In Egitto il potere di Sadat è più forte dopo il conflitto

In Egitto il potere di Sadat è più forte dopo il conflitto Dalla guerra d'ottobre alle trattative di Ginevra In Egitto il potere di Sadat è più forte dopo il conflitto Il Paese sembra oggi veramente stretto attorno al Presidente, certo ne approva la strategia diplomatica - Adesso è riconosciuta da tutti senza contestazioni l'esistenza dello Stato d'Israele destino » Il Cairo, gennaio. La guerra d'ottobre e le sue conseguenze non hanno avuto soltanto ripercussioni internazionali. Il conflitto ha agito sulla società, egiziana come uno choc i cui contraccolpi continuano a farsi sentire. Soprattutto, la « sacra unità » che s'era spontaneamente formata intorno al presidente Sadat fin dai primi giorni della « battaglia del è rimasta intatta malgrado i dubbi, le differenti valutazioni della situazione diplomatica e le apprensioni per il futuro. Invano si cercherebbe al Cairo qualcuno che denigrasse la politica del capo dello Stato. Certo gli vengono mosse cri- tiche e talvolta anche vivaci, ma senza acrimonia. Si nota invece che c'è simpatia, riconoscenza per Sadat anche presso coloro che ideologicamente sono più lontani da lui. Se permangono irriducibili oppositori, è sintomatico che non osino presentarsi come tali. Gli studenti sono tornati senza rumore nelle università. Tra gl'intellettuali, coloro che disprezzavano il governo ne sono spesso divenuti gli adulatori. La vecchia borghesia monarchica, spodestata ma patriota, applaude. Quanto ai fellah e agli operai, dopo aver visto i loro figli versare stoicamente il loro sangue nelle sabbie del Sinai, sopportano con filosofia le accresciute restrizioni e il vertiginoso aumento dei prezzi. Paradossalmente è stato necessario che Sadat, alla testa d'un popolo tradizionalmente pacifico, lo lanciasse in una guerra, per mettere fuori gioco le prevenzioni che prima esistevano contro la sua persona. Paradossalmente, inoltre, il secondo a beneficiare, se così si può dire, della guerra d'ottobre, è stato Israele: prima del conflitto ne veniva negata perfino l'esistenza ed era odiato perché occupava con la forza una parte del territorio nazionale; oggi 10 Stato ebraico sembra essere accettato, si voglia o no, da un numero sempre maggiore di egiziani di tutte le condizioni sociali. E' stato sufficiente che l'aquila di Saladino sostituisse la stella di Davide in una piccolissima parte del Sinai. Gli egiziani, come si è potuto vedere durante numerosi colloqui al chilometro 101, considerano ora gli israeliani da pari a pari. Le cose sono andate abbastanza lontano, soprattutto più in fretta di quanto s'aspettassero i responsabili del Cairo, che dovettero vietare la riproduzione di fotografie in cui si vedevano fraternizzare militari egiziani e israeliani di tutti i gradi. In confronto col resto del mondo arabo, l'opinione dell'uomo della strada è considerevolmente cambiata. Popolare, fino a poco tempo fa, in numerosi settori dell'opinione pubblica, il colonnello Gheddafi non trova praticamente più nessuno che lo difenda. La massa, male informata, ormai ricorda solo l'« affronto » della pubblica condanna del conflitto pronunciata dal capo di Stato libico. E si è dedicata ad altri amori, in particolare per re Feisal d'Arabia, la cui popolarità è aumentata rapidamente. Un fatto lo dimostra in modo inequivocabile: nei quartieri popolari da poco si vendono ritratti del severo guardiano dei luoghi santi dell'Islam. Anche la figura, finora assai sfocata, d'un altro capo di Stato arabo, il re Hassan II del Marocco, s'è vista d'un tratto definita in una luce favorevole grazie alle prodezze guerriere di tremila o quattromila soldati che ha inviato sul fronte fin dall'inizio delle ostilità. Sono stati i militari egiziani tornati in permesso tra le loro famiglie — non ce n'è una che non abbia un parente al fronte — a confermare agl'increduli la realtà dell'aiuto militare arabo. Si sa che in Egitto ci sono tra diecimila e quindicimila soldati venuti dal Sudan, dalla Tunisia, dalla Libia, dall'Algeria, dal Kuwait e dal Marocco. Si sa pure che solo 11 contingente di quest'ultimo Paese ha partecipato con gli egiziani alle battaglie decisive, essendo generalmente arrivati troppo tardi gli altri distaccamenti sulle zone d'operazione: « Come nel '67 », si dice maliziosamente al Cairo. Dopo il cessate il fuoco sono stati ancora i marocchini, inviati nei dintorni di Abiya, a Sud di Suez, a far parlare di sé. Sulle rive del Nilo, forse sta nascendo una leggenda sui guerrieri venuti dall'Atlante nevoso. E' ugualmente in seguito ai racconti dei soldati in permesso che gli egiziani hanno modificato la loro opinione sui sovietici. Non più popolari nell'esercito come tra la popolazione, prima del conflitto, essi divennero oggetto d'un favore quasi generale dopo il passaggio del Canale. L'irruzione degl'israeliani sulla riva africana della via d'acqua doveva tuttavia far risorgere la russofobia dei militari e, di conseguenza, dei civili, rimproverando ciascuno all'Unione Sovietica « d'aver troppo tardato a inviare quei tipi di armi che ci avrebbero permesso di respingere la "sacca' israeliana ». L'entusiasmo per gli americani, suscitato dal primo viaggio al Cairo di Kissinger, attenuato dai « rinvìi israeliani » al chilometro 101, non è stato ravvivato — tutt'altro — dal secondo viaggio del segretario di Stato: un ripensamento pareva finalmente indurre parte degli egiziani a riconsiderare il loro atteggiamento nei riguardi dei sovietici. « Il relativo e sottile lasciar fare del Kremlino » — come ha detto un diplomatico occidentale — aggiunto a un aiuto multiforme, efficace e regolare, sembra essere apprezzato di nuovo per il suo giusto valore. Ma fino a quando? Tiranneggiata in ogni senso, sottomessa regolarmente a docce scozzesi, angosciata dall'idea « d'essere passati nella farina » a vantaggio di Israele dall'» ebreo tedesco Kissinger», attenta alle voci più assurde favorite da una informazione insufficiente, la opinione pubblica egiziana sarà senza dubbio ancora chiamata a conoscere numerosi mutamenti in un prossimo futuro. Tra queste palinodie, del resto molto comprensibili, si constata come i sentimenti particolarmente amichevoli nutriti generalmente all'indirizzo della Francia dagli egiziani siano praticamente i soli a non essere cambiati durante e dopo la guerra. Forse, è vero, soltanto perché Parigi non ha avuto che un ruolo abbastanza modesto nel Medio Oriente in tutto questo periodo. J.-P. Péroncel-Hugoz Copyright di « Le Monde » e per l'Italia de « La Stampa »

Persone citate: Feisal D'arabia, Gheddafi, Kissinger, Sadat, Saladino