Due crisi forse tre di Alberto Ronchey

Due crisi forse tre Due crisi forse tre Le crisi economiche occidentali sono due, forse tre. Da quasi dieci anni è in crisi il sistema monetario, ossia l'espressione stessa dei valori economici. Da pochi mesi è in crisi il petrolio come fonte d'energia e materia prima, ossia la massima forza motrice delle società industriali. A questi due fattori di malessere, che s'avvitano in una spirale, è possibile aggiungere il pericolo di nuove conflittualità, all'interno delle singole società industriali e nei rapporti tra loro. Le tempeste monetarie hanno favorito prima la rarefazione del petrolio greggio e poi l'aumento del prezzo, ora quadruplicato. Infatti gran parte dei Paesi produttori sono spopolati, con più denaro di quanto possano spendere, ansiosi di garantire le loro rendite. Alla schiera di questi Paesi appartengono l'Arabia Saudita, il Kuwait, il Qatar, il Barhein, l'Abu Dhabi, il Dubai, la stessa Libia. La quadruplicazione del prezzo, a sua volta, ha suscitato una nuova scossa monetaria, prima con la svalutazione di fatto dello yen giapponese e poi del franco francese, danneggiando anzitutto alcuni Paesi consumatori di petrolio che non sono anche produttori, come il Giappone, la Francia e l'Italia. Per oltre vent'anni, ha osservato VEconomist, l'Europa occidentale e il Giappone avevano prosperato su duo condizioni favorevoli: l'abbondanza di dollari e la quantità di petrolio a buon mercato. Il primo vantaggio s'è dileguato quando il passivo della bilancia dei pagamenti americana, durante la guerra vietnamita, è divenuto un veicolo d'inflazione e Washington ha dovuto affrontare il problema delle masse di dollari vaganti all'estero; ma la svolta è stata graduale. Invece la fine del petrolio a buon mercato, il secondo fattore di prosperità, è stata repentina perché, oltre alla scarsità relativa del greggio e all'instabilità monetaria, influivano sulle decisioni dell'Organisation of Petroleum Exporting Countries i calcoli dei governi arabi, risoluti a usare anche il petrolio come strumento politico nella vertenza del Medio Oriente. In pratica due conflitti, il Vietnam e il Medio Oriente, hanno influito sulla doppia crisi. L'effetto ultimo è stato contemplato nei giorni scorsi alla riunione dei «20» del Fondo monetario, quando il segretario americano al Tesoro George Shultz ha definito la questione petrolifera «ingovernabile». Da un lato sta il potere «planetario, favolosa, esorbitante» dei venditori; dall'altro stanno i Paesi importatori, che quest'anno dovranno sostenere una maggiore spesa di oltre 75 miliardi di dollari (45 mila miliardi di lire). La previsione di Kissinger sulla prossima fine dell'embargo petrolifero dei Paesi arabi verso gli Stati Uniti non migliora la questione finanziaria. Il problema di far quadrare le bilance valutarie è insolubile; si minaccia una guerra economica di tutti contro tutti. E il prezzo del greggio non è il solo problema, poiché trascina con sé a catena numerosi altri prezzi. Alcuni, come il ministro francese Giscard d'Estaing, hanno proposto che l'oro delle riserve sia svincolato per usarlo come il petrolio a prezzo di mercato (con una rivalutazione fino a 130 dollari l'oncia) e così fronteggiare la crisi; ma finora prevalgono gli interessi contrari, con l'obiezione che il rimedio sarebbe peggiore del male, perché comporta una limitazione deflazionistica dei commerci dovuta alla scarsità della produzione aurifera, oppure continui aumenti del prezzo dell'oro, con vantaggio solo per i Paesi produttori (Urss e Sud Africa) A questo punto, malgrado l'invito del Fondo monetario a evitare «svalutazioni competitive», il franco francese è stato svalutato di fatto, affidandolo alla fluttuazione fuori dal «serpente» monetario europeo. La Banca di Francia rischiava di spendere tutte le sue riserve valutarie nel sostegno della propria moneta rispetto alle altre dentro i margini di scarto del «serpente» (2,25 per cento). Ora il sistema europeo, che ha perso prima la sterlina e la lira e poi il franco francese, è «un serpente senza capo né co¬ dctaisrdcvl da», che comprende solo il marco, le monete del Benelux e le tre corone scandinave. I prezzi agricoli europei sono di nuovo in discussione. La riforma del sistema monetario mondiale è remota, esiste solo il progetto d'affidare una parte della liquidità a un sistema di «diritti speciali di prelievo» sorretto dalle valute più influenti. Fra le due crisi non risolte e la disgregazione europea, può intervenire la terza crisi, la nuova conflittualità: tentazioni di salvare le bilance valutarie con espedienti selvaggi, agitazioni sindacali per proteggere il potere d'acquisto ridotto dalle svalutazioni, nuovi aumenti dei costi mentre già il mondo delle materie prime è incontrollabile, e ancora svalutazioni, deflazioni, misure protezionistiche, sulla via di un'aggressività simile a quella degli Anni 30, in un sistema economico dotato di strumenti nuovi ma vulnerabile per la sua stessa complessità. Dal dollaro allo yen, alla sterlina, alla lira, al franco svizzero e a quello francese, lo schieramento delle monete fluttuanti è come un gigantesco sistema di aquiloni, sospesi in aria e trattenuti da fili già tesi. Ancora pochi errori e avremo la terza crisi, economica e insieme politica. Alberto Ronchey

Persone citate: George Shultz, Giscard D'estaing, Kissinger