Un "gallo" satirico tra cortigiane nude di Giorgio Pestelli

Un "gallo" satirico tra cortigiane nude L'opera di Rimski a Trieste Un "gallo" satirico tra cortigiane nude (Dal nostro inviato speciale) Trieste, 18 gennaio. Il «Teatro Verdi» di Trieste, che ogni stagione regala al suo pubblico almeno due o tre spettacoli di pungente interesse, ha presentato un nuovo allestimento, in versione italiana, del Gallo d'oro di Rimski - Korsakov, l'ultima opera del maestro, nata con prodigiosa freschezza nelle tempestose avvisaglie della rivoluzione come mordente satira dell'assolutismo zarista. E' il segno di un confortevole avvicinamento italiano al teatro di Rimski (l'ultima sagra umbra ha presentato, in concerto, La città di Kitesc), patrimonio da noi sconosciuto di un grande musicista che molti considerano ancora semplicemente un abile illustratore o un dotto combinatore di sonorità orchestrali. La fanciulla di neve. La notte di Natale, Sadko, Kitesc contengono tesori musicali che possono contendere la popolarità del borodiano Principe Igor; in più, il Gallo d'oro ha la virtù dell'essenzialità, con proporzioni brevi e agili concentrate su due fuochi principali: l'invenzione satirica (tratta dall'inesauribile fonte di Puskin) per la ridicola corte dello zar Dodon, e la dolcezza esotica della principessa, colta con lo sguardo a Oriente, oltre gli Urali, verso : paesi delle «Mille e una notte» (dal cui scrigno Rimski aveva già tratto Sheherazade). L'edizione triestina, affidata al direttore Oskar Danon e alla regìa di Giancarlo Menotti, è piacevole ed efficiente, di buona realizzazione musicale e di immediata presa visiva; gli manca solo il colpo d'ala, che faccia ogni tanto trasfigurare i dati oggettivi in trasognanti fantasie poetiche. Chiara e precisa è la sonorità sinfonica ottenuta dall'orchestra, ma non sempre con quel timbro estatico e «allucinato» tipico di Rimski di cui ha detto bene Luigi Pestalozza nella conferenza illustrativa dell'opera. La regia di Menotti, per le sfarzose scene di Sandro La Feria, versa l'esotico a piene mani (con armoniose nudità femminili, generosamente offerte all'ammirazione del pubblico) e non manca di quei piccoli tocchi episodici e narrativi che sono la firma del regista; ma la dimensione della satira pungente è quasi assente, attutita da una profusione di materiale umano e scenico che riempie in ogni dimensione il palcoscenico. Vera colonna dello spettacolo è il basso Paolo Washington, uno zar Dodon musicalmente incisivo ed esuberante anche sul piano scenico con balli e capitomboli. La principessa è la coraggiosa Gabriella Ravazzi; il suo timbro freddo e un po' asciutto è molto adatto per denotare la «luna¬ re» provenienza del personaggio, ma l'estrema difficoltà della parte eccede forse un tantino le sue possibilità. Gioca d'equilibrio con la tessitura acuta anche Giuseppe Botta nei fiabeschi panni dell'astrologo (ancora derivato, a tanti decenni di distanza, dal Ruslan e Ludmilla di Glinka). Bene a posto Anna Maria Rota, Carlo Zardo, Ermanno Lorenzi, Dario Zerial nelle altre parti, e così pure Silvana Martinelli, il gallo d'oro che lancia il suo «chicchirichì, regnando puoi dormir» che tanto irritava la censura zarista. Eccellente il coro istruito da Gaetano Riccitelli; indovinate, senza sopravanzare la linea musicale, le coreografie di Dimitrjie Parlic. Teatro esaurito e liete accoglienze per tutti, con molte chiamate dopo ogni atto e alla fine della serata. Giorgio Pestelli

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