L'Iran non diminuirà il prezzo del petrolio di Igor Man

L'Iran non diminuirà il prezzo del petrolio H viaggio del ministro Moro in Medio Oriente L'Iran non diminuirà il prezzo del petrolio La dichiarazione del premier Hoveyda, ad una conferenza stampa, in polemica con l'Arabia Saudita - La Persia è il paese in più rapido sviluppo economico, grandi possibilità di cooperazione con l'Italia - "Necessario arrestare la spirale inflazionistica" (Dal nostro inviato speciale) Teheran, 31 gennaio. Conferenza stampa del primo ministro iraniano Hoveyda ai giornalisti italiani. Cinquantacinque anni, elegante, facondo, fumatore di pipa, Hoveyda ha parlato per mezz'ora buona ai giornalisti nello spirito della «filosofia» dello scià sulla decadenza del Paesi industrializzati. Lo scià ha adoperato un linguaggio sfumato, Hoveyda ha parlato senza mezzi termini, con la consapevolezza di essere il primo ministro d'un Paese che con un semplice telex di disdetta ha provocato la caduta del Gabinetto belga, colpevole di aver tergiversato sul progetto di una raffineria a capitale misto da costruirsi a Liegi. Traspariva dal discorso di Hoveyda anche la consapevolezza della posizione di forza raggiunta dall'Iran grazie alle «royalties». La Persia produce due miliardi di barili l'anno di greggio, ricavandone 16 miliardi di dollari. Colto, ricco di humour, ammiratore di D'Annunzio, Hoveyda è il tipico borghese persiano formatosi nelle Università europee. In carica dal 1965 egli interpreta da tecnocrate la politica dello scià, la sua filosofia dello sviluppo interno e dei rapporti tra Paesi produttori di petrolio e Paesi consumatori. A una nostra domanda ha esordito con l'affermare che l'Iran non ha alcuna intenzione di abbassare il prezzo del petrolio. Yamani, ministro del petrolio dell'Arabia Saudita, ha dichiarato in Giappone che re Feisal è propenso a ribassare il prezzo del greggio. «Yamani — ha detto il primo ministro — parla per se stesso. L'Opec ha fissato il prezzo del petrolio e ì suoi memori sì uniformano a questa decisione». Le dichiarazioni fatte ai giornalisti hanno riecheggiato in sostanza l'argomento dei colloqui che Moro ha avuto con il primo ministro, col ministro degli Esteri, e con il capo della compagnia iraniana del petrolio. Il problema-petrolio, secondo Hoveyda, va impostato ex novo. Il petrolio, egli ha detto, è un «prodotto nobile» che prima o poi si esaurirà. Questa preziosa energia non dovrà più essere utilizzata per il riscaldamento e per i trasporti, ma in funzione dello sviluppo dell'industria petrolchimica. Il costo del petrolio «obbedisce alla legge della domanda e dell'offerta». Se i Paesi industrialiZ' zati sono assetati di petrolio non possono che acquistarlo al prezzo di mercato. Si sono levati alti lamenti nel mondo dopo l'aumento del prezzo del greggio; anche il prezzo di molte indispensa bili materie prime che i Paesi produttori importano è cresciuto vertiginosamente: quello del grano, che Hoveyda ha definito il «petrolio dello stomaco», si è triplicato. Ma nessuno ha battuto ciglio. «In Europa voi dite che i vostri prodotti obbediscono alla legge di mercato. Perché allora non accettate che il petrolio segua la stessa lepge?». Partendo da queste premesse, Hoveyda arriva a conclusioni persino ovvie: se tutto aumenta, dice, e la colpa risale al vostro sistema monetario che non riuscite a riordinare, esportando l'inflazione, è normale che anche il petrolio cada nella spirale dei prezzi alti. Secondo Hoveyda, ogni tentativo di spezzare il fronte petrolifero andrà a vuoto. La Persia continuerà a praticare i suoi prezzi, che sono poi quelli fissati dall'Opec; gli altri produttori non potranno non comportarsi in e guai maniera se non vogliono sacrificare i loro interessi. L'Iran non intende danneggiare né l'Europa né l'America