Il disperato appello del padre per il figlio rapito a Bergamo di Francesco Fornari

Il disperato appello del padre per il figlio rapito a Bergamo Angoscioso silenzio sulla sorte dello studente Il disperato appello del padre per il figlio rapito a Bergamo "Coraggio e bravo come sempre. Comportati bene" -1 banditi, dopo la prima telefonata di mercoledì, non si sono più fatti vivi - Un messaggio ai rapitori - Secondo gli inquirenti il "colpo" è stato preparato da gente vicina alla famiglia del ragazzo (Dal nostro inviato speciale) Bergamo, 18 gennaio. Sono trascorse settantadue ore dalla scomparsa del giovane Pierangelo Bolis, rapito mercoledì mattina mentre andava alla stazione. Tre giorni di snervante attesa per i genitori, angosciati per la sorte del figlio. Dopo la prima telefonata, alle 13 di mercoledì, i rapitori non si sono più fatti vivi. Questo silenzio rientra nella tattica dei banditi, preoccupati di creare uno stato d'ansia nei parenti delle loro vittime. Sanno che il tempo gioca a loro favore: una schermaglia crudele, assurda, destinata a fiaccare ogni resistenza. Soltanto in questo modo, infatti, ì rapitori si sentono tranquilli. Quando sono certi di poter contare su persone ormai provate dall'angoscia, disposte a tutto pur di porre fine a questa tortura, per riavere il figlio. I genitori di Pierangelo hanno seguito alla lettera tutte le istruzioni ricevute. Non hanno informato polizia, carabinieri e magistratura. Ufficialmente il rapimento non è mai avvenuto, anche se al sostituto procuratore della Repubblica, dottor Roberto, è stata affidata la direzione delle indagini. Indagini discrete, sulle quali il magistrato mantiene il più rigoroso riserbo. Ai giornalisti stamane non ha rilasciato nessuna dichiarazione: dalle sue parole è parso di capire che l'inchiesta è stata promossa d'ufficio dalla Procura. Sembra che il padre del giovane sia stato convocato dal magistrato per un colloquio. Luigi Bolis avrebbe chiesto che ogni indagine venga sospesa fino a quando il figlio non sarà liberato. Da Roma stamane è arrivato il dottor Li Donni, capo della Criminalpol. A mezzogiorno in questura ha presieduto una riunione cui hanno partecipato il questore Campennì, il vicequestore Sgarra, dirigente della sezione Criminalpol dell'Italia settentrionale, funzionari dei vari reparti. Hanno discusso a lungo, ma nulla è trapelato. Il dottor Sgarra, che ha partecipato alle indagini sul rapimento dell'industriale Torielli di Vigevano, del figlio dell'industriale torinese Carello, di Mirko Fanattoni a Bergamo, del conte Rossi di Montelera a Torino (sulla cui sorte non si hanno più notizie da mesi), ha detto che allo stato attuale «ogni ipotesi è prematura, tutte possono essere valide ». In mattinata ai giornalisti che stazionavano davanti alla villa dei Bolis, a Ponte San Pietro, due zii del rapito, Gianfelice Bolis e Giancarlo Biffi, hanno letto un messaggio del padre. Poche frasi che tradiscono l'ansia, la paura di quest'uomo, impotente davanti alla tracotanza dei banditi, timoroso di commettere qualche passo falso che potrebbe scatenare le loro reazioni e mettere in pericolo l'incolumità del figlio. Questo è stato il primo e unico contatto tra i familiari di Pierangelo e i giornalisti. «Cercate di capirci: da questo momento non parleremo più. Non confermeremo e non negheremo nessuna notizia. Forse vi sembreremo scortesi, ma non possiamo agire diversamente. E' in gioco l'incolumità di Pierangelo». Hanno aggiunto che il padre sarebbe voluto venire di persona, ma all'ultimo momento «non ha retto, l'emozione ha avuto il sopravvento ». Ci hanno pregato di pubblicare il messaggio, che riportiamo integralmente: « La vostra simpatia e dell'opinione pubblica è di grande conforto per mia moglie, per i fratelli di Pierangelo e per tutti i miei parenti. Noi continuiamo e ci adopreremo in qualsiasi modo a facilitare l'umanità di chi ha in queste ore Pierangelo. D'ora in poi vogliamo anche né confermare né smentire altri contatti. Per quanto riguarda le nostre possibilità, ricordiamo che tutto ripartì dal nulla dopo l'incendio che distrusse lo stabilimento il 4 novembre 1956. C'è il frutto dell'onesto lavoro. Poco fa mi hanno annunciato che le stesse maestranze sarebbero disposte ad apportare quanto possibile per il rapido ritorno del mio Pierangelo, al quale vorrei giungesse questa mia esortazionecoraggio e bravo come sempre. Comportati bene e stai tranquillo. Il tuo papà». Nel rivolgere questo appello ai rapitori di suo figlio, Luigi Bolis intende fugare ogni dubbio, ogni sospetto, rivelando chiaramente di essere a loro completa disposizione. Nel suo dolore quest'uomo non manca di dignità: a Pierangelo rivolge una breve esortazione che tradisce un'intima fierezza. Da quel momento il cancello della bianca villetta del quartiere «Villaggio» di Ponte San Pietro si è richiuso. Le tapparelle delle finestre sono abbassate a metà. Dietro le tende s'intuisce la presenza di qualche persona. Forse la ma¬ dre di Pierangelo che spia nella strada nell'assurda speranza di veder spuntare dall'angolo suo figlio, con la borsa dei libri sotto braccio. Come quegli studenti che anche oggi, alle 13, hanno percorso quel tratto di strada di ritorno dalla stazione, dov'erano scesi dal treno proveniente da Bergamo. Compagni di viaggio del suo Pierangelo, ragazzi della sua stessa età che oggi camminavano silenziosi, preoccupati quasi di non farsi notare, di passare inosservati davanti al gruppo di giornalisti e fotografi in attesa. Dino Bolis, un altro degli zii dello studente rapito, ci ha confermato che gli operai dello stabilimento si sono offerti di fare del lavoro straordinario senza richiedere compenso per «aiutare il padre del ragazzo a procurarsi il denaro necessario». Un gesto di solidarietà spontanea che dimostra la benevolenza e la stima di cui gode in paese la famiglia Bolis. E' opinione degl'inquirenti, tuttavia, che il rapimento sia stato preparato da persone molto vicine alla famiglia. Una cosa è certa: i banditi conoscevano perfettamente le abitudini dello studente. E hanno agito a colpo sicuro, senza ricorrere ad appostamenti e sopralluoghi. Nessuno dei vicini, infatti, ricorda di aver visto aggirarsi nella zona persone sconosciute o auto sospette. Nel quartiere si conoscono tutti: la presenza di estranei non sarebbe passata inosservata. E' una labile traccia che allo stato attuale non porta però a nessun risultato. Questo è il momento più delicato: la polizia ha le mani legate, i parenti del rapito non parlano per paura, il tempo passa e ogni ora gioca a favore dei banditi. Francesco Fornari Bergamo. Una recente foto di Pierangelo Bolis (Moisio)