Con Villon e compagnia di Giovanni Bogliolo

Con Villon e compagnia Francesisti eleganti e rigorosi Con Villon e compagnia Italo Siciliano, « Mésaventures posthumes de Maitre Francois Villon », Ed. Picard, pag. 199, s. i.p. Giovanni Macchia, « La caduta della luna », Ed. Mondadori, pag. 319, lire 3500. In evidenza nell'intenso panorama della critica, i recenti contributi di due francesisti illustrano la duplice anima — un estremo rigore filologico e un'elegante apertura saggistica — che nutre da sempre la tradizione degli studi francesi in Italia. Sul versante della pura esegesi — e redatto in un'impeccabile prosa francese per il pubblico internazionale degli specialisti — il libro di Italo Siciliano segna il ritorno dello studioso, a quarant'anni dalla sua fondamentale tesi su Francois Villon, all'autore preferito per analizzarne e discuterne le « disavventure postume ». Con solida dottrina e ironico brio Siciliano fa giustizia delle letture gratuite, cervellotiche e fantasiose che la sovrana ambiguità del Testament ha provocato e subito; ma la schermaglia accademica e la serrata confutazione non sono che un pretesto per l'organico riesame di una materia tra le più controverse, e il tono polemico e risentito si trasforma molto abilmente in un insolito espediente esegetico. La poesia di Villon è un unicum mirabile su cui grava l'impenetrabile mistero degli allotria: sgombrare il campo dalle troppe prevaricazioni interpretative e ribadire la legittimità di una propria collaudata congettura vuol anche dire affrontare e dirimere il complesso viluppo di problemi storici, psicologici, filologici e letterari che fa velo attorno al grande poeta, istruire il più documentato processo di identificazione dell'uomo per restituire alla poesia la sua vera e preziosa identità. Più composito ed «estravagante », l'ultimo volume di Giovanni Macchia raccoglie una serie di saggi che trascorrono con sottile eleganza dal Tasso a Molière, dal Berni a Voltaire, da Arlecchino ad Artaud e a Pirandello. Il titolo La caduta della luna — più che un tema, un incubo letterario cantato da Lucano, Leopardi e Baudelaire — suggerisce il sotterraneo filo conduttore della raccolta: « Le trasmutazioni della materia, il turbamento e la rivolta dell'ordine naturale rivelano nella struttura privilegiata di alcuni poeti una fantasia sconvolta dalla tentazione dell'impossibile e del demoniaco »; e ancor meglio lo suggerisce l'allucinante Prospettiva d!i Erhard Schón che Macchia ha scelto come emblema di questa sua interrogazione delle voci più inquiete, irridenti o disperate della letteratura. Accanto ai passeggeri d'obbligo di questa nave dei folli (Rousseau, Potocki, Fourier...), ci imbattiamo in personaggi insospettati, sorpresi in occasionali e rivelatori momenti di debolezza o di sgomento (la malinconia di Molière, « l'acceso fermento dd ima fantasia romanzesca e teatrale» in Pascal...); e non ci sorprenderemo se a chiudere la sfilata sarà l'amaro beffardo raziocinio di Pirandello, su cui Macchia ci ripropone (ma debitamente acclimatato, ci sembra, da un più ampio rilievo accordato qui alle tentazioni teosofiche e spiritistiche del drammaturgo) un suo famoso saggio. Ma, più che le affinità tematiche, è l'inconfondibile matrice metodologica e stilistica a dare profonda unità al libro. Sollecitando eventi minimi e interrogando inattese analogie, il critico riesce a far luce nella zona più cupa e segreta dell'uomo, quella del suo inevitabile confronto con l'assurdo, col dolore e con la morte: il volto del Tasso basta a resuscitare i fantasmi di Sant'Anna, il naso di Cleopatra a riproporre i divergenti itinerari di Pascal e del cavaliere di Mere, la desolata campagna romana a definire i poeti che vi si sono specchiati. E' un modulo espressivo che Macchia ha ormai portato ad una rara perfezione: con la modestia dell'innesco, la squisita naturalezza dei raccordi, l'estrema versatilità della scrittura sottendere sempre un discorso critico di esemplare acume e rigore, dimostrando, se mai ce ne fosse bisogno, che anche quella « metaletteratura » che è la critica può ambire ad un suo autonomo statuto di letteratura. Giovanni Bogliolo Gli impiccati di Villon

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