Riarmo pazzesco

Riarmo pazzesco Il Terzo Mondo Riarmo pazzesco Il meccanismo di consultazione politica della Nato non sembra funzionare molto bene. Gli alleati europei si sono lamentati di aver saputo solo a cose fatte dell'allarme nucleare deciso dagli Usa per la situazione in Medio Oriente. Da tempo si sente parlare della necessità di « rilanciare » l'alleanza (la proposta di una « nuova Carta atlantica», avanzata da Kissinger, rispondeva a queste esigenze). Ma i comunicati finali sia del Consiglio dei ministri che del comitato per la Difesa non registrano progressi. Gli americani rilanciano la carta della loro superiorità tecnologica, e i sovietici si preoccupano, cercando di forzare l'andamento dei negoziati di Vienna (sulla riduzione delle forze in Europa Centrale) e di Ginevra (sul controllo delle forze strategiche). Vi sono molti segni di un irrigidimento sovietico, di una massimizzazione delle richieste, che sta praticamente paralizzando i negoziati con gli americani: i sovietici cercherebbero di sfruttare una loro attuale situazione di apparente superiorità (o almeno parità) nel numero degli armamenti per impedire agli americani di guadagnare nuovi punti di vantaggio. D'altra parte anche il segretario alla Difesa americano Schlesinger ha affermato di ritenere che le forze occidentali dispongano di un numero insufficiente di alternative strategiche, di fronte alla crescente pressione numerica sovietica: l'annuncio dei nuovi missili Marv e della individuazione di nuovi obiettivi in territorio sovietico (il Retargeting) risponderebbe a questa esigenza di guadagnare nuove opzioni e di limitare l'utilità del vantaggio numerico sovietico in fatto di missili intercontinentali (infatti, con le nuove armi, questi divengono vulnerabili, e quindi non sono più credibili come minaccia). Tutto ciò, ponendo nuovamente i russi in difficoltà, potrebbe iniziare una nuova corsa agli armamenti. La rinascita di una certa tensione al massimo livello, unita alle preoccupazioni per il petrolio e le materie prime, rilancia anche una corsa agli armamenti nel Terzo Mondo. Ormai le nazioni europee abbandonano con sempre maggior facilità i loro scrupoli e propongono armi un po' a tutti. Non sempre riescono a elaborare un piccolo capolavoro di diplomazia, come hanno fatto gli inglesi in Medio Oriente, arrivando a vendere tre sottomarini ad Israele e sei elicotteri attrezzati per far la guerra ai sottomarini all'Egitto. Più brutalmente i francesi tentano l'accordo bilaterale con l'Arabia Saudita (che riceverà, se tutti i contratti andranno a buon fine, un numero complessivo di armi quale probabilmente non sarà mai in grado di utilizzare), gli italiani si fanno rimproverare dagli americani per le vendite alla Libia, e un po' tutti riforniscono il nuovo e potente esercito iraniano. E cosi via anche nel resto del Terzo Mondo. Dove ci sono armi è probabile che si sviluppino anche conflitti armati: niente di nuovo del resto visto il nazionalismo esasperato che generalmente ispira le politiche estere di quei Paesi. Di nuovo c'è però il livello più alto di distruzione che essi saranno in grado di causarsi, il coinvolgimento crescente delle superpotenze nei conflitti locali, e quindi il perenne pericolo di escalation. Non è affatto detto che questa politica dell'apprendista stregone incontri un limite sicuro nella non proliferazione nucleare. Gli europei si erano abituati a farsi guidare. Fatta la grande scelta di campo (con gli americani o con i russi), non si erano poi posti molti altri problemi. Per un po' hanno giocato con De Gaulle al « gioco dei grandi », mimando il ruolo della potenza nucleare. Ma grazie ad una logica nient'affatto cartesiana, l'indipendenza nucleare della Francia era tale solo se permaneva l'impegno americano in Europa, essendo quest'ultimo la condizione necessaria per l'esistenza di quel bluff. Oggi la situazione internazionale chiama fuori gli europei, chiede di « vedere » le loro carte. Cosa hanno intenzione di fare? Se vorranno continuare sulla strada dei piccoli nazionalismi non avranno più coperture, e dovranno assicurarsi da soli la loro difesa, i loro approvvigionamenti energetici, i loro rapporti con i sovietici. Altrimenti dovranno essere in grado di contribuire alla nuova stabilità ricercata dal sistema internazionale. Poiché la prima soluzione oltre che incerta è anche foriera di tempeste cui gli europei hanno ben poco da opporre, la logica vorrebbe che scegliessero la seconda. Stefano Silvestri Dell'Istituto Affari Internazionali

Persone citate: De Gaulle, Kissinger, Schlesinger, Stefano Silvestri