Feisal ordinò a quattro delle "7 sorelle" di non dare petrolio alla Sesta flotta Usa di Vittorio Zucconi

Feisal ordinò a quattro delle "7 sorelle" di non dare petrolio alla Sesta flotta Usa Nuove gravi rivelazioni al processo di Washington ai petrolieri Feisal ordinò a quattro delle "7 sorelle" di non dare petrolio alla Sesta flotta Usa (Dal nostro corrispondente) Washington, 24 gennaio. Quattro delle « sette sorelle» del petrolio, la Esso, la Texaco, la Mobil e la Standard Oli, hanno tagliato nei mesi scorsi i rifornimenti alle forze armate americane ubbidendo ad un ordine di re Feisal. E' un'altra delle rivelazioni uscite dal processo ai petrolieri in corso a Washington, condotto con tempra da inquisitore dal senatore democratico Jackson, che guarda ormai con aperte ambizioni alla elezione presidenziale del 76, forte della popolarità acquistata in questi giorni. Ma la notizia che quattro delle maggiori compagnie hanno deliberatamente danneggiato gli interessi del proprio Paese per accondiscendere ai desideri di Feisal e garantirsi le forniture di pe- trolio è di estrema gravità: se confermata, essa darà voce a quanti da tempo sospettano che non sempre gli interessi delle compagnie coincidano con le esigenze nazionali e chiedono che cessi lo attuale monopolio privato su un bene di utilità pubblica come il petrolio. Il senatore Jackson sostiene di avere prove inconfutabili di questa acquiescenza dei petrolieri a re Feisal. In particolare, esiste un telegramma inviato il 4 novembre scorso dal quartier generale della «Exxon» di New York alle filiali europee, in cui si davano disposizioni per tagliare i rifornimenti ad uso delle forze armate americane. Come primo effetto, entrò in crisi la «Sesta Flotta», che dovette essere alimentata con costosi ponti aerei tra gli Stati Uniti e il Mediterraneo. Ma la Esso e le altre tre compagnie, che formano il consorzio dell'Aramco, la società arabo-americana per lo sfruttamento dei pozzi sauditi, dicono di non aver avuto scelta. Se non avessero obbedito a Feisal, non avrebbero avuto più una goccia di petrolio per nessuno, non soltanto per i militari. Comunque lo si guardi, l'episodio rivelato da Jackson è di inaudita portata: esso dimostra che i «signori del petrolio» sono in grado di minare la macchina bellica americana, e che le «sette sorelle» sembrano conoscere una sola forma di lealtà, quella ai propri interessi. Sarebbe ingenuo attendersi altro: basta osservare il «dossier» dei rapporti fra governo americano e compagnie per comprendere dove nasca l'attuale situazione di privilegio per i petrolieri. I documenti su tale «collaborazione» provengono sempre dall'inchiesta parlamentare. Nel 1943, il presidente Roosevelt vide bloccata una sua proposta per creare un ente petrolifero pubblico che partecipasse allo sfruttamento dei pozzi arabi. Le compagnie riuscirono a paralizzare la nascita di un «Eni» americano e dettero invece vita all'«Aramco» (Arabian American Company), totalmente privata, dove erano e sono presenti Esso, Mobil, Texaco e Standard. Più, naturalmente, il governo saudita. Nel 1950, il dipartimento di Stato incoraggiò, d'intesa con il ministero del Tesoro, la concessione di speciali privilegi fiscali alle compagnie, che poterono pagare sotto forma di «tasse» la quo¬ ta spettante ai vari governi arabi. Questo permise di pagare quote più alte (e quindi premiare i Paesi e gli sceicchi più amichevoli) e di non versare invece una sola lira di tasse negli Usa. In altre parole, i contribuenti finanziarono (sotto forma di mancati introiti fiscali) le operazioni dei petrolieri. Infine, alla metà degli Anni 50, un'azione anti-trust contro il consorzio Aramco fu misteriosamente insabbiata e fu invece incoraggiata la formazione di un nuovo organismo simile all'Aramco, ma questa volta per la Persia, e comprendente anche le altre «tre sorelle» escluse Dall'Arabia, Shell, Gulf, BP. Il processo ai petrolieri continua dunque a mantener fede alle promesse, e porta alla luce sempre nuovi elementi di questo oscuro mondo del petrolio. I rappresentanti delle compagnie sono indignati. Bonner, della Gulf, ha detto di « sentirsi trattato come un criminale », e la cosa, ovviamente, non gli piace. Ma Jackson non lesina aggressività e trovate demagogiche nel condurre l'inchiesta. Un episodio accaduto ieri è straordinariamente rivelatore. Il senatore ha chiesto al vicepresidente della Exxon, Baze, se era vero che i profitti erano saliti da 2,44 dollari per azione a 10,89. «Sì», la risposta. Quanto di questo aumento è andato in dividendo agli azionisti e quanto è rimasto alla società? «Non saprei, non ricordo», ha risposto Baze. «E' infantile, ridicolo — ha esclamato allora Jackson —. Un dato del genere si trova in 5 minuti e lei dovrebbe saperlo a memoria». Detto questo, il senatore ha chiesto un telefono, ha formato il numero di un'agenzia di Borsa e, due minuti più tardi, ha annunciato la cifra: 4,25 dollari per azione. Vittorio Zucconi

Persone citate: Baze, Bonner, Roosevelt

Luoghi citati: Arabia, New York, Persia, Stati Uniti, Usa, Washington