Rapimento di Bergamo Silenzio e molte ipotesi di Francesco Fornari

Rapimento di Bergamo Silenzio e molte ipotesi La tecnica dei banditi si ripete ad ogni occasione Rapimento di Bergamo Silenzio e molte ipotesi Secondo voci non ufficiali i malviventi si sarebbero fatti vivi chiedendo un riscatto: 200, 500 milioni, un miliardo? - L'avvocato della famiglia ha smentito tutto - Sembra certo che i rapitori fossero a conoscenza delle possibilità economiche della vittima (Dal nostro inviato speciale) Bergamo, 19 gennaio. Come sempre in questi casi, si è iniziata la serie delle ipotesi, delle contraddizioni: anche la cronaca del rapimento del figlio dell'industriale Bolis non viene meno a questa regola. A cinque giorni dalla scomparsa del giovane Pierangelo, le notizie sfuggono ad ogni controllo. Da una parte stanno i genitori del ragazzo, chiusi nel loro dolore, preoccupati di rispettare la consegna del silenzio imposto dai banditi. Dall'altra polizia e carabinieri costretti ad un ingrato compito, cercano di dare nell'occhio il meno possibile conducendo indagini discrete in un ambiente decisamente ostile, ostacolati, ed è comprensibile, dai parenti e dagli amici della vittima che in ogni loro mossa paventano un pericolo per la sorte del rapito. Da ieri mattina, quando alcuni parenti hanno letto ai giornalisti un messaggio del padre di Pierangelo ai rapitori, i familiari non hanno più avuto nessun contatto con noi. Anche l'avvocato Zonca, che fino a ieri aveva tenuto i contatti «con il mondo esterno», rifiuta di rispondere alle nostre domande. Una impenetrabile cortina di silenzio circonda i protagonisti di questa angosciosa vicenda: si rischia la vita di un ragazzo di 17 anni, prigioniero di banditi privi di scrupoli, decisi a tutto per garantirsi l'impunità. Il mestiere del cronista è ingrato, costretto a cercare la verità vagliando le «voci» che circolano e si moltiplicano attorno a questo caso che appassiona tutta l'opinione pubblica, sollevando emozione, paura, sdegno. Sembra certo che i rapitori si siano messi in contatto nella giornata di ieri con la famiglia della vittima. Si era sparsa la notizia ieri notte che fosse stata comunicata la cifra del riscatto. Anche in questo caso le notizie sono discordanti. Duecento milioni, cinquecento milioni. Un miliardo. Una cifra da capogiro, assurda. La società dei fratelli Bolis, presieduta dall'anziana madre Ernestina, ha denunciato l'anno scorso un capitale sociale di novanta milioni. Ma a ponte San Pietro la fortuna di ognuno dei dieci fratelli, tutti interessati nell'industria di famiglia, è calcolata intorno ai cento milioni. Cento milioni moltiplicati per dieci fanno un miliardo. I conti tornano: in passato, in occasione di altri rapi menti (ricordiamo quello dell'industriale Torielli di Vigevano), i banditi avevano dimostrato di conoscere perfettamente la situazione patrimoniale delle loro vittime. Significative a questo proposito le dichiarazioni fatte ieri da uno dei fratelli Bolis, Tino. «Non abbiamo mai fatto un giorno di ferie, abbiamo sempre lavorato per l'avvenire dei nostri figli. Soltanto Luigi l'anno scorso si era concesso venti giorni di vacanza. Che cosa ci rimane adesso di tutto questo? Sinora avevamo lavorato per noi, d'ora in avanti saremo costretti a lavorare per tutta la vita senza nessun guadagno». Se la cronologia degli avvenimenti ricostruita sulla base delle ipotesi è reale, quando lo zio di Pierangelo ha fatto questa dichiarazione i banditi si erano già fatti vivi con le loro richieste. Queste parole assumerebbero allora un particolare significato: se il «clan» dei Bolis dovesse sborsare un miliardo per la liberazione di Pierangelo, la famiglia finirebbe sull'orlo della catastrofe economica e, come ha detto l'industriale, «non basterebbe tutta la nostra