La pace russa a Praga di Ennio Caretto

La pace russa a Praga INCHIESTA SULL'ALTRO COMUNISMO: CECOSLOVACCHIA La pace russa a Praga Dieci divisioni sovietiche, l'epurazione massiccia del partito, il conformismo imposto agl'intellettuali hanno tolto ai cechi illusioni e speranze della "primavera" del '68 - Husak. premuto dai fanatici, tenta di alleggerire almeno il malessere economico (Dal nostro inviato speciale) Praga, febbraio. Un'emozione crescente, una curiosità apprensiva accompagnano chi visita oggi la Cecoslovacchia. Invano si cercano gli ultimi segni della « primavera » del 1968. Il regime ha asportato le spoglie di Jan Palach dal grande cimitero della Vinohradska; nessuno più, depone fiori dove i giovani morirono contro le truppe d'invasione; nelle edicole si trovano solo i giornali di partito; e la sera brillano le stelle rosse su Piazza Venceslao, un tempo centro dei fermenti autonomisti e libertari. Si vedono molti soldati e poliziotti, la gente tace, evita discussioni e assembramenti. Ogni sosta, ogni incontro pongono al visitatore interrogativi nuovi. Che ne è del « socialismo dal volto umano » e dei suoi protagonisti? E' stata definitivamente stroncata la spinta creativa che sei anni fa restituì al Paese la sua dimensione democratica e civile? Che bilancio si può trarre dalla presenza di dieci divisioni russe e dalla leadership di Husak, che ipotesi avanzare per l'avvenire? Sono giunto a Praga la mattina presto, e all'aeroporto mi hanno fatto aspettare un quarto d'ora per accertamenti. La città, ammantata di neve, mi è sembrata tanto bella quanto triste, di un'immobilità irreale. Tra il mio arrivo e le prime interviste ufficiali sono trascorsi alcuni giorni: il regime accoglie di nuovo i giornalisti « borghesi », ma impone limiti severi. Ho conosciuto epurati e dissidenti: i biglietti da visita recano ancora il titolo, ma essi lavorano come commessi o manovali. I leaders caduti C'è in Cecoslovacchia « un conformismo peggiore di quello degli armi di Novotny », mi dice un ex membro del partito di cui mi sono impegnato a tenere nascosto il nome. « Al confronto aperto delle idee del 1968 è subentrato il linguaggio liturgico sovietico, le riforme allora previste sono state abbandonate, appaiono snaturati o esautorati i consigli operai ». La nazione che sei anni fa doveva creare un altro comunismo è regredita politicamente e culturalmente, ferita nei suoi valori e nelle sue tradizioni. I più hanno l'impressione di essere alienati. Mentre prima s'entusiasmavano dei progetti di « mercato socialista » e di collegamento tra sindacati, intellighenzia e unioni studentesche, adesso indulgono in fantasticherie sulla macchina e in altre forme di evasione. Il trauma gli ha distrutto financo la gaiezza e l'umorismo: sono scialbi gli spettacoli, la musica, i ristoranti. Essi attendono non si sa che cosa. Affiorano talvolta disperazione e ira poi hanno il sopravvento i problemi quotidiani. Degli artefici della « primavera » si sa poco o nulla. Dubcek è impiegato a Bratislava nell'ufficio dei giardini comunali, a 110 mila lire al mese; Cernik dirige una fabbrica a Ostrava e sembra che se la cavi meglio; Smrkovski, il tribuno, il più odiato dal Cremlino, è morto il mese scorso di cancro, in solitudine. L'ex segretario del partito di Brno, Sabato, e l'ex ideologo Hubl sono in carcere. Altri « vennero scomunicati per l'eternità », e se ne son perse le tracce, come dichiarò il ministro Valek di Kafka nel '63. Continua la repressione intellettuale. A Pavel Kohout hanno tolto il passaporto, l'appartamento e la biblioteca. Come Solgenitzin, Mìlan Kuldera è costretto a pubblicare all'estero i romanzi. Sono scomparse dalle librerie le opere di 300 tra scrittori, storici e filosofi, i documenti ufficiali del pc del 1968, e persino Marx e Lenin, quando le prefazioni erano sospette. Gli studenti sgraditi sono stati espulsi dalle università e da Praga. C'è anche uno Sacharov cecoslovacco, il fisico Frantisek Janouch. « Eravamo un popolo felice, commenta il mio interlocutore. Avevamo ritrovato la passione, la speranza. La "primavera" fu un moto popolare, scaturiva dalla nostra eredità europea, rappresentava il prevalere della ragione sulla forza. Ricorda i consensi che suscitò anche fuori dal Paese? ». Ricordo. Ero a Mosca, la Pravda ne denunciava il « deviazionismo e l'« anarchismo », i leaders del Cremlino si consultavano freneticamente, ma molti russi si auguravano che Dubcek e i suoi compagni vincessero la battaglia. Su questi eventi è stato steso un velo di finzioni. Parlo con Josef Plohjar, deputato, già. ministro della Sanità. Plohjar era un prete, poi spretato, ha aderito al regime dopo la misteriosa morte di Masaryk nel dopoguerra. « Quella del '68, afferma, fu una congiura contro il potere socialista e l'alleanza coi sovietici. I carri