Farmaci finti e cari di Gigi Ghirotti

Farmaci finti e cari COME CI PROTEGGE L'OMBRELLO INAM Farmaci finti e cari Un uomo investito da una bici, un ricorso del pretore alla Corte Costituzionale «La signora Grillo Maria, residente in Vanzaghello, mentre viaggiava sulla propria ... ». Uno s'aspetterebbe, dato che siamo in tema d'investimento stradale, di leggere: « Mercedes », oppure « Ferrari», oppure « Maserati ». Ma la signora Grillo cavalca semplicemente la propria bicicletta, e siamo ancora in regime di pre-austerità. Purtroppo, si distrae e travolge il signor Giampietro Jelmini che pedonalmente procede per la stessa strada. Per buona fortuna, il signor Jelmini in pochi giorni d'ospedale è dimesso, guarito. Ma nell'istante medesimo si spicca dalla direzione generale dell'Inani una pesante tegola all'indirizzo della signora Grillo: si tratta di un'intimazione a pagare lire 126.420 quale rimborso di spese sanitarie sostenute dall'ente previdenziale per rimettere in piedi il suo assistito Jelmini. Stupefazione e allarme nella signora Grillo: come può essere, si domanda, che l'Inam sia riuscita a spender tanti soldi in così pochi giorni? Morale: non paga. Conseguenza: ecco la signora Grillo davanti al pretore di Milano, Giovanni Mangione. Ma il pretore, esaminata la causa, sentite le parti, invece di emettere sentenza sospende il giudizio e trasmette le carte alla Corte Costituzionale. La cosa, in effetti, gli puzza d'incostituzionalità. Perché mai? L'Inam, argomenta il pretore nella sua ordinanza (3 agosto 1973), ha fatto le cose secondo la legge (4 agosto 1955). Ma è la legge che sembra scritta a dispetto delle buone norme fissate dalla Costituzione per una corretta attività amministrativa, ispirata a concetti di « buon andamento » e di contenimento d'ogni spreco in vista della migliore utilizzazione della ricchezza pubblica (articoli 97, 100, 104). Quasi un tributo Di più: l'intimazione dell'Inam ha il peso e l'ineluttabilità d'un tributo imposto ad un cittadino, senza che ciò sia previsto dalla legge e senza che la sua entità sia commisurata alla capacità contributiva di chi lo deve pagare. E anche questo contrasta con i dettati della Costituzione (articoli 23 e 25). Riuscirà la signora Grillo, a cavallo della sua maldestra bicicletta, a far dirottare l'Inam dalle sue spietate determinazioni contabili? La decisione spetta ora alia Corj te Costituzionale. Ma ci par giusto, nell'attesa, far conoscere le motivazioni che sorreggono l'ordinanza del pretore Mangione: sia perché investono gl'interessi di trenta milioni di assistiti dell'Inam, sia perché ruotano intorno a questi interessi anche le sorti dei 1200 ospedali italiani, e sia infine perché, se la riforma sanitaria da qualche parte deve incominciare, il discorso sulla salute dei cittadini non può essere avviato senza che si conoscano i termini essenziali della questione. Moltissimi dei medicinali iscritti nel « Prontuario » dei farmaci ammessi e pagati dall'Inam e da quasi tutti gli enti assistenziali minori, hanno identica formula chimica: cambia il prezzo, il nome, l'involucro. Tanto per non restare nel vago, il pretore Mangione fa il caso dell'&cidum ascorbicum, Vitamina C. Nel famoso « Prontuario » se ne trovano di sessanta tipi: prodotti da sessanta case, sotto sessanta nomi, in sessanta differenti confezioni. Che cos'avrebbe dovuto fare l'Inam, se avesse voluto agire secondo l'interesse dei suoi assistiti e secondo le norme della Costituzione? Accertare il fabbisogno di acidum ascorbicum, bandire un'asta, infine commissionare ad un solo produttore il quantitutivo verosimilmente necessario all'ente. Chiaro, osserva il pretore, che un prezzo e una qualità soddisfacenti si potranno ottenere più facilmente da una sola industria, sotto la spinta di un'imponente ordinazione, piuttosto che da sessanta differenti industrie in gara tra loro per contendersi il mercato. Un'altra amara scoperta compie il pretore scavando nel passato non tanto remoto di questo « Prontuario »: una decina d'anni fa la rivista Quattrosoldi riuscì subdolamente a fare iscrivere nel librone persino medicinali inesistenti, fabbricati da ditte immaginarie, con nomi che sapevano di scherzo goliardico e con certificati clamorosamente fasulli. Dunque, non