Petrolio: spericolate azioni tra Società e uomini politici

Petrolio: spericolate azioni tra Società e uomini politici Gli aspetti inquietanti del nuovo scandalo Petrolio: spericolate azioni tra Società e uomini politici Il presidente della Esso, Sala, ha detto: "Non sono le compagnie che finanziano i partiti, ma i partiti che sono finanziati dalle compagnie" (le elargizioni da parte delle Società petrolifere venivano richieste?) - L'anonima confessione d'un personaggio del "potere petrolifero" - Perché le raffinerie hanno la meglio sull'ecologia (Nostro servizio particolare) Genova, 4 febbraio. «Non è esatto affermare che le compagnie petrolifere finanziano i partiti. Sarebbe meglio dire che i partiti sono finanziati dalle compagnie», ha detto l'altro giorno il presidente della «Esso», Sala, facendo capire ad alcuni giornalisti che le elargizioni venivano richieste. Il meccanismo e le responsabilità della corruzione esercitata dai petrolieri verrebbero così ribaltati, indicando all'indignazione generale tutti ì partiti e questo governo in particolare. In realtà da molti anni l'intero settore energetico, e non soltanto in Italia, è teatro di manovre, a dir poco spericolate, svolte seguendo canali tipicamente nostrani. Nell'estate 1973 incontrai a Roma un personaggio del «potere petrolifero» che sembrava lieto di dire cose scottanti sulla moltiplicazione delle raffinerie in Italia. C'era stato il ricatto dei cartelli «benzina esaurita» e si parlava di un primo aumento del prezzo di vendita al pubblico. Quel personaggio, che devo lasciare anonimo, esordì ad dossando ai partiti ogni colpa: «Si tratta di arrivare a un accordo sulla tangente per litro che dovremo versare ad alcuni gruppi o correnti». Con una certa astuzia voleva far credere: «Noi siamo onesti, ma veniamo costretti a usare l'arma della corruzione per poter lavorare e gua dagnare». Il colloquio era stato per nove decimi una confessione lunghissima, fatta con intenti precisi quanto dissimulati, con un abile dosaggio di dettagli e di reticenze, di accuse accompagnate da nomi, ma non documentabili e perciò non pubblicabili. Le fortune di alcuni petrolieri venivano illuminate con tocchi romanzeschi. Mi aveva raccontato: «In Italia tutto è controllato in modo ferreo. Il prezzo del carburante è fissato dal Cip, cioè dal governo. Per esportare i prodotti raffinati occorre l'autorizzazione del governo. Per costruire o ampliare una raffineria si deve avere il consenso del ministero dell'Industria, di comitati speciali, delle Regioni e dei Comuni. Tutto perfetto, o quasi, se funzionasse nel senso giusto. Ma il sistema ha le sue smagliature, e noi le utilizziamo pagando un certo pedaggio». Mi occupavo allora della lotta di «Italia Nostra» contro la proliferazione di raffinerie e di attracchi per petroliere lungo le nostre coste. Una battaglia motivata dall'ecologia, ingaggiata da almeno dieci anni e segnata da sconfitte dovute a misteriosi colpi di mano. Nel 1969 l'allora ministro Andreotti aveva autorizzato un campo di boe e un oleodotto marino nella Baia di Gaeta, ignorando ogni opposizione al progetto della società appartenente a Paul Getty. Poi, nel '71, la licenza (passata al gruppo Monti) era stala sospesa e tre mesi dopo le prime boe per navi cisterna galleggiavano nelle acque di Gaeta. Il «personaggio misterioso» mi spiegò: «In questo Paese non si hanno grandi preoccupazioni per la scelta delle località né per il nume ro delle raffinerie, contrariamente a quanto avviene in tutta Europa. Basta trovare il canale giusto, pagare una grossa somma ad alcune persone, e si può impiantare un campo-boe a Capri, una raffineria nel centro di Roma. In barba alle decisioni del governo e del Parlamento». Esagerazioni polemiche, d'accordo. Però, con l'uso sapiente della corruzione di alcuni uomini-chiave (che il mio informatore non identificò mai con ministri o altissime personalità politiche) si spiegherebbe un fatto denunciato inutilmente da anni: abbiamo più raffinerie e più attracchi per navi cisterna di qualsiasi Paese del mondo, in rapporto al numero degli abitanti. Fino a tutto il 1972 vennero concessi pareri favorevoli per una capacità di raffinazione di 261 milioni di tonnellate l'anno, e il consumo interno è di 96 milioni, compresi i rifornimenti a navi e aerei. Sporchiamo mare e cielo, devastiamo il territorio per fornire ad altri il prodotto pulito, con l'aggiunta di sovvenzioni per gli impianti nel Mezzogiorno. L'attuale gover¬ no si è impegnato a varare un «piano» del settore, dopo aver verificato i consumi e i fabbisogni. Ma in passato il «Bengodi del petrolio» ha assunto proporzioni inspiegabili, con contraddizioni misteriose. Certi impianti lavorano al 70 per cento della capacità, altri al di sopra della capacità autorizzata. C'è di più. Il mio informatore anonimo raccontava: «Alcune compagnie, per non sporcarsi le mani, hanno spinto avanti due o tre personaggi più intraprendenti, capaci di manovrare, pagare e ottenere. Gente abilissima nel corrompere le persone adatte, anche nel compiere acrobazie per far uscire dagli impianti di raffinazione il carburante destinato all'estero, fuori dogana, e venderlo sul mercato nazionale. Ma è roba di tempi lontani. Oggi c'è un altro sistema. Si ottengono enormi incentivi per impianti petrolchimici che richiedono nuove raffinerie. E si continua a far credere, con la compiacenza di qualche tecnico, che nel processo di raffinazione si perde il 6 per cento del greggio. Una misura stabilita nel 1939. Negli impianti moderni la perdita di lavorazione è di gran lunga inferiore. Su 130 milioni di tonnellate raffinati in un anno per l'interno e per l'estero, una differenza del 2 o 3 per cento può dare grossi guadagni ». Si parla anche di manipolazione delle statistiche sugli arrivi e sulle disponibilità di petrolio, ad opera dell'Unione petrolifera (soltanto a Genova nel '73 furono sbarcate 40 milioni 470 mila tonnellate di greggio, con un aumento del 6,7 per cento rispetto al '72). Gli accusati reagiscono dicendo: «Se c'è stata la manipolazione, tutti siamo coinvolti, perché il controllo era facile attraverso la Finanza ». Lasciamo da parte i trucchi con cui si può aggirare la sorveglianza: per ora è impossibile averne le prove. E' più importante ricordare che l'orchestrazione della « crisi petrolifera» venne fatta a novembre su scala internazionale. Sarebbe da ingenui addossare a qualche nostro governante la responsabilità di un fenomeno che si estese in pochi giorni dalla Gran Bretagna alla Svezia, dalla Francia al Giappone. Mario Fazio

Persone citate: Andreotti, Mario Fazio, Paul Getty