A Bologna tra Curia e pci stretta di mano segreta? di Remo Lugli

A Bologna tra Curia e pci stretta di mano segreta? L'operazione al di sopra della de A Bologna tra Curia e pci stretta di mano segreta? Due documenti dei vescovi emiliani riservati al presidente della Regione rivelano una trattativa in corso - Sono critici, ma cercano un "accomodamento" in tema di assistenza sociale - Il capogruppo de: "Un accordo? Non mi risulta" - Il pei tace (Dal nostro inviato speciale) Bologna, 22 gennaio. Ufficialmente non è successo nulla. «Un accordo segreto tra il cardinale Antonio Poma e i vescovi emiliani da una parte, e la Regione Emilia-Romagna dall'altra? Non mi risulta, dice Natalino Guerra, capogruppo della democrazia cristiana alla Regione; per poterlo affermare bisogna vedere dei documenti, io non ne ho visti». Ieri il settimanale Panorama è uscito con un articolo intitolato «Tra santi e Fanti». Fanti è presidente della giunta regionale. In quell'articolo si parla di due lettere riservate «che nessuno ha ancora letto ». Ma noi abbiamo in tasca le copie, le tiriamo fuori. Guerra si arrende, non mostra di volerle vedere, evidentemente le ha già viste, anche se da pochissimo tempo. E non finge più, tralascia di parlare di ufficialità, incomincia a sfogarsi. Ma guardiamo prima questi due documenti che portano la data del 5 luglio '73. La lettera intestata «Conferenze episcopali emiliana e flaminia» è di quattro facciate e porta le firme di 19 vescovi e arcivescovi, oltre quella del cardinale. L'altro è un «memorandum su alcuni orientamenti, atteggiamenti e fatti in campo regionale e locale» ed è di otto facciate. Che cosa dicono i vescovi? Citano la Gaudium et spes, una delle costituzioni del Concilio per riconoscere «tutto ciò che di buono si trova nel dinamismo sociale odierno: soprattutto l'evoluzione verso l'unità, il processo di una sana socializzazione e consociazione civile ed economica». Ma illustrando il memorandum affermano che è relativo ad alcuni orientamenti e provvedimenti della Regione e a fatti verificatisi in questi ultimi tempi a livello di enti locali o pubblici, «che sono motivo di preoccupazione per il nostro ministero pastorale e sui quali esprimiamo le nostre riserve. Dalla documentazione raccolta, per quanto incompleta, sembra infatti si tenti a limitare lo spazio della famiglia e sia, in realtà, disatteso quel pluralismo che la Costituzione italiana, come anche ella stessa, signor presidente, ha più volte affermato, prevede e nel quale si inseriscono le attività a carattere sociale promosse in campo cattolico». Il gruppo dei prelati, seppure con molto garbo, critica la Regione perché, nella gestione dei vari enti assistenziali e nel controllo delle Opere Pie, si tende «a dare poco spazio alla famiglia, ai suoi contenuti educativi, al diritto dei genitori di scegliere tra i vari servizi educativi e di organizzarseli». Nelle linee programmatiche in materia di servizi, si dice, viene del tutto ignorato il possibile, anzi reale, apporto di enti non pubblici in una pluralità di offerte di servizi. In sostanza quello che il cardinale e i vescovi criticano coincìde con le battaglie che la democrazia cristiana (14 consiglieri contro i 26 comunisti, su 50) ha sempre combattuto a favore del pluralismo. I comunisti sono accentratori, vorrebbero che tutte le attività fossero gestite dalle Province e dai Comuni (su 8 province soltanto quella di Piacenza è di centro-sinistra, tutte le altre sono o comuniste o comuniste e socialiste; e su 340 Comuni saranno meno di 70 quelli che non sono di sinistra). I democristiani sostengono, invece, che in materia di programmazione economica, di scuola, di assistenza, devono partecipare anche i sindacati, le varie categorie economiche, le libere associazioni sia religiose sia laiche. C'è, dunque, identità di intendimenti tra la politica che la de fa apertamente e l'accordo che i vescovi hanno cercato di portare a termine segretamente. Perché, si chiedono i consiglieri regionali democristiani, questo atteggiamento dei vescovi? Che abbiano voluto agire in segretezza non v'è dubbio: quei due documenti indirizzati «all'illustrissimo signor presidente» Fanti sono rimasti sconosciuti a tutti fino a pochi giorni fa. Un filo rosso che si annoda a un filo bianco, scavalcando i politici, senza avere cura di informarli di questo tentativo di accomodamento. E la segretezza continua ancora adesso: una persona amica intercede per una telefonata a Fanti, gli dice che c'è un giornalista serio che vorrebbe interessarsi all'argomento e Fanti, dall'altro capo del telefono, risponde che assolutamente non se ne può parlare, per ora. In arcivescovado il cardinale non c'è, è fuori Bologna, i due vescovi vicari non conoscono l'argomento; forse si può sentire mons. Facchini, che è presidente della com¬ missione regionale diocesana per l'assistenza. Lo troviamo all'istituto di antropologia dove insegna scienze naturali e biologiche. E' molto restio a parlare: «Certo, dei contatti ci sono stati, verrà un chiarimento, dubito che ci sia già stato un accordo». A Jone Bartoli, assessore ai servizi sociali, cioè la persona più interessata all'applicazione di quei metodi che sono criticati dai vescovi e dalle forze politiche de, domandiamo se Fanti ha dato una risposta a quelle lettere dei prelati. Lo ammette e precisa: «Nel dicembre scorso». E' stato raggiunto un accordo? «Non posso parlare; diciamo che dobbiamo ancora incontrarci per discuterne». E sentiamo finalmente lo sfogo di Natalino Guerra, capo gruppo della de: «La Chiesa può e deve tenere i contatti con la Regione, ma quando si dice Regione, lo stabilisce anche un articolo dello statuto, si 'stende il Consiglio regionali, del quale fanno parte anche le minoranze come de, psdi, pli e pri. Questa nostra esclusione è stato forse un lapsus involontario? Non vorrei che proprio la Chiesa abbia favorito il disegno della maggioranza di avere il contatto diretto». «Se le cose stanno così, conclude il capogruppo della de, dobbiamo dire che gli sforzi di chi non è al governo sono molto sacrificati, mentre la democrazia ha bisogno di spazio: non si può identificare la democrazia con il potere, perché in questo caso si cade nel monopolismo». Aggiunge un giudizio severo sulla Chiesa: «E' ancora costantiniana: cerca di fare i conti con chi ha il potere in mano». L'aw. Renzo Sandini, segretario regionale del psi e consigliere regionale, non drammatizza: «Quello che è intercorso tra Fanti e i vescovi deve essersi limitato ed un livello di informazione e, in questo caso, non è toccata l'autonomia del Consìglio. Certo, se si prenderanno delle decisioni, dovremo essere informati». I comunisti che si sono trovati a gestire questo nuovo potere, afferma Giancarlo Guarelli, del psdi, dimostrano di essere combattuti all'interno tra due esigenze: quella di esercitarlo in modo completo per il riordino dei settori assistenza e agricoltura e quella di giungere a un compromesso per non affondare troppo le mani in un settore nel quale la Chiesa aveva un monopolio assoluto. «Sul piano formale e politico è grave che l'assemblea sia scavalcata, ma non è la prima volta. Più gravi sono i compromessi ». Remo Lugli

Luoghi citati: Bologna, Emilia, Jone Bartoli, Piacenza, Romagna