Un piano di 1000 miliardi in Sardegna per lo sviluppo sociale ed economico di Filiberto Dani

Un piano di 1000 miliardi in Sardegna per lo sviluppo sociale ed economico Disegno di legge dei partiti democratici al Senato Un piano di 1000 miliardi in Sardegna per lo sviluppo sociale ed economico Previsti in quindici anni investimenti soprattutto per agricoltura e pastorizia - II progetto è stato preparato dalla commissione parlamentare che ha indagato sulla criminalità nell'Isola (Dal nostro inviato speciale) Cagliari, 4 febbraio. L'economia della Sardegna langue, la crisi che la travaglia è accentuata dal difficile momento che l'intero Paese attraversa, ma le preoccupazioni più vive dei sardi riguardano il futuro. Se ne discute apertamente in ogni zo¬ na dell'opinione pubblica perché l'avvenire della Sardegna è legato alle scelte di oggi. Il «piano di rinascita» varato nel 1968 (450 miliardi di lire da spendere nell-'isola in un certo numero di anni) non ha raggiunto i risultati sperati, il numero dei disoccupati è aumentato, l'emorragia migrato- ria non è cessata, il banditismo ha denunciato in questi ultimi tempi nuovi segni di recrudescenza, il problema della pastorizia è rimasto a livello di tavole rotonde. E' tuttavia un fatto incontestabile che, in questo sconfortante quadro, l'importanza di impostare i problemi in una visione anticipata delle esigenze future è avvertita da tutte le classi sociali. Il motivo è presto spiegato: al Senato c'è un disegno di legge, il 509, che prevede per la Sardegna un investimento di mille miliardi di lire in quindici anni. Di questa concordanza di interesse si è parlato oggi al Consiglio regionale riunito a Cagliari in seduta solenne per attestare pubblicamente la riconoscenza della Sardegna nei confronti della Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni di criminalità dell'isola. E' appunto dal lavoro di questa commissione, presieduta dal senatore Giuseppe Medici, che è scaturito il disegno di legge 509, presentato al Senato dai capigruppo di tutti i partiti dell'arco costituzionale rappresentati nell'assemblea sarda, con il dichiarato proposito di «modificare le condizioni economiche e sociali dell'isola a cominciare dal suo assetto agro-pastorale». Per esaurire il complesso argomento, i trentun parlamentari della commissione (cui il Consiglio regionale ha oggi donato una medaglia d'oro appositamente coniata) hanno lavorato sodo per più di due anni e mezzo. La relazione, 150 pagine dattiloscritte, fonda l'impianto generale dell'inchiesta proprio sul problema agricolo-pastorale, che è il problema centrale della situazione all'interno della Sardegna. Esso, infatti, ha implicazioni importantissime, nell'arretratezza delle strutture sociali, nella condizione culturale e psicologica, nei rapporti con la nuova società proto-industriale, nelle suggestioni esercitate dalla società dei consumi, nella mancanza di servizi civili, nel dramma dell'emigrazione in massa, nelle contraddizioni prodotte dai processi di massificazione, nella disoccupazione, nella trasmigrazione interna, nella carenza di mezzi educativi, nella programmazione delle spinte all'industrializzazione. «Il banditismo sardo — scrivono i parlamentari — è un fatto che dura da secoli; esso è strettamente legato alla struttura sociale dell'isola». Nella relazione si sottolinea che il magliaio di famiglie pastorali, che si sono trasferite sul continente con i loro greggi, non hanno commesso reati qualificanti. Si deduce, quindi, che, sfruttando una trasformazione dell'ambiente economico e sociale del costume, si potranno neutralizzare, in gran parte, i fattori che contribuiscono a favorire o a determinare la tipica criminalità isolana. Proprio partendo da queste premesse, il Consiglio regionale sardo ha approvato a maggioranza un ordine del giorno, oggi illustrato in aula ai parlamentari che hanno fatto parte della Commissio- ne d'inchiesta. Il documento, che giovedì prossimo sarà ufficialmente consegnato al presidente del Senato, fa voti affinché il Parlamento, nell'ap- provare la legge 509, «confermi la priorità della riforma dell'assetto agro-pastorale fondata sulla formazione di un'ampia base terriera pubblica». Non è tutto. Il Consiglio regionale chiede inoltre «forti incrementi negli investimenti in agricoltura», «un maggior impegno nel favorire la diffusione della piccola industria e nella valorizzazione delle risorse minerarie isolane», ed insiste sulla esigenza di realizzare «complessi integrati di servizi civili per lo sviluppo urbano». C'è, infine, un richiamo al governo concretizzato in una precisa istanza: che la Sardegna e le altre Regioni meridionali «partecipino all'elaborazione di un programma per il Sud delle Partecipazioni Statali», che «siano meglio coordinati gli interventi statali e regionali, rispettando l'autonomia della Sardegna sulla base del suo statuto speciale». Come dire, insomma, che dovrà essere riconosciuta alla Sardegna la piena responsabilità di attuazione della legge 509. La legge 509 avrà sorte migliore? L'interrogativo riflette la preoccupazione dei sardi, essendo in gioco il futuro dell'isola, oggi aggravato di pesanti ombre. Non va dimenticato che molti e contrastanti interessi soffiano sul fuoco delle inquietudini in vista del prossimo 16 giugno, giorno in cui l'elettorato sardo sarà chiamato alle urne per il rinnovo del Consiglio regionale. Filiberto Dani

Persone citate: Giuseppe Medici, Isola