La giunta smentirà le accuse di voler distruggere Venezia? di Alvise Zorzi

La giunta smentirà le accuse di voler distruggere Venezia? La giunta smentirà le accuse di voler distruggere Venezia? Secondo il "Sunday Times" gli amministratori avrebbero elaborato un piano che supera in gravità un micidiale progetto varato nel 1887 dal conte Dante Serego Allighierì - Una vasta zona urbana demolita e ricostruita "ex novo" - Una speculazione edilizia su larga scala? Dunque è vero: mentre il mondo si commuove sulla sorte di Venezia, mentre in Italia si approvano leggi e all'estero si moltiplicano i comitati prò Venezia, a Venezia c'è già chi ha elaborato un progetto per distruggerla. Non si tratta, questa volta, di congiunture naturali, di concomitanze fortuite tra venti e maree come quella che determinò la terrificante alluvione del 4 novembre 1966, non di sismi improvvisi come quello che distrusse, poco dopo il 1000, l'antica capitale di Malamocco; nemmeno di dissesti provocati dall'industria con le sue esalazioni pestifere, con la mungitura delle acque sotterranee, con l'imbonimento dei terreni e dei bassifondi lagunari, con tutte le altre insidie quotidianamente messe in opera ai danni della città e della laguna. Si tratta proprio della deliberata volontà degli uomini, anzi, proprio di coloro che presumono di rappresentare legalmente Venezia. Si tratta, cioè, secondo l'autorevole settimanale inglese Sunday Times, della giunta municipale veneziana, la quale, in silenzio, senza dir nulla a nessuno, avrebbe elaborato un piano che supera in gravità persino il micidiale progetto varato nel 1887 dalla giunta presieduta dal conte Dante di Serego Alli- ghieri, progetto che fu in parte bloccato da un coraggioso intervento dello storico Pompeo Molmenti, con lo strascico di furibonde polemiche. Quel progetto prevedeva quarantuno interventi nel corpo della città: rettifiche e allargamenti di calli, demolizioni di fabbricati, apertura di nuove strade. Sui quarantuno progettati, soltanto sedici di codesti sconsiderati interventi poterono essere realizzati, eppure le ferite rimangono ancora evidenti nel connubio urbanistico di Venezia, accanto a quelle scavate negli anni dal 1866 in poi da un malinteso orgoglio civico che voleva strade larghe, passeggiate e boulevard in una città che non ne aveva nessun bisogno. E già prima di allora era stato fatto ben di peggio: basti pensare alla vera e propria catastrofe artistica e urbanistica verificatasi nel periodo napoleonico, quando sparirono in pochi anni ben settanta chiese e un centinaio di palazzi, e più di venticinquemila opere d'arte furono disperse per il mondo. Tutto ciò giustificherebbe un rispetto geloso, una cura amorosa di quanto è sopravvissuto fino a noi. Invece, secondo il Sunday Times, non siamo ancora all'ultimo atto della depredazione. Il primo atto, infatti, dopo una generica petizione di principio sulla necessità di ripristinare i valori architettonici della città della quale ricanta le glorie, prevederebbe nientemeno che la demolizione di tutta una vasta zona urbana, destinata ad essere successivamente ricostruita ex novo, sulla base, scrive il Sunday Times, « di una legislazione così tollerante che l'aspetto secolare di Venezia ne uscirebbe totalmente alterato». Venezia sarebbe, dunque, divisa in due zone, la zona A, descritta come « area di valore storico e ambientale », che graviterebbe intorno a San Marco, e la zona B, che circonderebbe la zona A e sarebbe candidata alla demolizione. Sul vuoto che si creerebbe nella zona B si costruirebbero edifici nuovi, la cui altezza verrebbe limitata a sei piani; quanto alla zona A, il progetto, sempre secondo il Sunday Times, prevederebbe interventi volutamente fumosi e generici, come, per esempio, la demolizione di quegli edifici storici che non si integrassero armoniosamente nel paesaggio, o risultassero « stonati » rispetto agli altri. Oltre, naturalmente, ai « risanamenti » ed ai « miglioramenti » con i quali le varie amministrazioni comunali hanno sempre, di regola, giustificato le distruzioni massicce e gli sventramenti. 11 Sunday Times vede in tutto ciò la minaccia di una speculazione edilizia su larga scala, che vorrebbe espellere dal centro storico gli abitanti attuali per favorirvi insediamenti privilegiati. A parte questa ipotesi, c'è già di che essere spaventati, anzi spaventatissimi. Troppa parte di Venezia è già andata perduta perché ci si possa permettere il lusso di altre perdite; e qui si parla di manomettere la città nel suo in sieme, di sconvolgerla dalle fon damenta, di farne, in poche parole, un'altra cosa. Dalla caduta della Repubblica Veneta in poi, il passato ci ha trasmesso, oltre alle devastazioni effettivamente realizzate, innumerevoli piani e progetti così cervellotici che nemmeno in tempi meno corrivi dei nostri si trovò chi se la sentisse di realizzarli; dalla strada carrozzabile sopraelevata su colonne di ghisa che avrebbe dovuto svilupparsi da San Marco all'isola di Sant'Elena fino alla trasformazione del Canal Grande in strada automobilistica. Fa specie che gran parte dei progetti più folli, realizzati e non realizzati, sia nata proprio a Venezia, o comunque in Italia, e che italiani siano stati anche i ministri e funzionari napoleonici che demolirono le famose settanta chiese e sperperarono i famosi venticinquemila quadri. E' vero che, allora e oggi, molti veneziani e italiani si sono opposti e si oppongono con coraggio ad altre mostruose avventure; ma questa sorta di delirio di autodistruzione ha veramente dell'incredibile. Ci resta da sperare che le autorità veneziane smentiscano, subito e chiaramente, non a mezza bocca, ma a voce spiegata. E che queste nuove farneticazioni possano essere archiviate, anche se il Suuday Times afferma di essere in possesso di elementi sui quali l'equivoco appare, purtroppo, difficile. Alvise Zorzi

Persone citate: Alli, Pompeo Molmenti, Sunday Times