armati vennero al soccorso su richiesta della maggioranza dei cecoslovacchi. Senza di loro, saremmo finiti come in Cile, o dilaniati da un conflitto fratricida ». La verità ufficiale Jaroslav Korinek ribadisce la « verità » ufficiale. Korinek è l'anziano vicedirettore di Rude Pravo, un portavoce dell'occupazione. « Sì, qualcuno aderì alla demagogia e all'incantesimo delle promesse di opulenza di Ota Sik, sostiene. Ma il Paese sfiorò la bancarotta... Oggi abbiamo compiuto progressi enormi. Perché non scrivete che qui la gente guadagna onestamente i soldi ed è contenta, che la maggioranza, come i miei due figli, ha capito che si trattò di una controrivoluzione? ». E' di questa condizione di abulia e dogmi che Gustav Husak parla quando allude ai « cieli puliti » di Praga. « In cinque brevi anni, ha dichiarato, il partito è riuscito a portare la società ai tranquilli, direi assolati giorni odierni, in cui possiamo esaminare i problemi concreti senza l'incubo di ciò che accadrà domani, né di scoprire contro quali forze dovremo combattere ». Husak ritiene concluso il processo di consolidamento della «pace russa» e forse vorrebbe che lo si dimenticasse. « Ma com'è possibile? »mi chiede l'ex membro del partito. «Su 1 milione 671 mila nostri iscritti, ne sono stati "purgati" 450 mi¬ la tra il '69 e il '71. Sono state sciolte le associazioni degli scrittori e degli artisti. Metà dei giornalisti sono stati licenziati. Alle elezioni del 1971 furono eseguiti arresti in massa tra i fautori dell'astensione dal voto per protesta. A metà del '72 si celebrarono processi politici simili a quello di un ventennio prima, con condanne da uno a sei anni di prigione ». In realtà i cecoslovaccchi non dimenticheranno mai « il Biafra dello spirito », come Antonin Lìehm ha chiamato dall'esilio questo oscuro periodo di delusione e di sgomento. Essi hanno scelto la via del bravo soldato Svejk di Hazek, « che riconosce la logica grottesca della propria situazione, vi si adatta, vi entra dentro, la porta all'assurdo e alla fine sopravvive». Ma non hanno rinunciato ai sogni, al rinascimento nazionale che per alcune settimane trasformò Praga in una nuova caput mundi. Vi sono segni nella direzione del partito che Gustav Husak e alcuni altri hanno preso coscienza dello stato d'animo dei cecoslovacchi. \ « Come il Cremlino, sanno che un popolo non essi i può essere oppresso indefinitamente, dice il mìo interlocutore. Altrimenti un'altra generazione di giovani salterà con le bottiglie "Molotov " sui carri armati, come fece quella del 1968 ». Forse anche la sommossa polacca del 70 ha indotto i leaders alla riflessione. Essi si trovano in un labirinto di cui è difficile scorgere l'uscita. Da qualche mese, la strategia di Husak è possibilista. Egli ha costretto al ritiro uno dei responsabili della polizia segreta, il generale Molnar, il grande inquisitore Jakes e l'estremista Haulbert. Ha scarcerato l'ex segretario del partito della Moravia, Cerny, e il ribelle Lederer. Ha consultato su una possibile collaborazione i vecchi oppositori Mylnar, Cisar e Spacek. Ha compiuto aperture all'estero, recandosi da Tito in Jugoslavia, e ricevendo a Praga il cancelliere tedesco, Brandt. Contro il pei In questo cauto tentativo di riconciliazione nazionale, Husak ha optato per lo strumento del benessere. In Cecoslovacchia manca la libertà, ma abbondano i beni di consumo nei negozi. Non è stata cancellata la lista di proscrizione di circa 10 mila « sovversivi », ma si concedono prestiti e si danno premi a chi mette su famiglia. Si denunciano la Romania e il pc italiano, ma s'importano sigarette e liquori dall'Occidente. Si cerca di alleviare la tragedia con la sicurezza materiale. Husak conosce gli orrori della repressione (fu imprigionato per dieci anni, ai tempi di Gottwald, Slansky e London). Ma il disgelo viene ostacolato dai dogmatici. Bilak, l'uomo dell'intervento delle truppe russe, è stato categorico. « S'illudono coloro che sperano nei miglioramenti internazionali per un ritorno degli opportunisti di destra in Cecoslovacchia, ha dichiarato. La linea del XIV congresso del partito, di condanna dell'anticomunismo, sarà applicata senza concessioni ». Husak è inoltre danneggiato dal dissanguamento della classe dirigente dopo il 1968. Per colmare i quadri, egli si è rivolto ai giovani massimalisti del partito, che oggi coprono oltre il 30 per cento dei posti di potere ed essi non paiono disposti a compromessi. Forse Husak vorrebbe imitare l'opera di Kadar in Ungheria o di Gierek in Polonia. Ma la sua posizione è più debole, la situazione in Cecoslovacchia più complessa. La schiarita all'orizzonte potrebbe esse re soltanto temporanea. Ennio Caretto Bratislava. L'ex "leader" cecoslovacco Alexander Dubcek si reca nell'ufficio dei giardini comunali, dove lavora come impiegato (Telefoto Upi)