Potenti clan mafiosi e "boss" della droga coinvolti nella storia del play-boy romano di Francesco Santini

Potenti clan mafiosi e "boss" della droga coinvolti nella storia del play-boy romano Potenti clan mafiosi e "boss" della droga coinvolti nella storia del play-boy romano (Dal nostro inviato speciale) Lagonegro, 17 gennaio. Dai gregari agli organizzatori, dalla delinquenza di piccolo cabotaggio alla grande mafia della piana di Gioia Tauro: per il caso Getty il sostituto procuratore della Repubblica di Lagonegro annuncia nuovi ordini di cattura, forse per domattina, al termine di un vertice conclusivo con i funzionari della squadra mobile romana. Gli elementi raccolti dagli inquirenti appaiono decisivi: è confermato che le banconote sequestrate a Roma e in Calabria sono quelle consegnate dall'emissario dei Getty ai rapitori del giovane Paul; sembra ormai certo che la radiolina a transistor scoperta nell'edificio diroccato di Oppido Mamertina ha lo stesso numero di fabbricazione indicato dall'erede della dinastia dei petroli L'istruttoria va avanti a ritmo serrato; si chiariscono i ruoli e non si escludono colpi di scena sui mandanti. Degli arrestati, il personaggio più interessante è Vincenzo Mammoliti, 32 anni, ultimo esponente del potente clan familiare che nella piana di Gioia Tauro ha messo insieme, in pochi anni, una fortuna considerevole con il commercio dell'olio. Vincenzo è il più giovane della famiglia ma di olive non si è mai occupato. Per anni è vissuto negli Stati Uniti ed al suo ritorno in Italia, nel '71, è entrato in una storia di stupefacenti. Sembra l'uomo nuovo del clan che già oggi ha fatto accorrere a Lagonegro imo dei più illustri avvocati di Reggio Calabria, il penalista D'Ascola, col suo aiuto, Pietro Labate. A Gioia Tauro e in tutta la provincia di Reggio dei Mammoliti si conosce la storia e si ricordano le origini: guardiani di uliveti di ricchi e scellerati baroni, riuscirono ad imporsi in tutta la zona. Facevano il prezzo dell'olio, condizionavano venditori e acquirenti, esigevano tangenti cospicue. Tutti ricordano come la famiglia arrivò al predominio dopo una lunga lotta con il clan dei Barbaro: una faida oscura e crudele negli Anni 50, che vide cadere sotto i colpi della lupara il padre di Vincenzo e pose fine alla lotta. L'esattore Più modesta, invece, è la figura di Antonio Mancuso, anch'egli in carcere a Lagonegro. E' affetto da una malformazione che in termini medici si chiama valgismo e gli deforma la parte inferiore degli arti. E' questo l'elementc rimasto impresso all'emissario dei Getty quando consegnò il riscatto ed è proprio questo particolare che ha portato all'identificazione dell'esattore della banda. E' lui — secondo gli investigatori — che materialmente ha ricevuto i tre sacchi di juta, da mister Chesa, il miliardo e settecento milioni di lire; è lui che con Vincenzo Mammoliti e Domenico Barbino aspettava sull'Autostrada del Sole dì incas sare i quattrini dei Getty. «Stamane — ha detto il magistrato — gli abbiamo nominato un difensore d'ufficio. Per lui abbiamo scelto il presidente del consiglio dell'Ordine degli avvocati di Lagonegro. Lo interrogheremo lune¬ dì: per ora posso soltanto dire che ha le gambe storte. Sarà determinante, comunque, la ricognizione di mister Chesa. Se l'emissario dei Getty lo individuerà tra altri, non avremo dubbi. Già adesso, comunque, non et sono perplessità». Domani il fascicolo 1041 «Atti relativi al ritrovamento di Paul Getty», si arricchirà dei verbali delle tredici perquisizioni compiute a Roma e in Calabria. A consegnarli al dott. Samuele saranno i funzionari di polizia che torneranno in Lucania per il vertice di coordinamento. Sulle perquisizioni si hanno alcune indiscrezioni e un nuovo personaggio sembra destinato alla ribalta dell'inchiesta: è Girolamo Piromalli, esponente di una potente famiglia della piana di Gioia Tauro. In casa sua sono stati trovati otto milioni sospetti e i numeri di serie sono stati trasmessi alla Criminalpol di Roma per il controllo. Il ruolo di Girolamo Piromalli sembra crescere di importanza di ora in ora e al procuratore della Repubblica un giornalista ha domandato: ««Per Piromalli è già deciso un ordine di cattura?». «Non ancora — si è lasciato sfuggire il magistrato; poi, per correggersi, ha aggiunto —: la sua posizione è da vagliare». Il sostituto procuratore ha invece smentito «qualsiasi notizia sul medico che avrebbe mozzato l'orecchio dì Paul Getty». La pista di Castellammare è caduta. «Su questo argomento — ha detto — ne so quanto voi. Posso dire soltanto che allo stato dell'inchiesta non v'è nessun medico sotto accusa». Assai vaga e destinata a cadere sembra anche la traccia venuta fuori ieri a Reggio Calabria, dove un medico fu rapito il 19 ottobre dell'anno scorso per appena 13 ore; per un momento il sequestro del professionista è stato accostato al caso Getty, ma dal capoluogo reggino si sottolinea la serietà del sanitario, ed il suo scrupolo professionale. I mandanti Se, come ormai sembra certo, nel rapimento di Paul Getty è intervenuta la mafia della piana di Reggio Calabria, gli investigatóri si chiedono in queste ore se le cosche abbiano operato in proprio o se altri siano i mandanti del rapimento. C'è stasera chi afferma che dietro le quinte abbia operato una organizzazione estremista. Su questo, il riserbo degli inquirenti è totale. Si sa però che hanno chiesto di controllare con « particolare attenzione » il passato di Domenico Barbino, l'infermiere del policlinico « Agostino Gemelli » di Roma, coinvolto nel caso Getty e al tempo stesso al centro di un affare di stupefacenti. Al vaglio c'è anche la posizione di Giuseppe Lamanna, 49 anni, dì Soriano Calabro. E' stavo arrestato a Roma per detenzione di droga e di armi da guerra. La droga è l'elemento che anche per questi personaggi viene in primo piano. Gli stupefacenti sembrano permeare tutta l'istruttoria ma, allo stato del processo, il capitolo narcotici è ancora da sviluppare. Francesco Santini