Dalla breve notizia al grande giornale di Piero Martinotti
Dalla breve notizia al grande giornale Come si fa un quotidiano Dalla breve notizia al grande giornale La conferenza di Piero Martinotti al Lions «Come nasce un giornale» è stato argomento di vivace discussione e di dibattito al Lions Club Torino Castello. Piero Martinotti, vicedirettore de La Stampa, ha parlato con l'esperienza che gli viene da quasi trentanni di mestiere. Nel giornale dal 1945, prima come redattore e inviato, poi come capo redattore e vicedirettore già negli anni di Giulio De Benedetti, ha vissuto in presa diretta tutti gli avvenimenti che hanno fatto cronaca e storia, predisponendo e organizzando i servizi. Anzitutto, che cos'è un giornale. «Sono pochi fogli di carta stampata — ha detto Martinotti — ma sarebbero stracci inutili se dietro quella carta uomini responsabili non si impegnassero a tener vivo l'interesse dei lettori con scrupolo professionale e rigore morale». E' appunto da questo impegno che nasce il giornale. Nascita che avviene in clima frenetico: c'è sempre «la tremenda lotta di tutti contro il tempo, e il lavoro di un giorno può essere distrutto all'ultimo minuto da una notizia». Il giornale viene organizzato al mattino dal gruppo direzionale, si traccia una prima impostazione, si prendono i contatti con i corrispondenti delle maggiori città italiane e delle capitali estere e con la redazione romana, si valutano gli argomenti e si affidano ai commentatori più adatti, si fanno partire gli inviati. La redazione si mette al lavoro e man mano che le ore passano aumenta l'afflusso delle notizie e il quadro si completa. «Ma quante volte dovrà essere mutato prima dell'ora di chiusura? Quella che alle 18 sembrava una notizia di scarso valore, acquista improvvisamente importanza, viene passata in prima pagina al posto di un'altra che è relegata in altra pagina dove, naturalmente, spiazza un'altra notizia e così via, provocando una reazione di spostamenti a catena». Oppure è l'intero giornale che «salta» per poche righe di un'agenzia arrivate a tarda ora. Martinotti ha ricordato il 23 novembre 1963, quando il giornale sembrava ormai definito e un fattorino gli portò una strisciolina dell'Associateci Press: diceva che a Dallas, durante la visita di Kennedy si erano uditi spari. Erano le 19. Soltanto più tardi si seppe che il Presidente era morto. Il giornale era «sotto pressione» già da un'ora, «un lavoro frenetico, teso; ma chi aveva la responsabilità dell'edizione doveva agire a mente | fredda, cercando di mantene¬ re un netto distacco dai fatti per poterli giudicare obbiettivamente». Il risultato fu che «a mezzanotte La Stampa usciva con cinque pagine dedicate a Kennedy». La notizia della catastrofe del Vajont, 10 ottobre 1963, arrivò dopo mezzanotte (pocne righe dell'Ansa annunciavano che una diga era stata danneggiata da una frana, non si sapeva altro) quando la prima edizione era ormai chiusa. Ma alle tre l'ultima edizione andava in macchina con tutta la prima pagina dedicata alla catastrofe. «Tutto questo era stato possibile per il notiziario che arrivava via via, per la rapidità degli articolisti, ma soprattutto per lo scatto intelligente con cui aveva reagito la redazione». Scrupolo professionale, rigore morale e un buon lavoro d'equipe: così nasce un giornale. Che per essere un grande giornale deve ispirarsi «ai sentimenti fondamentali degli uomini che non mutano col tempo e provocano le stesse reazioni nella donnetta incolta come nel professore cattedratico». Prima del vicedirettore Martinotti, ha parlato brevemente il consigliere comunale Lodi, in rappresentanza del sindaco. Ha ricordato il recente attacco alla libertà di informazione e la reazione civile ed unanime di tutti i lettori, ed è stato applaudito caldamente dal numeroso pubblico. 1. c.
Persone citate: Giulio De Benedetti, Kennedy, Martinotti, Piero Martinotti
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