vita». In merito alla cifra del riscatto gli inquirenti non parlano. Alla stazione dei carabinieri di Ponte San Pietro un brigadiere dice con estrema cortesia che non esiste ancora nessuna pratica inerente al sequestro del ragazzo. Nessuna denuncia è stata fatta, ufficialmente non vengono svolte indagini. Ma da cinque giorni tutti gli uomini della Criminalpol di Milano si trovano a Bergamo. Ciò farebbe presupporre che gli inquirenti sospettano che il nascondiglio in cui è tenuto prigioniero Pierangelo non sia molto lontano. Un'ipotesi, che non trova conferma da parte dei funzionari. Il dottor Li Donni, capo della Criminalpol, dice che «in questi casi le indagini della polizia mettono in luce le infinite tessere di un complicato mosaico che la magistratura dovrà poi ricostruire». Il dottor Li Donni ha diretto le indagini che hanno portato all'arresto di cinque persone implicate nel rapimento di Paul Getty junior. «Ogni rapimento presenta sorprendenti analogie con i precedenti, ma non per questo si deve necessariamente pensare che siano sempre opera di una medesima organizzazione». Il capo della Criminalpol lascia intendere che nel caso di Pierangelo Bolis potrebbe trattarsi «dell'opera di un gruppo di sbandati locali». Non sembra propenso a credere che alla base di queste azioni criminali, che si stanno ripetendo con impressionante frequenza, possa trovarsi un'organizzazione di stampo mafioso. «La mafia ha altre attività: droga, prostituzione, edilizia». Sono le attività della mafia tradizionale. Molti funzionari, però, da tempo parlano di una nuova mafia, trapiantata nell'Italia settentrionale, che trae i suoi profitti proprio da questa «industria del ricatto». La perfezione con cui vengono eseguiti i rapimenti, l'accuratezza dimostrata nella scelta delle vittime, la complessa organizzazione di cui dispongono i banditi mostrano che non si tratta di azioni ideate da gruppi isolati. Il rapimento di Pierangelo potrebbe rientrare in questo quadro. L'organizzazione si è mossa con la consueta tecnica: la vittima è stata scelta con cura fra le famiglie più abbienti della zona, tenendo conto anche di un altro importante particolare. Il clan Bolis è legato da vecchie tradizioni affettive. Una famiglia di stampo patriarcale, dove tutti i componenti vivono e lavorano strettamente uniti. I rapitori hanno tenuto conto proprio di questo: dieci fratelli, la vecchia madre, diciannove nipoti, un gruppo compatto che non si è mai incrinato di fronte alle avversità. Per la salvezza di uno di loro, gli altri sono disposti ad affrontare qualunque prova, qualunque sacrificio. Questo è quanto dicono in paese. A tarda sera l'avvocato Zonca ha smentito che i rapitori abbiano preso un secondo contatto con la famiglia e ha rilasciato questa dichiarazione: «La famiglia Bolis ha dovuto costatare come alcuni organi di stampa del mattino e della sera, pur nella manifestazione gradita e apprezzata di solidarietà, abbiano diffuso una serie di notizie non corrispondenti alla verità. In particolare, non corrisponde purtroppo al vero che i rapitori di Pierangelo abbiano preso una seconda volta contatto con i genitori dello stesso. Le notizie difformi dal vero, ad avviso dei genitori Bolis, arrecano pregiudizio alle possibilità di un rapido ritorno di Pierangelo in seno alla famiglia e pertanto la stampa viene cortesemente invitata ad astenersi dal diffondere notizie incontrollate. La famiglia Bolis spera che i giornalisti vorranno, in un momento per essa estremamente doloroso e drammatico, accogliere la sua legittima richiesta. La famiglia Bolis ha inoltre richiesto agli organi inquirenti di non svolgere né indagini né interventi, e ciò per facilitare il rilascio del ragazzo». Francesco Fornari

Luoghi citati: Bergamo, Italia, Milano, Ponte San Pietro, Vigevano