Nixon dovrà andarsene entro un paio di mesi?

Nixon dovrà andarsene entro un paio di mesi? Congresso riunito, crisi alla Casa Bianca Nixon dovrà andarsene entro un paio di mesi? L'apparato parlamentare per 1' "impeachment" è già in funzione, ma negli ambienti politici si spera nelle dimissioni volontarie, una soluzione meno traumatica - Gli esperti si chiedono se il segretario di Stato Kissinger potrà sopravvivere alla caduta del Presidente (Dal nostro corrispondente) Washington, 21 gennaio. Con l'avvicinarsi della primavera si stringono, come era previsto, i tempi di quella tragedia americana conosciuta genericamente sotto l'etichetta di « Watergate ». E la conclusione, quale che sia, avrà effetti traumatici su questo Paese: se Nixon cadrà per dimissioni o destituzione, gli Stati Uniti vivranno un'esperienza politica senza .precedenti e non è neppure detto che la successione passi senza scosse al vice presidente Gerald Ford. Se Nixon uscirà riabilitato, 0 comunque salvo, dalla vicenda, parlamento, giornali, magistratura, i «poteri» che hanno creato ed aumentato lo scandalo dovranno pagare un duro prezzo, sia in termini di credibilità presso l'opinione pubblica, sia nei confronti della Casa Bianca, con la quale esiste sempre un rapporto di incerto equilibrio. Oggi, lunedì, il Congresso americano è tornato a riunirsi dopo un mese di chiusura festiva ed al vertice del programma è la sorte di Nixon. 1 parlamentari hanno saggiato in questi 30 giorni l'umore dei loro elettori e il risultato non è conclusivo. Il Paese è diviso fra coloro che, pur disapprovando Nixon, respingono Watergate come un tentativo di sovversione e fra coloro che invece preferiscono lo choc della destituzione a questo logorio quotidiano. Tutti i parlamentari hanno riportato dalla «base» la stessa indicazione: votino loro, secondo coscienza. Ogni previsione subisce sempre l'influenza degli ultimi avvenimenti e in questi giorni si è portati a concludere che Nixon è un dead duck, un « papero morto » come gli americani battezzano i politici spacciati. Il caso del « nastro mutilato » esploso la scorsa settimana ha dimostrato, al di là di ogni ragionevole dubbio, che qualcuno alla Casa Bianca ha deliberatamente cancellato 18 minuti di colloquio fra il Presidente e il più compromesso dei suoi collaboratori, Haldemann. Pensare che una segretaria o un'assistente si siano presi la responsabilità di commettere un gravissimo reato come l'occultamento di una prova, senza avvertire il loro capo, è lecito, ma è irrealistico. Ma, come puntualmente accade dal marzo '73, quando l'affare Watergate venne alla luce, anche questo episodio ha alimentato sospetti e convinzioni, non aggiunto prove. Siamo sempre e soltanto nel friabile terreno degli indizi, delle circostanze, del cui prodest. E ormai è chiaro che la Casa Bianca è pronta a tutto pur di evitare l'acquisizione di certezze e cerca di portare lo scandalo su binari politici, sperando che un eventuale voto sulla destituzione si svolga tra fautori e avversari della politica nixoniana e di ciò che essa rappresenta, e non su fatti concreti. Ciò detto, a Washington la situazione appare drammatica come non mai prima per Nixon. Nove esperti di « cose presidenziali » su dieci sono certi che l'attuale amministrazione non soprawiverà alla primavera e discutono ormai non più la sorte di Nixon ma quella di Kissinger chiedendosi se il «nuovo Mettermeli» resisterà alla sconfitta dell'uomo che lo ha lanciato. Gli elementi già acquisiti, e soprattutto quelli che verranno, convincono gli esperti che Nixon non ha scampo. Essi guardano, fra l'altro, a una trattativa segreta in corso fra i due ex pretoriani di Nixon, Haldemann ed Ehrlichman, e gli inquirenti: in e Nixon (Telefoto Upi) cambio di rivelazioni sul ruolo del Presidente i due vedrebbero ridotte le rispettive, inevitabili condanne. Se le teorie dei colpevolisti sono fondate non vi sono che due ipotesi possibili: destituzione o dimissioni. L'apparato parlamentare per l'impeachment è già i.i funzione e la Washington Post descrive Nixon, in una vignetta, come il condannato a morte che vede dalla cella i carpentieri apprestare la forca. La commissione parlamentare « ad hoc » sembra favorevole a chiedere l'apertura dell'iter destituivo e la Camera, che deve approvare o respingere le conclusioni dei commissari, può facilmente trovare la maggioranza semplice necessaria, essendo dominata dai democratici. Ma il Senato, ultima e decisiva istanza del procedimento, dovrà votare con una maggioranza di due terzi e il 65 per cento dei senatori, sopratutto nel gruppo dei centristi moderati del Sud, non ha ancora idee chiare. La via deH'irrapeac/iTTzent è lastricata di molte incertezze (il solo Presidente che la percorse in passato, AndrewJackson, riuscì a salvarsi grazie ad un solo voto) e nessuno è risoluto ad intraprenderla. Non i repubblicani che vedono con terrore avvicinarsi le elezioni locali (quest'anno) e profilarsi le presidenziali del '76 e non vogliono essere il primo partito nella storia ad avere un Presidente destituito. Ma neppure i democratici sono decisi perché sanno quali contraccolpi avrebbe il fallimento della loro azione e non hanno una sicura leadership che garantisca almeno il voto compatto del loro gruppo. Si continua perciò a sperare (seconda ipotesi) nelle dimissioni spontanee di Nixon, il bel gesto che riunirebbe il Paese e salverebbe con un brillante finale una discutibile interpretazione politica. E' noto che molti democratici sono anche favorevoli al «né collaborare né sabotare »: essi pensano che o i fatti porteranno da soli al crollo del Presidente oppure non sarà male affrontare le scadenze elettorali con un avversario debole e screditato. Vittorio Zucconi Washington. Il president

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