Referendum che rumore

Referendum che rumore FAMIGLIA E DIVORZIO Referendum che rumore Se il giorno del referendum sarò in piedi (e non avrò avuto nel frattempo una di quelle folgorazioni com'ebbe San Paolo sulla via di Damasco) voterò per il mantenimento della legge sul divorzio: che potrà poi venire migliorata, ma che penso debba restare. Soggiungo però subito che se l'indomani apprenderò dai giornali che il referendum ha portato all'abrogazione, non me ne accorerò; ritenendo che mantenimento od abrogazione non tocchino né le possibili combinazioni di partiti per il governo, né il costume italiano. Non le prime, perché ormai i partiti sono come i grandi gruppi finanziari, dove il sentimento, le avversioni o simpatie personali, contano poco, ma è l'interesse che domina; negli accordi dei gruppi il guadagno, in quelli dei partiti la conquista o la conservazione del potere. Divorzisti ed antidivorzisti non formano masse compatte come i metalmeccanici od i ferrovieri; non ostacoleranno combinazioni di partiti, appena sfumata la breve accensione per il referendum. Ma non è neppure in gioco il costume o la compattezza della società italiana. E qui avrei qualcosa a dire. Non sto a ripetere né quel ch'è stato scritto sul moderato uso dell'istituto da parte degli italiani in questi tre anni, né quanto così bene ha detto Alessandro Passerin intorno ai cattolici. Invece non posso porre in dubbio la parola di uomini come Andreotti, Cotta, Lombardi, quando affermano di non parlare come cattolici ma come cittadini, di non volere il divorzio neppure per gli atei. Sono uomini sicuramente sinceri (anche se ciascuno di noi, io per primo, sappia quanto possano sulla ragione i sentimenti, come una fede od un'avversione possano impedirci di giungere ad una conclusione cui la logica ci porterebbe). Ho ragione di ritenere che questi uomini vivano in una cerchia, come ancora ne esistono, dove la famiglia è pur oggi una realtà sana, giovani che si sposano credendo si debba avere una sola donna ed un solo uomo nella vita, ragazze che giungono pure al matrimonio, e poi genitori esemplari, capaci, che riescono ad allevare figli devoti che sentono fortissimo il legame familiare (ne esistono; quante volte ho ascoltato lagnanze di giovani mariti o giovani mogli perché il compagno è avvinto al vecchio vincolo della famiglia di origine con un filo ben più forte di quello costituito ora dal matrimonio?). E nessuno più di me è persuaso del bene insostituibile che è la buona famiglia; il migliore dei collegi, tenuto da santi uomini, né il kibbntz, né altro, può sostituire la buona, sana famiglia. Per questo ho ammirato i coniugi che hanno finto d'ignorare i grossi torti del compagno, i mariti che tornando dalla guerra trovarono un figlio che non poteva esser lo 10 ed accettarono e tacquero, per non spezzare la famiglia, quei coniugi che hanno rotto da anni ogni rapporto intimo, non sentono più nulla l'uno per l'altro, ma riescono dinanzi ai figli a simulare l'antico affetto, ad offrire ai ragazzi volti sereni e lieti, conversazioni cordiali. Ma gli egregi uomini che ho menzionato si chiedono quante siano queste famiglie esemplari, che piccola percentuale rappresentino nella società italiana? Prima ancora che dalla scomparsa del senso religioso, dalla ribellione ad ogni autorità, la famiglia è stata scossa da piccole cose: la grande città con le sue distanze, l'orario unico, la madre che lavora, il frigidaire, il gas. Quel che è il talamo per la vita coniugale era un tempo la mensa per la famiglia. A quelle date ore si accendeva il fuoco, c'era la minestra calda di cui tutti sentivano bisogno, c'era la tavola: i bambini apprendevano le ragioni di cruccio o di compiacimento dei genitori, le preoccupazioni economiche, le speranze, intuivano molte cose che poi avrebbero compreso appieno (c'era 11 anche un nocciolo sano di educazione sessuale), sentivano menzionare pregi e difetti di conoscenti; i genitori erano tenuti contemporaneamente al corrente delle liti dei ragazzi, dei loro studi, imparavano a valutarne il carattere. La famiglia era una entità omogenea per rapporti sociali, per preoccupazioni. Potevano completarla nonni o zii, che con i loro ricordi tessevano una trama col passato. Certo anche in quelle famiglie ci poteva essere il tarlo; conosco dei vecchi pieni an¬ cmllMl cora di rancore verso la memoria dei loro genitori, per le liti, le sfuriate con cui avvelenarono la loro adolescenza. Ma, a parte gli eccessi, anche la discussione, un qualche dissenso, sentire esporre diversi punti di vista, faceva della famiglia una scuola. Da quando gli orari sono diversi, ogni membro della famiglia rientra ad una diversa ora, si scalda qualcosa sul gas o più spesso cerca nel frigidaire, i ragazzi rivendicano presto la chiave di casa, la comunità familiare ha cominciato ad essere incrinata. L'ossessione antiautoritaria, l'altra ossessione sessuale, l'hanno sgominata. Non è soltanto nei film, ma nella realtà, che ragazzi parlano tranquillamente dell'amica del padre o dell'amico della madre. E la società? Il problema del divorzio era vero e reale quando, in ogni ambiente, anche popolano o contadino, il vivere come moglie senza essere moglie era avvilente, quando bastardo era nome infamante. Sicché comprendo, senza approvare e ritenendo poi utopistico, l'accanimento dei pochi che vorrebbero conservata la categoria dei figli adulterini, ripristinata la sanzione penale per l'adulterio (e perché non le più remote pene per i concubinari, anche di stato libero?). Le istanze di divorzio sono state poche; ma questo non significa purtroppo che la quasi totalità delle famiglie italiane è sana, ma che la libera unione, anche di persone legalmente coniugate, è talmente accettata dalla società, che non si sente il bisogno di passare davanti al giudice per farla suggellare. Sicché meglio comprendo quelli che parlano come cattolici, volendo che la legislazione civile non sia del tutto svincolata dal precetto religioso, che non quelli che ripetono ciò che laicisti e non cristiani (come il Polacco) scrivevano al tempo del progetto Zanardelli, in un ambiente sociale del tutto diverso. Per questo, forse forzando un po' la nota, sono tratto a dire: molto rumore per nulla. A. C. Jemolo

Persone citate: A. C. Jemolo, Alessandro Passerin, Andreotti, Cotta, Lombardi, Zanardelli

Luoghi citati: San Paolo