Un personaggio nella pittura di Marziano Bernardi

Un personaggio nella pittura LE MOSTRE d'ARTE di Marziano Bernardi Un personaggio nella pittura Una mostra dedicata al piemontese Pinot Gallizio nel decennale della morte - Quadri di Scroppo dipinti con Paerografo Nel 1960 Whilem Sandberg, i direttore dello Stedelijk Museum di Amsterdam, veniva appositamente ad Alba per incontrare un pittore piemontese del quale gli era giunta fama in Olanda, e conoscere meglio la sua opera. Lo stesso anno, su richiesta di Ezio Gribaudo scriveva la prefazione della monografia edita dai Fratelli Pozzo, intitolata Pinot Gallizio - La Gibigianna L'uomo di Alba, con testo di Maurizio Corgnati. Quattro anni dopo la Biennale di Venezia dedicava una sala intera all'artista, presentato da Maurizio Calvesi; ma «l'uomo di Alba» era da qualche mese scomparso, spentasi repentinamente la fugace meteora che per un decennio aveva illuminato il cantuccio provinciale delle Langhe spingendo il suo riflesso nell'ambiente artistico europeo. Chi era stato dunque Gallizio? Senza dubbio un pittore estroso, irruente, che s'era scoperto tale soltanto nella maturità del cinquantenne, travolto da una specie di «démon du midi» estetico; ma soprattutto un «personaggio». Farmacista con bottega in Alba (ma egli preferiva dirsi «aromatario» per le ricerche che faceva di profumi ed erbe medicinali); dilettante archeologo che con scavi nel territorio della romana Alba Pompeia, patria dell'imperatore Publio Elvio Pertinace, aveva messo insieme un piccolo museo ed arricchito di reperti quello civico; mosso continuamente dai più vari interessi culturali, che però lo spingevano ad entusiasmi per le esperienze dell'arte contemporanea piuttosto che a ripensamenti storici del suo grande conterraneo Macrino; Pinot era un uomo che bruciava la propria vita nel fuoco della fantasia trasformando la realtà quotidiana in una favola di cui si sentiva protagonista ed eroe. Fu quest'ansia d'irrazionalità a trascinarlo di colpo — ad un'età che di solito non è quella degli inizi e con un'ingenuità di provinciale al quale si spalancano orizzonti impensati e perei òtanto più meravigliosi — alla pittura da lui confusamente intuita come la più idonea ad esprimere le sue traboccanti emozioni: la pittura surreale dell'informalismo e del «gesto». Cercò contatti coi maggiori esponenti europei di codesta pittura; per esempio con Asger Jorn, fondatore del gruppo «Cobra», e con gli artisti che nei forni di Albisola davano forma plastica alle loro immaginazioni audaci, egli stesso sperimentando, da chimico, nuove vernici; e poiché Jorn aveva in mente una «Bauhaus immaginista», ecco l'animoso buon Pinot creare nel 1956 in Alba il «Laboratorio sperimentale dell'Immaginismo», chiamandovi a raccolta quanti partecipavano di questa poetica. Aveva egli stesso un'idea chiara del lavoro da svolgere nel «Laboratorio»? Comunque si diede a coprire di tumultuoso colore tele immense, di 5, 10, 12 e più metri, gremite di figurazioni fantastiche, di allucinazioni cromatiche: le otto storie della Gibigianna, la Storia di Ipotenusa, la Caverna dell'Antimateria, ed altri numerosissimi dipinti in cui — scrisse Calvesi — andava «innestando a Jorn persino Mathieu e Spazzapan», e nei quali — notò Sandberg — l'esecuzione appare tanto travolgente «qu'il n'y a rìen qui séparé l'homme de l'oeuvre». Intanto il suo nome si diffondeva, le sue mostre si moltiplicavano, ed Alba era all'ordine del giorno. Ora a Torino, nel decennale della sua morte, si possono vedere nella galleria «La Tavolozza» (corso De Gasperi 35) 26 suoi grandi disegni a china del 1960-'61 presentati sul catalogo da Renzo Guasco. Vi ritroviamo il vigore segnico, l'energica dialettica chiaroscurale, il contrappunto di violenza e finezza, la sfrenata fantasia formale, che caratterizzarono l'astrattismo espressionistico di Pinot Gallizio. Sembra probabile, avverte Guasco, una sua grande rievocazione entro quest'anno, nella Galleria Civica torinese. Sarà, se mai, un omaggio doveroso; ma si dovrà tener conto, nel riportarlo affettuosamente al pubblico, che sul pittore prevale l'indimenticabile «personaggio». ★ * Ecco una mostra tutta di quadri dipinti con l'aerografo («areografo» è grafia errata), autore Filippo Scroppo, docente nell'Accademia Albertina di Torino (galleria «3 A», via Accademia Albertina 3). Banditi dunque pennelli, spatola, tavolozza dallo strumento a spruzzo di colori liquidi usato dai verniciatori di metalli, dai carrozzieri d'automobili. Il versatile, intelligente, studioso pittore si mantiene sempre nell'ambito della sua poetica, ch'è la poetica dell'immaginazione astratta; ma in questi ultimi bellissimi saggi essa si compendia, per così dire, in una forma iterata con poche varianti: quasi un modulo, un emblema d'un sistema linguistico cui Scroppo ha affidato la comunicazione della propria interiorità nella quale s'addensano, con una passione forse più gioiosa che tormentosa, problemi estetici, spirituali, morali. Una forma levitante, ectoplasmatica, che vuole esprimere, egli dice, «questo misterioso mondo che ci circonda, e si dilata e s'avvolge, s'accartoccia e si distende in un incessante gioco, alato, volante, di giustapposizioni e sovrapposizioni. Ma nel colore soffuso con modulazioni impercettibili, con luci che affiorano «attraverso veli di differente tessitura» come osserva il professor Giovanni Romano nella sottile analisi di questa pittura, sta l'attrattiva maggiore della mostra centrata in un'imponente tela. Evocazione 1971, d'un effetto ottico eccitante. * * Come corollario della mostra «Gustav Klimt e Vienna 1900» («I Portici», via Pietro Micca 10) di cui parlammo la settimana scorsa, si pone questa dedicata a «La scuola viennese» dalla galleria «Viotti» (via Viotti 8). In chiave di surrealismo siinto talvolta a un erotismi arenato, queste opere grafiche d'una trentina di autori tra i quali spiccano artisti notissimi anche a Torino, ed importanti, come Fuchs, Hausner, Hutter.Lehmden, Leherb (vedere su di lui il sontuoso volume pubblicato da «Arcade», Parigi-Bruxelles, 1973), possono essere considerate una lontanissima filiazione d'un gusto instaurato più di settantanni fa dalla Wiener Sezession capeggiata da Klimt. , mar. ber.