Non sarà cosa tacile far confessare gli arrestati per il sequestro Getty

Non sarà cosa tacile far confessare gli arrestati per il sequestro Getty Domani il magistrato di Lagonegro inizia gli interrogatori Non sarà cosa tacile far confessare gli arrestati per il sequestro Getty Secondo un funzionario di Reggio Calabria, Vincenzo Mammoliti e Antonio Mancuso terranno la bocca chiusa - "Sono abituati a tacere con la giustizia" - Il procuratore spera, invece, di arrivare ai boss mafiosi della piana di Gioia Tauro (Dal nostro inviato speciale) Lagonegro, 19 gennaio. Nella minuscola procura di Lagonegro, sulle pendici del Sirino, il sostituto Rossi esamina il gigantesco fascicolo del caso Getty. In 1200 cartelle, divise in cinque volumi, c'è tutta la storia del rapimento, dalla notte del 9 luglio, a Roma, in piazza Farnese, all'alba del 15 dicembre, in Lucania, quando il diciassettenne Paul, infreddolito e confuso, fu raccolto da un ufficiale dei carabinieri sull'Autostrada del Sole, allo svincolo per Loria. «Il volume più interessante — dice il giovane magistrato — è il quinto (400 cartelle) che contiene il resoconto affascinante della grande operazione che ha portato alla scoperta dei rapitori, ai primi arresti tra Roma, il Piemonte e la Calabria, alle prove decisive. Sto rivedendo il carteggio per prepararmi agli interrogatori di lunedì prossimo. Alle 10 del mattino ascolterò Vincenzo Mammoliti, subito dopo sarà la volta di Mancuso. Da allora si aprirà un nuovo capitolo, forse più. lungo, senz'altro imprevedibile». Le parole del magistrato, nel confermare una battuta di arresto nelle indagini, sembrano preannunciare per i prossimi giorni un lavoro oscuro di ricerca e di controlli da parte degli inquirenti ma ormai la strada è segnata, ci si prepara alla grande svolta che porta ai boss manosi della piana di Gioia Tauro, alle storie di droga e traffici inquietanti che l'inchiesta sul rapimento dell'anno ha messo in luce nelle sue grandi linee. Lunedì, ha detto il dott. Rossi, sarà il momento della verità e delle contestazioni: Vincenzo Mammoliti e Antonio Mancuso non potranno tenere la bocca chiusa. C'è, sempre alla procura, chi esprime riserve sulla loquacità dei due arrestati; ci si domanda però come reagiranno gli «esattori» della banda quando il sostituto Rossi mostrerà loro le fotografie scattate dalla squadra mobile che li ritrae nell'istante in cui mister Ohesa consegnava il denaro del riscatto. «Terranno la bocca serrata — afferma un funzionario di Reggio Calabria — sono abituati a tacere con la giustizia da generazioni: mai faranno i nomi dei mandanti, mai diranno per conto di chi hanno lavorato». E', questa dei mandanti, la fascia più velata della storia e lo stesso magistrato dichiara di non avere elementi sufficienti per pronunciarsi. A chi gli domanda se l'istruttoria segue la pista del rapimento organizzato per impinguare la casse di una organizzazione estremista, risponde: «Dagli atti, sino ad oggi, non risulta nulla». La voce continua a circolare: è però improbabile che nei prossimi giorni l'ipotesi possa guadagnare o perdere credito. Tutto dipende dagli sviluppi dell'istruttoria, dagli elementi e dalle informazioni che nei prossimi giorni i funzionari della Mobile romana e delle questure calabresi raccoglieranno per il magistrato. Un'ultima notizia da registrare. Viene dalla redazione del «Giornale di Calabria», dove ieri sera è giunto per posta un minaccioso messaggio. Su un cartoncino, a pennarello, era scritto: «Fate sapere a Paul Getty se vuole mozzato anche l'altro orecchio». Gli inquirenti non danno rilievo alla lettera anonima e considerano la minaccia uno scherzo di dubbio gusto. Non escludono però che, in previsione di un confronto con i rapitori, i banditi vogliano intimorire il giovane Getty. Da qualche giorno, si è diffusa poi a Lagonegro una voce secondo la quale un attentato dimostrativo potrebbe essere fatto contro la sede della procura della Repubblica e che minacce potrebbero essere fatte ai magistrati che si stanno occupando del rapimento. Sono «voci» però che vengono definite del tutto fantasiose. All'ipotesi che le persone arrestate siano «manovali» del crimine, un investigatore ha fatto notare che «tutto quanto riguarda la mafia e i personaggi ad essa collegati ha un doppio volto sicché i cosiddetti "manovali" potrebbero anche non esserlo». Intanto, dopo Vincenzo Mammoliti, anche Antonio Mancuso ha scelto il proprio difensore: l'avvocato Mario Casalinuovo, di Catanzaro. In un primo momento, com'è noto, poiché Mancuso si era riservato di decidere, era stato nominato un difensore d'ufficio, l'avvocato Leonavi. E' stata la famiglia del Mancuso a scegliere il difensore comunicando al familiare detenuto il nome dell'avvocato con telegramma. Vincenzo Mammoliti sarà invece difeso dagli avvocati Domenico D'Ascona e Piero Labate, entrambi di Reggio Calabria. Mammoliti, in un primo tempo, aveva scelto l'avvocato Raffaele Barone ma la famiglia gli ha cambiato il difensore. A Lagonegro per comunicare alla procura i nomi dei nuovi difensori si sono recati gli stessi avvocati insieme con un cognato e omonimo del detenuto. Intanto si è appreso che il procedimento, quando sarà formalizzato, sarà affidato al giudice istruttore dottor Matteo Casale che è l'unico giudice istruttore del tribunale di Lagonegro. Casale ha 30 anni ed è di Pontecagnano (Salerno). Francesco Santini Milano: orefice reagisce e picchia i rapinatori (Dal nostro corrispondente) Milano, 19 gennaio. (g. m.) Gli orefici milanesi hanno cominciato a reagire ai banditi: dopo l'arresto di un rapinatore avvenuto ieri al termine di una colluttazione, oggi un altro orefice ha messo in fuga 4 banditi. L'episodio è avvenuto stamane in via Unione 1, in pieno centro, dove al primo piano dello stabile si trova il laboratorio di oreficeria di Dante Marini di 62 anni abitante nel palazzo. Nei locali, in quel momento, oltre al proprietario si trovavano due suoi collaboratori. Improvvisamente sono entrati 3 individui armati di pistola: quello che sembrava il capo ed aveva il volto mascherato, ha intimato a tutti di alzare le mani. L'orefice, superato il primo attimo di sbigottimento, si è avventato contro uno dei malviventi cercando di disarmarlo. La reazione dei malviventi è stata immediata: i rapinatori si sono gettati sul Manni. I collaboratori dell'orefice vedendo il loro principale in balla dei banditi sono accorsi in suo aiuto ingaggiando un violento corpo a corpo. A questo punto temendo il peggio i rapinatori sono riusciti a fuggire senza prendere nulla.