ma impostare nuovi piani di sviluppo e di cooperazione Bisogna tener presente la realtà. Anche in campo petrolifero, afferma Hoveyda, il colonialismo è tramontato. E qui il primo ministro ha citato un episodio, ad esemplificazione della sua «dottrina». A Parigi, quando venne annunciato il primo aumento del petrolio, un sindacalista gli obiettò che la decisione avrebbe comportato ulteriori sacrifici per i lavoratori francesi. Replica di Hoveyda: «Ma non pensate che gli operai iraniani ne trarranno notevoli benefici? ». L'Iran segue una «politica nazionale indipendente» ma rifugge dal nazionalismo. E' aperto a una politica di cooperazione; un primo esempio, ha voluto ricordare, è proprio venuto dall'Italia che attraverso l'Eni, con Mattei, ruppe negli Anni Cinquanta l'oligarchia delle grandi compagnie, consentendo alla Persia di divenire arbitra delle sue ricchezze naturali. Le prospettive di collaborare con l'Italia sono buone. Vi strstmgvcuscbidcunrOdvcstpdqctdd sono varie ipotesi di progetti, tra cui il gasdotto che dall'Iran dovrebbe giungere a Trieste, avanzate dall'Eni e da altre compagnie italiane. «Siamo un po' compagni di viaggio ma la cooperazione è una via a doppio senso». Occorre che gli occidentali mettano un po' d'ordine nelle loro cose «prendendo il toro per le corna». Le soluzioni ci sono, bisogna trovarle superando interessi particolari. Il costo della vita in Iran aumenterà quest'anno dall'8 al 10 per cento; dal 6 ali'8 per cento è un'inflazione /importata. « jB' nell'interesse comune arrestare la spirale inflazionistica. Occorre lavorare di più, produrre di più». Il signor Hoveyda non lo dice ma lascia capire che sarebbe opportuno seguire l'esempio dell'Iran. Con orgoglio afferma infatti ohe il suo è un Paese in rapidissimo sviluppo. Il tasso di crescita a prezzi costanti quest'anno sarà del 40 per cento. «Non si è mai registrato nulla di simile nella storia dell'economia». Il reddito medio prò capite è ora di 850 dollari l'anno, nel 1975 toccherà i 1200, raggiungendo quello delle nazioni più sviluppate e progredite, superando l'Inghilterra. Le possibilità di investimento in Iran sono enormi e ne esistono le premesse: «Stabilità politica, un popolo lavoratore, numerose risorse naturali». Recentemente è stato rinvenuto un grande giacimento di rame che ha già reso 700 milioni di dollari, ma l'Iran è ancora tutto da scoprire geologicamente. Il problema della Persia non è, come per gli altri Paesi del Golfo, quello di investire all'estero i proventi del petrolio ma di investirli all'interno per attingere alla definizione di Paese industriale. L'Iran ha grandi ambizioni: «Nello spazio di una generazione saremo sul livello delle cinque grandi potenze». Ogni ipotesi di cooperazione economica va dunque vista in questo quadro. Ancora per quanto riguarda l'Italia, l'I¬ ran è interessato a joint ventures nel settore del petrolio e del gas naturale. Dei progetti in cantiere Moro ha parlato con il signor Eghbal, capo della compagnia iraniana del petrolio. «Non abbiamo bisogno di capitali ma di tecnologia» ha detto Hoveyda. L'Italia è stata la prima a puntare sull'Iran, come ha ricordato il primo ministro, ma non è forse stata capace di sfruttare una posizione di privilegio. Moro sarebbe riuscito a sbloccare il negoziato per la costruzione del gasdotto dell'Eni ma c'è da dire che altri Paesi stanno bruciando le tappe. Il 25 gennaio l'Inghilterra e l'Iran hanno firmato un accordo in forza del quale la prima riceverà, quest'anno, cinque milioni di tonnellate di petrolio in cambio di prodotti industriali. Trattative sono in piedi, sempre con l'Inghilterra, per la costruzione di impianti petrolchimici, analoghi negoziati-sono stati avviati con la Germania, il Giappone e la Francia. Igor Man

Persone citate: D'annunzio, Mattei, Yamani