Regioni e industrie nella Comunità di Mario Salvatorelli

Regioni e industrie nella Comunità Un "confronto,, europeo a Napoli Regioni e industrie nella Comunità Dibattito sul "Fondo regionale" e sullo sviluppo della Cee - Umberto Agnelli: un nuovo discorso per il Sud - Gli interventi di Thomson, Ruggiero, Everling (Dal nostro inviato speciale) Napoli, 25 gennaio. Mercoledì prossimo la Comunità europea deve decidere la creazione del fondo di sviluppo regionale, che «potrebbe essere la più formidabile sfida agli squilibri fondamentali esistenti nell'Europa dei Nove». L'ha detto l'inglese George Thomson, commissario della Comunità, al convegno indetto questa mattina, dall'Unione industriale di Napoli, sul tema: «Regioni, industrie, società nella Comunità europea degli Anni '70». L'iniziativa quindi è stata tempestiva e la sede la più indicata per lanciare la sfida. Napoli, infatti, come ha sottolineato Renato Ruggiero, direttore generale per la politica regionale nella Commissione Cee, è forse «il più. vasto nucleo di miseria» dell'Europa dei Nove, perché tre milioni e mezzo di persone si addensano in un'area che per il 73 per cento è di emigrazione, che ha il più alto tasso di disoccupazione, la più alta mortalità infantile, e duecentomila persone che vivono ancora nei «bassi». Per la creazione del fondo, ha affermato il commissario Thomson, esistono tutti i presupposti, ora occorre la volontà politica. Si tratta di scegliere tra quello spirito d'insano nazionalismo che si è manifestato con la crisi energetica e una nuova strategia della solidarietà europea, che affronti una nuova definizione dei rapporti tra ricchi e poveri e dia un contributo originale alle trasformazioni in atto nelle relazioni tra Paesi industriali e Terzo Mondo in via di sviluppo. Thomson ha concluso esprimendo la sua preoccupazione: «L'orologio della Comunità Europea è fermo alla mezzanotte del 31 dicembre (termine ultimo per la creazione del fondo di sviluppo), ma in realtà si potrebbe dire che da diciotto mesi non cammina». Non sono tanto gli orologi fermi ad impensierire Ulrich Everling, direttore al ministero dell'Economia della Germania Occidentale (ne ha_ visti tanti, nella sua esperienza comunitaria, assai più lunga di quella del collega inglese), quanto le cifre proposte per il fondo regionale. Ha giudicato eccessivo lo stanziamento di 1400 miliardi di lire in tre anni, ha osservato che la Comunità si sta trasformando in un'«Europa dei fondi» (agricolo, sociale, monetario, regionale) e ha suggerito di mutare il sìmbolo della Cee, il toro, con una mucca che tutti vogliono mungere ma nessuno nutrire. Ha annunciato, tuttavia, che la Germania è disposta a raddoppiare le proprie proposte, pur non nascondendo la sua diffidenza su come verranno impiegati i fondi, anche alla luce delle esperienze in materia. Le perplessità del rappresentante di Bonn — chiaro sintomo dei contrasti in atto a Bruxelles — sono state definite non prive di fondamento da Umberto Agnelli, amministratore delegato della Fiat. Questo non significa, però, la rinuncia a una politica europea per le aree depresse, ma il contrario. Agnelli ha osservato che l'azione governativa è apparsa ultimamente «più attenta e incisiva», tale da qualificare l'impegno pubblico sul piano non solo della volontà politica, ma anche della capacità gestionale. Si è poi detto convinto che occorre tentare «un'analisi nuova e più larga, che collochi il Mezzogiorno al di là dei suoi stessi termini geografici e sociali, e lo ponga, come un'area europea, in rapporto con tutte le possibilità, da quelle finanziarie a quelle culturali, dell'Europa stessa». Sarebbero errori gravi sia perseguire obiettivi di tipo assistenziale, sia lasciare le forze locali nell'inerzia, sotto il peso di problemi non risolti, in attesa di salvataggi dall'esterno. Invece, il «nuovo discorso per il Sud» di Umberto Agnelli ha come base una larga partecipazione democratica, in tutti i settori (politico, imprenditoriale, sindacale), in grado di spostare il collocamento del Mezzogiorno «dalla posizione di regione oggetto d'intervento a quella di regione soggetto attivo e partecipe». «Occorre cogliere l'occasione comunitaria, guardare al Mezzogiorno in topini di geografia economica, cioè di pianificazione e di efficienza, per rilanciare, con esso, tutto un Paese, anche nelle sue aree più forti e oggi in difficoltà. Se il Sud, invece, dovesse restare un'altra volta un problema italiano — la ricorrente questione meridionale — i suoi termini resterebbero ancora incerti e le possibilità di sviluppo risulterebbero minori». Dopo aver accennato alla possibilità di distinguere il Sud, a grandi linee, in tre tipi di aree d'intervento: industria, agricoltura, turismo, Agnelli ha concluso con un annuncio che presenta aspetti nuovi nel contrbuto dell'industria privata allo sviluppo del Mezzogiorno. «La Fiat — ha detto il suo amministratore delegato — è pronta ad aggiungere ai programmi di nuove iniziative al Sud, che sta mettendo a fuoco, un qualificato apporto tecnico per lo studio e per la strutturazione delle diverse aree e delle diverse zone. La Fiat ha tutte le competenze per studiare grossi progetti comprensoriali; inoltre ha anche i contatti con le industrie europee che le consentono di gettare verso il Sud un ponte sicuro anche per altri». «Soprattutto — ha concluso Agnelli — la Fiat ha la volontà politica d'intervenire, che le deriva dall'aver capito, anche per la durezza di esperienze dirette, tutti i problemi di un rapporto tra industria, ambiente e società, e di ritenere che la sorte, non solo del Mezzogiorno, ma di tutto il nostro Paese, sta nella sua capacità di modernizzarsi e di partecipare attivamente alla vita dell'Europa». Il saluto degli imprenditori privati al convegno — che ha ascoltato anche altri interessanti interventi — era stato portato dal presidente della Confindustria. Renato Lombardi ha ricordato le attuali difficoltà interne e internazionali; si è detto convinto che l'Europa avrebbe potuto affrontarle se si fosse presentata «unita e articolata in strutture efficienti ed autorevoli», ma ha riaffermato la necessità di sperare ancora molto nell'Europa, anche se non è mai apparsa debole e disunita come in questo momento. Il sottosegretario per il Mezzogiorno, Francesco Compagna, che rappresentava il governo, ha pure insistito sul pericolo di tensioni centrifughe che potranno diventare irrimediabili per la costruzione europea, se dovessero accentuarsi le conseguenze della crisi petrolifera sulle monete, nei loro rapporti internazionali e nelle ripercussioni sulle tensioni inflazionistiche interne. Mario Salvatorelli