Tre argini per i prezzi di Francesco Forte

Tre argini per i prezzi Tre argini per i prezzi Nel prossimo periodo, si dovranno vagliare varie richieste di aumento dei prezzi, in relazione ai due congegni di blocco introdotti il luglio scorso; quello per i 21 generi di largo consumo e quello per le imprese con più di 5 miliardi di fatturato semestrale, per i listini di tutti i loro prodotti. Da poco è stato, autorizzato l'aumento per le autovetture e quello (però giudicato insufficiente dagli editori) per i giornali. Inoltre si dovrà riconsiderare il prezzo della benzina, del gasolio e degli altri prodotti petroliferi, a causa degli aumenti all'origine Così sono in discussione anche i prezzi assoggettati al blocco tradizionale del Cip. Vi è il rischio che l'Italia vada incontro a una nuova fase di aumenti a spirale, massicci e crescenti dei prezzi, come quella che si determinò nell'inverno e nella primavera 1973 e che poi si arginò con i provvedimenti sui prezzi del luglio. Il rischio di inflazione da costi è molto grosso, per varie ragioni. Perché la diga che si è eretta contro i rincari, nel precedente periodo ha accumulato dietro di sé un potenziale di richieste di aumento motivate da rialzo nei costi internazionali, nei costi del lavoro (dovuti a scatti di scala mobile, effetto diluito di precedenti rinnovi contrattuali eccetera), nei prezzi dell'energia. Perché è in corso la svalutazione della «lira verde», cioè l'allineamento ufficiale della lira, per quel che concerne i prezzi di importazione delle derrate agricole, alla svalutazione effettuata di fatto nel febbraio scorso. Perché alcune materie prime internazionali (come la polpa per la carta) stanno, aumentando o sono di recente fortemente aumentate in aggiunta ai precedenti rincari e perché lo stesso, come si sa, è capitato (sia pure in misura ancora non chiara) per il petrolio. Nel giro di un anno i prezzi all'ingrosso in Italia sono saliti del 20 per cento; i prezzi al minuto attorno al 12 per cento. Ciò indica che il blocco dei prezzi ha avuto un notevole successo, sia pule in senso, relativo, ma indi ca anche che la pressione che si esercita sui prezzi finali è massiccia. Ritengo si debbano suggerire tre linee fondamentali di azione. La prima consiste nell'accompagnare la politica dei prezzi con una politica di prodotti più economici: ad esempio, giornali con qualche pagina in meno; scatole che impiegano meno metallo pregiato; pasta di grano tenero visto che il dure è così costoso e non nutre affatto di più. Occorre insomma che i prezzi siano difesi, per prodotti adeguati alle circostanze; non si tratta di decadere nel surrogato, ma di evitare il superfluo e ridurre certe abitudini facili, in cui si era scivolati, un po' dovunque. Per esempio è proprio necessario che gli avvisi pubblicitari siano così grandi? La seconda linea fondamentale consiste nel concentrare la difesa su una lista di prodotti relativamente ristretta, che contano per il costo della vita. Un fronte troppo vasto, come quello del blocco attuale, non si può tenere indefinitamente e rischia di cedere nei punti che invece interessa assolutamente mantenere. E' cosa saggia, in questa fase, raccogliere le forze. Fra l'altro, vi è anche il rischio che una continua pubblicità a richieste di rincari, che vengono ufficializzate, in settori che non è strettamente necessario regolamentare, accresca la psicosi inflazionistica e inserisca elementi di confusione. La politica ad ampio raggio che si giustificava nel luglio 1973 potrebbe risultare vana o pericolosa adesso. La terza linea fondamentale consiste nell'accompagnare, per i prezzi che si difendono e che riguardano il costo della vita, la politica di calmiere con quella degli approvvigionamenti — eventualmente con sovvenzioni sugli stessi — e di controllo delle scorte. A mio parere, occorre la massima pubblicità per le operazioni che si sono fatte sulle scorte: ad enzs esempio in certi rami della agricoltura. Pare che vi siano enormi magazzini di carne, tanto che gli agricoltori non riescono a vender le loro bestie, se non a prezzi deludenti. Ma dove sono? Chi ci guadagna sopra? Come son finanziati? E che dire dell'olio d'oliva, del grano eccetera? Le norme sulla denuncia delle scorte, a mio parere, andrebbero accompagnate anche da sanzioni penali. Si prevede che nel 1974 i prezzi, in Europa, possano accrescersi di un 12 per cento medio. E questa rischia di essere una previsione ottimistica. Dobbiamo dunque creare una forbice fra alcuni prezzi, da difendere con tenacia, e il resto del sistema; che non può esser imprigionato in schemi che non reggerebbero. Distinguiamo la «lira del povero» e quella del «ricco». E facciamo convergere la difesa dei prezzi sulla prima. Francesco Forte

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