ci si venga a dire che l'Inam compie accertamenti sui medicinali che figurano nell'albo della medicina assistenziale italiana. O, perlomeno, che siano accertamenti seri sia dal lato tecnico sia dal lato economico. Non si direbbe proprio. Ma il peggio non è nemmeno nell'allegra gestione del « Prontuario », ma nelle funeste conseguenze che tale modo di amministrare i farmaci produce sull'industria farmaceutica e sulla salute, in definitiva, dei cittadini. L'Italia non protegge con brevetto le specialità medicinali. Chiunque, in teoria, può improvvisarsi produttore di farmaci. Secondo l'ordinanza del pretore Mangione, su seicento aziende produttrici, in Italia, soltanto dodici o tredici meriterebbero il nome d'industrie, nel senso che sono in grado di svolgere l'intera gamma delle operazioni, dalla ricerca applicata fino all'immissione nel mercato. Viceversa, la grande maggioranza delle altre ditte si limita a un lavoro d'imitazione: per semplificare il discorso, diremo che basta un analista di buon fiuto che tenga d'occhio la produzione straniera e ne carpisca qualche buona formula. Impresa non sovrumana, perché la formula è scritta a chiare lettere in ogni confezione. Si tratta di tradurre il tutto in italiano, quindi, aggiungere o togliere qualche ingrediente minore, inventare un bel nome, un brillante involucro, lo slogan per una fortunata campagna pubblicitaria. Il gioco è fatto: o quasi. O quasi, perché le ditte che si contendono il mercato con prodotti d'imitazione non sono davvero poche. Di qui, la necessità di spese promozionali: promozionali da « promuovere ». Promuovere le vendite, non già la salute pubblica, come l'ingenuo potrebbe credere. Consumi aberranti Il pretore Mangione, deducendo la cifra da riviste tecniche (Rassegna di diritto sanitario, Unità sanitaria), stima in dieci miliardi annui la spese, dell'industria farmaceutica « per conquistarsi i medici a colpi di elettrodomestìci e di crociere ». « Poiché », osserva il pretore, « non è concepibile che tutti i medici siano contaminati dal fenomeno, dobbiamo concludere che accanto a quei medici che Por consapevole impegno sanitario e sociale onorano la medicina, taluni loro colleghi utilizzano la "missione" per un elevato guadagno illecito e la sofferenza come veicolo di un consumo aberrante ». Che cosa consegue? L'ordinanza del pretore Mangione fa sue le ragioni della sfortunata signora Grillo: la spesa che le è stata addebitata, lire 126,420, non è commisurata all'assistenza prestata allo Jelmini: bensì è la media risultante dalle spese globali del servizio Inam suddiviso per le giornate di assistenza fruite dall'infortunato. Con questo metodo, si verrebbe a far pa¬ gare alla signora un plus di danaro che certo non è servito a curare il pedone Jelmini, ma, piuttosto, a finanziare in via indiretta qualche crociera o a pagare qualche frigidaire o qualche costosa campagna pubblicitaria in televisione. Il guaio peggiore è che l'Inam ha agito secondo legge: le sue decisioni amministrative sono, formalmente, impeccabili. Che può fare un pretore davanti ad un mostro che divora migliaia di miliardi all'anno (il deficit. dell'Inam nel 1969 fu di 116 miliardi; ogni ricovero costa mediamente 244.000 lire, e nel 1972 i ricoveri in Italia furono 4 milioni e 354 mila)? Può soltanto denunciare l'incostituzionalità della legge e ricordare mestamente che l'Italia è, nella Comunità europea, il paese a più basso costo del lavoro e a più alto tasso di « oneri sociali »; e che, purtroppo, « l'incidenza dei tributi è inversamente proporzionale al funzionamento delle mutue ». E tutto ciò, sotto gli sguardi di un Parlamento che, ben lungi dall'ìmporre leggi severe a salvaguardia della pubblica ricchezza e della non meno preziosa salute del cittadino, dà in mano all'Inam strumenti legislativi così tolleranti da rendere possibili e addirittura inevitabili tutti i mali simultaneamente: un'industria farmaceutica che non ricerca, una medicina mutualistica che non funziona, uria spesa ospedaliera che aumenta. E un cittadino che crede di esser sotto l'ombrello: e invece è bagnato dalla testa ai piedi, e continua a pagare, come consumatore e come contribuente, un diluvio di sprechi. Gigi Ghirotti

Luoghi citati: Italia, Milano, Vanzaghello