Vinci, Nania, 3 bimbe uccise ed un tenebroso retroscena
Vinci, Nania, 3 bimbe uccise ed un tenebroso retroscena Che cosa nasconde il feroce delitto di Marsala? Vinci, Nania, 3 bimbe uccise ed un tenebroso retroscena Il "mostro" si è autoaccusato per due anni dell'assassinio - Adesso punta il dito contro il fratello del suo datore di lavoro - Il "professore" sarebbe il mandante: si era invaghito della madre di Antonella? - Ninfa e Virginia, le vittime "inutili" (Dal nostro inviato speciale) Marsala, 5 febbraio. Per due anni non c'era stato dubbio: Michele Vinci era il «mostro» di Marsala. Invaghito della nipotina Antonella, l'aveva rapita con le amiche Ninfa e Virginia. Si era subito liberato delle sorelline, gettandole in una cava e lasciandole morire d'inedia (un'agonia durata più di due settimane). Si era comportato turpemente con Antonella, l'aveva torturata, uccisa e, in una folle messinscena, aveva «esposto» il cadavere nel rudere di una scuola. Questa sequenza faceva di Vinci un protagonista mostruoso della storia del crimine. Arrestato, aveva ammesso ogni cosa. Nel suo racconto c'erano però alcune ombre e parecchi conti non tornavano. Come spiegare, per esempio, che due bimbe scaraventate in un pozzo, profondo oltre trenta metri, non avessero fratture né graffi e fossero vissute più di due settimane senza cibo né acqua? C'erano altre domande senza risposta. Ma Vinci aveva confessato, e si era detto che le incongruenze del racconto erano dovute alla sua capacità di mentire e di simulare, a circostanze straordinarie che gli erano state favorevoli. Oggi però a Marsala nessuno crede più a quella confessione. Non perché Vinci l'ha ritrattata il 27 novembre scorso, in assise a Trapani (.«Non ho ucciso le bambine, mi sono limitato a rapirle. Me lo aveva ordinato il professor Franco Nanìa. Minacciava la mia famiglia...))). Non si crede al primo racconto di Vinci perché demolito dalle indagini, dalle testimonianze, dalle perizie. Nella prima confessione e nei successivi interrogatori, Michele Vinci è stato spietato con se stesso. «Nessun complice. Ho fatto tutto da solo». Ciò è falso. Il cadavere di Antonella fu scoperto in quel rudere il mattino del 26 ottobre. Ma non c'era il pomeriggio del 25, e su questo punto ci sono testimonianze precise. Vi è dunque stato trasportato nella serata o nella notte. La sera e la notte tra il 25 e il 26, Vinci è sempre rimasto nella casa del suocero, dove c'erano anche i genitori di Antonella, appena arrivati dalla Germania, e dove si teneva una specie di consiglio di famiglia. Quindi non è lui che ha trasportato il corpo di Antonella nella scuola di contrada Regalia e lo ha bruciacchiato con benzina. Perché Vinci si è accusato per due anni? Il suo difensore, avvocato Esposito, risponde: «Perché ha soggiaciuto alla paura e alle minacce di un'intelligenza molto superiore alla sua. E anche per un senso di colpa. Per il fatto stesso d'aver rapito le bimbe si è sentito responsabile della loro fine». Del resto, anche nella sentenza di rinvio a giudizio sì legge che Vinci non può essere stato solo nel crimine, e che egli è stato uno strumento nelle mani di un uomo assai più scaltro di lui. Della prima «verità» di Vinci cade anche quello che allora sembrò l'unico movente possibile: il raptus sessuale, la passione per l'acerba nipotina. La perizia esclude che Antonella abbia subito qualsiasi violenza. La bimba non è stata rapita per libidine, ma per altro motivo. Inoltre, secondo i periti, la morte di Antonella potrebbe essere accidentale e non volontaria. Risulta che la bambina ha mangiato un'ora, un'ora e mezzo prima di morire. Ci si chiede: chi ha intenzione di uccidere si preoccupa forse di nutrire la vittima? Si fa l'ipotesi che si sia presentata, improvvisa e urgente, la necessità dì trasferire Antonella e, perché non gridasse, sia stata imbavagliata con il nastro adesivo. Il bavaglio l'ha soffocata. Vinci dice che gli è stato ordinato di rapire Antonella con l'assicurazione che alla bimba «non sarebbe stato torto un capello». Perché oltre alla nipotina ha preso le sorelline Marchese? A Marsala danno due spiegazioni. Una: per vincere la diffidenza di Antonella ha dovuto far salire sull'auto anche le sue amiche. L'altra: per sicurezza, perché pensava che se il mandante avesse avuto cattivi propositi, avrebbe dovuto rinunciare quando si fosse trovato con tre bimbe, anziché una. Ciò sembra folle. Ma tutta questa vicenda e i commenti che se ne fanno hanno dell'irreale, finché non si avrà la verità definitiva e convincente. Resta il fatto che Ninfa e Virginia sono state «un di più». Hanno sconvolto un progetto, qualsiasi fosse. Sono state tenute segregate, ma non si sa dove. Per almeno due settimane sono state regolarmente nutrite. C'è la prova che la loro biancheria (almeno quella della più piccola) è stata lavata. Sono state trovate morte nella cava di tufo dopo l'arresto e la confessione di Vinci. Sulla loro fine si sono fatte ipotesi, alcune inverosimili. Ora la perizia dei professori Del Carpio e Bellafiore afferma: «Si può confermare che la morte fu dovuta a fenomeno asfittico e, per la mancanza di qualsiasi segno di violenza (impiccamento, strozzamento, strangolamento), si potrebbe pensare ad un soffocamento praticato con mezzi soffici ». Per esempio, con un cuscino. Poi, attraverso cunicoli, i due corpi sono stati trasportati nella cava del fondo Guarrato. Perché, dopo che erano state tenute in vita per più di due settimane (ed era rischioso tenerle prigioniere in quei giorni, con centinaia di persone che perlustravano la zona e frugavano ogni possìbile nascondiglio), perché improvvisamente si decise di soffocar¬ le e nascondere i cadaveri? Vinci risponde: «Non ne so nulla. Non chiedetelo a me, chiedetelo a lui». E accusa Franco Nanìa. E' solo un tentativo di scrollarsi di dosso l'etichetta di «mostro»"} Vedremo perché Vinci accusa e come il professor Nanìa si difende. Intanto è certo: la prima «verità» di Vinci si è sgretolata. Luciano Curino Marsala. La madre di Antonella Valenti (Telefoto Ap)
Persone citate: Antonella Valenti, Esposito, Franco Nanìa, Luciano Curino, Michele Vinci, Nania, Ninfa
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