacoli a cui partecipavo: con Gregoretti, Carmelo Bene e Tinto Bras il dialogo è sempre stato fertile. Ma non è ogni volta così facile. Sono rari nel nostro Paese i casi di attori che possono anche permettersi di discutere i testi. Fortunato Volontè il quale è riuscito a conquistarsi un suo potere politico e contrattuale. Nel cinema, poi, o fai cassetta e ti consentono qualche libertà oppure devi quasi sempre accettare tutto e tacere». Proietti non sembra cedere alle tentazioni del successo. Le proposte di lavoro piovono da ogni parte, ma l'attore si amministra con attenta cura, senza sprechi inutili. «Al l'inizio della mia carriera pensavo al teatro come ad un divertimento, un gioco — ripete —. Volevo fare quattrini e basta. Ma mi sono accorto poi che la responsabilità politica di questo lavoro è notevole, non si può farlo con superficialità. Vorrei riuscire a mettere in piedi una mia compagnia ed essere finalmente libero di recitare ciò che più mi piace, interpretare personaggi pieni di follia». Se il primo contatto con il teatro fu fortuito e incerto, «Avevo una paura terribile di perdere lo stipendio che mi ero assicurato come cantante», l'amore per il palcoscenico in Proietti è maturato negli anni trasformandosi in una passione esclusiva. «Soltanto sulla scena, di fronte al pubblico che si sente respirare e tossire, un attore può esprimere tutta l'emozione che sente dentro. Il cinema è un fatto che riguarda in parte l'interprete. A volte basta avere una bella faccia, fotogenica: poi ti doppiano. In sede di montaggio tagliano e incollano quello che hai fatto, secondo il loro gusto. Se sbagli una scena puoi anche ripeterla venti volte. Per uno che crede veramente nel mestiere dell'attore questo è alienante. C'è una sola possibilità creativa nel cinema: fare il regista e autodirigersi». Un sogno che Proietti sta accarezzando da un pezzo. Abbandonare il ruolo passivo dell'interprete, smettere di prestare il suo volto e la sua voce a personaggi creati da altri e diventare l'autore del proprio lavoro. Ma subito dopo confessa con ironica modestia: « Mi frenano due problemi fondamentali. Primo, ho una grande paura. Secondo, non credo che farei mai recitare in un mio film l'attore Gigi Proietti». s. cas.

Luoghi citati: Aquila, Roma