"Le armi mi servivano per ragioni di studio,, di Giuliano Marchesini

"Le armi mi servivano per ragioni di studio,, L'alto ufficiale indiziato dal giudice "Le armi mi servivano per ragioni di studio,, Spiazzi smentisce l'accusa di associazione sovversiva - Interrogazione al governo sul lavoro di Ventura ai telefoni di Padova (Dal nostro inviato speciale) Padova, 12 gennaio. «Il fascismo non esiste più, è morto nel 1945». Lo dice il tenente colonnello Amos Spiazzi, destinatario di una comunicazione giudiziaria inviata dal magistrato che conduce l'inchiesta sui neri progetti della «Rosa dei venti». L'alto ufficiale dell'esercito smentisce in modo categorico che gli sìa stata contestata l'accusa di associazione sovversiva. «E' vero, invece — sostiene — che sono stato indiziato di reato per detenzione di armi da guerra. Si tratta di quattordici pezzi che fanno parte di una più vasta collezione, regolarmente denunciata, che non avevo ancora demilitarizzato, cioè messo in condizione di inefficienza. Attendevo di denunciare le armi in mio possesso prima di demilitarizzarle, come è previsto dalla legge». Tutto qui, secondo il tenente colonnello. Resta però da chiarire per quale motivo gli inquirenti che si occupano delle «trame nere» siano andati da Padova a Verona, abbiano visitato a lungo la casa dell'ufficiale, insomma si siano scomodati tanto per quella che dovrebbe essere soltanto una questione di formalità nel collezionismo di pistole e fucili. Che cosa c'entra l'abbondante raccolta di armi di Amos Spiazzi con le indagini su un'organizzazione che si proponeva di mandare all'aria le istituzioni dello Stato? Lo dovrà spiegare, alla fine, il giudice. Per il momento, fitto mistero: nessuno si lascia andare alla più esile confidenza su questa vicenda così sconcertante. «Il momento è troppo delicato — dice uno degli inquirenti —. Se manteniamo il segreto, un motivo ci sarà. Capirete dopo le ragioni del nostro silenzio». L'attesa è inquieta: si vorrebbe sapere al più presto come finirà questa storia dell'ufficiale dell'esercito il cui nome si è infilato nell'intricata inchiesta sulla «Rosa dei venti». Amos Spiazzi, nato a Trieste nel 1933, è stato nominato tenente colonnello nei giorni scorsi. E' descritto come un uomo pieno di interessi. Tra l'altro, dedica una parte del suo tempo allo studio: quarto anno di Filosofia presso l'Università di Padova. Scrive talvolta per una rivista che egli stesso definisce «apolitica», collabora a pubblicazioni di armi e caccia, perché è evidente che una delle passioni di Amos Spiazzi sono le armi. L'ufficiale conferma che in casa sua ne ha messi insieme 203 esemplari. «Le tengo per motivi di studio — dice —, è materiale didattico. Sono l'ima diversa dall'altra, per molte di esse non si trovano nemmeno più le munizioni». Amos Spiazzi aspetta di essere interrogato dal giudice istruttore di Padova, Giovanni Tamburino, dato che il colloquio fissato per ieri a palazzo di Giustizia ha dovuto essere rimandato. In questo momento gli inquirenti sono impegnatissimi. Ieri l'interrogatorio di Giancarlo De Marchi, consigliere missino di Genova, è durato circa cinque ore. Poi è stata la volta di Sandro Rampazzo, il giovane fermato in Versilia. E stamane De Marchi è tornato davanti al giudice istruttore. Il cammino sulle «piste nere» è lungo e difficile. I magistrati cercano di imboccare ogni diramazione, di giungere fino in fondo a queste strade buie, mentre il dossier sull'organizzazione eversiva diventa sempre più voluminoso. Intanto, altre inquietudini sorgono a Padova per vicende meno recenti, ma non meno clamorose. Ha destato sensazione la notizia secondo la quale Giovanni Ventura lavorò per un certo periodo in questa città ai telefoni di Stato. Una capoturno afferma di ricordarlo: «Si mostrava gentile — dice — e anche un poco timido». Tre deputati comunisti veneti, Franco Busetto, Emilio Pegoraro e Gianni Pellicani, hanno presentato un'interrogazione al ministro delle Poste e Telecomunicazioni per sapere «in quali circostanze, in quale modo e con quali requisiti Giovanni Ventura, protagonista delle "trame nere", accusato con Freda della strage di piazza Fontana e di altri gravi atti dinamitardi che l'hanno preceduta, sia stato assunto nel 1968, e successivamente per un altro periodo nel 1969, presso l'azienda di Stato dei servizi telefonici di Padova in qualità di telefonista addetto alla sola commutazione e ai circuiti di Milano in uscita». Chiedono anche di sapere «di quali segnalazioni o presentazioni abbia potuto servirsi il Ventura, dato che le assunzioni presso l'azienda dei servizi telefonici di Stato notoriamente passano attraverso vagli non facilmente superabili ». Giuliano Marchesini

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