Missione Breznev a Cuba di Mimmo Candito

Missione Breznev a Cuba Il segretario del pcus è atteso per oggi Missione Breznev a Cuba Tra gli scopi del viaggio, il miglioramento dei rapporti economici tra Castro e gli Usa (Dal nostro inviato speciale) L'Avana, 17 gennaio. «Credo che le relazioni tra l'Unione Sovietica e Cuba passeranno alla storia come modello di relazioni veramente fraterne, veramente internazionaliste e veramente rivoluzionarie». Così aveva detto, un anno fa, Fidel Castro al rientro dal suo ultimo viaggio in Urss. Tanta riconoscenza e un pizzico di retorica in cambio di cinque accordi commerciali molto importanti per il «desarrollo» dell'economia cubana. Breznev ora viene a Cuba. Per un gesto d'amicizia, certamente, ma anche per incassare il primo pagamento di quel credito. E' atteso per domani. I due grandi tabelloni con le scritte di benvenuto in cirillico sono state spolverate e tirate fuori dal banco dell'«Aeroflot», e L'Avana ha aggiunto qualche slogan in alfabeto russo ai non molti, per la verità, che accompagnano il cammino dall'aeroporto José Marti alla piazza della Rivoluzione. S'era pensato che il primo segretario del pcus venisse a Cuba in coincidenza della celebrazione del quindicesimo anniversario della vittoria ca strista; così non è stato, «probabilmente — come dicono in un'ambasciata occidentale — per non essere troppo coinvolto nel discorso polemica¬ mente antiamericano con cui Fidel Castro ha ricordato la data del suo ingresso vittorioso allAvana». Ma certamente ai rapporti con gli Stati Uniti il «comandante» e Breznev dedicheranno la maggior parte dei loro colloqui politici, se non l'intero tempo. E quello che Breznev chiederà sarà senza dubbio più di quello che potrà chiedere Castro. Anche qui, all'Avana, il problema dell'«equilibrio mondiale» ha un suo preciso significato, che, per i piccoli Paesi, non è mai uguale a quello delle grandi potenze. Cuba «costa» oggi all'Unione Sovietica quasi un milione di dollari al mese. Un vecchio editoriale del Times definisce L'Avana «un costoso hobby per Mosca». «Fonti ufficiose» del ministero de Relaciones Esterines, leggendolo, sorridono. «La realtà è più complessa — dicono —. Mosca è un esempio di attitudine internazionalista, generosa, fraterna, ma Cuba ha un suo peso politico che nessuno può ignorare». I rapporti tra l'Urss e Cuba hanno subito un andamento abbastanza discontinuo, dai giorni della rivoluzione. Dopo un primo momento di euforia e di esaltante concordia, c'era stata «la crisi dei missili», nel '62, e i rapporti tra i due Paesi socialisti s'erano alquanto raffreddati. Soltanto nel 1964, con la visita a Mosca di Castro, le cose s'erano appianate, e il risultato era stato la firma di un accordo zuccheriero molto vantaggioso per Cuba (L'Avana aveva già grosse difficoltà a collocare il suo prodotto, per l'embargo economico che le aveva imposto l'Organizzazione degli Stati americani). A quell'epoca. Cuba aveva bisogno dell'Urss non meno di quanto questa avesse bisogno dell'appoggio del barbudo comandante. L'accordo sembri) il giusto pagamento, per entrambi, di questi vantaggi. Solo che, alla lunga, la cosa si rivelò piuttosto diversa, perché il prezzo internazionale dello zucchero superò quello, «fisso», stabilito nelle clausole moscovite, e a guadagnarci fu dunque l'Urss; non solo, ma si parlò anche d'un ulteriore guadagno fatto vendendo al mercato libero parte di questo zucchero cubano. Ma a parte l'aspetto economico (e bisognerebbe tener conto anche dell'acquisto di prodotti e materiali che Cuba, membro del Comecon, fa in Unione Sovietica), è il problema politico che rende abbastanza semplicistico il discorso del Times e spiega i sorrisi degli uomini politici cubani. Questo chiarisce anche l'andamento successivo dei rapporti tra i due Paesi, con lo schieramento di Cuba a fianco dell'Urss in occasione dell'invasione cecoslovacca (anche se Castro respinse testualmente «l'alibi sovietico» e giustificò la decisione di Breznev solamente come «necessaria ad evitare un male peggiore»;, e con il sempre meno incontestabile avvicinamento al blocco comunista anticinese (il discorso dì Castro ad Algeri, alla Conferenza dei «non allineati», è stata una calorosa difesa delle tesi sovietiche, tanto da far nascere un puntiglioso battibecco con il filocinese Sihanuk). La radio, qui, apre e chiude le sue trasmissioni con una frase cui la routine non riesce a togliere il brivido dell'orgoglio: «Habla Cuba, territorio libre de America». A novanta miglia dagli ozi senili di Miami, qui si canta l'Internazionale e si fa la coda nelle librerie per comprare Marx o per prendere in prestito le opere di Lenin. E non c'è Paese latinoamericano i cui militanti di sinistra non guardino 1 „ Cuba, con speranza o con rabbia. La rabbia di chi oggi si sen te «tradito» da un (temuto) abbandono, da parte di Cuba, dello sviluppo della lotta rivoluzionaria. Cuba ha avuto le sue difficoltà, dopo il falli¬ mento della «zafra gigante» nel 1970, e ha dovuto guardare più al proprio nterno, curarsi più di riso., ve i propri problemi. Fidel Castro, nei suoi lunghi discorsi, tuona ancora con passione contro «el imperialismo yanqui», ma i molti insuccessi e le delusioni della guerriglia hanno lentamente insegnato che, forse, «ci vuole ancora pazienza». Breznev viene appunto a dir questo. Le cose si muovono, ad aprile Kissinger farà un giro in Sudamerica e, molto probabilmente, avrà contatti con Cuba. L'atroce storia cilena ha insegnato che bisogna fare ancora i conti, nell'America Latina, con la potenza degli interessi economici statunitensi. In una strategia globale, anche Castro deve tenerne conto, e ascoltare i «consigli» che avrà da Breznev. In cambio, avrà l'annullamento di quello che qui chiamano «el criminal bloqueo» e Za possibilità, dunque, di ben più facili e vantaggiosi rapporti economici con i Paesi del Sud e Nordamerica. Oggi, la sua sopravvivenza è in gran parte legata alle due navi che, passando sotto il castello del Morrò, arrivano in porto dalla lontana Unione Sovietica. Ogni giorno. Mimmo Candito