Cimeli "neri" di trentanni fa (Verona e i 5 gerarchi uccisi) di Stefano Reggiani

Cimeli "neri" di trentanni fa (Verona e i 5 gerarchi uccisi) Il processo a Castelvecchio e Y esecuzione nel poligono Cimeli "neri" di trentanni fa (Verona e i 5 gerarchi uccisi) Condannati a morte per la destituzione di Mussolini, gli imputati vennero fucilati lungo il muro del tiro a segno - Il custode ricorda: "Caddero sull'erba, trascinando le sedie. Ciano era il secondo da destra" • Della tragedia restano poche tracce - I testimoni superstiti riuniti in sodalizio: si dedicano alla gastronomia (Dal nostro inviato speciale) Verona, 9 gennaio. Quei giorni di trent'anni fa. I ricordi hanno l'incertezza sgranata di una vecchia fotografia, si ricompongono a fatica nella grigia mattina davanti al terrapieno di Forte Procolo, tra le case di un nuovo quartiere che la speculazione ha stretto intorno al recinto. Caddero sull'erba trascinando le sedie, e il cappellano si chinò a segnarli voltando le spalle al plotone d'esecuzione. Il guardiano fa qualche passo sul terreno umido di nebbia: «Qui stava Ciano, il secondo da destra. I fucilatori erano schierati a pochi metri, lungo il muro del tiro a segno. Avevano percorso per entrare la stessa strada che abbiamo fatto noi: il cancello, il cortile, lo stanzone dì tiro, il viottolo del bar, il campo delle fucilazioni». Il racconto è avaro e spedito per una vecchia abitudine; una volta venivano in tanti a vedere, curiosi, giornalisti, uomini di ci nema. Veniva anche una donna anziana, ogni inverno, con un mazzo di fiori e una candela: forse una parente di Gottardi o di Pareschi. Il custode non sa, con gli anni i particolari sbiadiscono. Le sedie dei condannati sono state portate via dagli americani dopo la guerra, come cimelio «Sul punto dov'erano le cinque sedie ho piantato nel '45 degli alberelli». Non sono cresciuti troppo: cinque ciuffi sempre verdi, qualcuno stento e piegato Forte Procolo è l'unica eredità intatta del processo di Verona. Cerchiamo in città, a trent'anni di distanza, la chiave privata di quei giorni, un rapporto precario tra i luoghi e la storia, forse il filo della violenza. Scorre leggera per Verona un'aria ambigua di Anni Quaranta, aiutata dalle restrizioni che la sera nascondono nell'ombra i passeggiatori di via Mazzini e trasformano la cara immagine urbana in una fortezza assediata. L'animo veronese non ama i ricordi crudi, seppellisce profondamente gli eccessi, s'affida al disincanto e si difende con indifferenza. Poi, per distrazione, la molla violenta si riattorciglia da qualche parte, o magari si denuncia sui muri. Tracciate sulle case o sulle staccionate dei cantieri, troviamo la scritta neofascista «Anno zero». Per cominciare di nuovo? Trent'anni sono tanti per dilavare la memoria, o troppo pochi? La sala del processo in Castelvecchio è stata distrutta durante un'incursione aerea il 4 gennaio del '45; il carcere degli Scalzi che custodì gli imputati è stato abbattuto da poco: al suo posto c'è voragine frequentata dalle ruspe. Tutte le parole del processo sono state raccolte nei libri e collezionate nei rotocalchi, ma le immagini, le impressioni, le paure sono sul punto di sbiadire per lasciar posto alle sentenze sbrigative, ai giudizi storici irridenti. Uno studioso dell'iconografia veronese, Nino Cenni, incontrato in piazza Bra, sul Liston, cerca di tagliare quei giorni con i chiaroscuri di un ricordo espressionistico: «Trovai davanti a Castelvecchio un conoscente in divisa della guardia repubblicana. Mi trascinò nella sala del processo, tutta pavesata di nero, uno stendardo nero dietro i giudici, camicie nere come pubblico, solo Ciano aveva un soprabito chiaro». In via Emilei, in un gabinetto medico all'antica, c'è il dottor Arrigo Bottoli, specialista di malattie veneree. Il camice bene stirato, la faccia rotonda, la voce bassa: era un giovane primario d'ospedale quando il partito fascista gli ordinò di trasformarsi in medico del carcere. Trovò Ciano, appena arrivato dalla Germania, sofferente di otite. Lo curò, gli fece avere una stufetta, ottenne di restare solo con lui tutte le sere. Nella valigia diplomatica, Ciano aveva il collare dell'Annunziata e alcune bottiglie di cognac regalategli da Von Ribentropp. I due stavano vicino alla stufa, mangiavano castagne arrosto, bevevano il cognac nazista. Ciano faceva un po' di memorialistica: «Una notte svegliai il Duce per dirgli che Hitler aveva dichiarato guerra alla Russia. Mussolini si irritò moltissimo. Disse che sarebbe stata la nostra rovina ricordò l'esempio di Napoleone. Il suo slogan era: la guerra deve restare mediterranea». Poi ai due conversatori s'aggiunse Frau Beetz, durando ancora le castagne e il cognac. La donna era venuta per carpire i segreti dell'ex ministro, s'innamorò dell'uomo. Dice Bottoli: «Ricordo bene come lo guarda¬ va, i cenni affettuosi, il pianto al processo». E Edda? «La vidi un giorno, tutta infagottata, con turbante e calze di lana. Parlava al marito a bassa voce. Lui chiedeva: cosa dice tuo padre? E lei, temendo d'essere udita o pei evitarsi una pena, rispondeva: non posso parlare adesso». Bottoli non andò all'esecuzione, s'era affezionato ai condannati. Basta una mano per contare i testimoni sopravvissuti. Oltre al dottor Bottoli, il console della milizia Italo Vianini e, tra i difensori, gli avvocati Marrosu e Betteri. C'è anche una donna, la stenografa che trascrisse arringhe, requisitoria e sentenza; perseguitata dal ricordo si dedica ad opere filantropiche e a circoli ricreativi. Non parlerà mai. L'avvocato Betteri difendeva Grandi e gli altri contumaci. A 77 anni vive ancora immerso in quell'epoca, parla delle riunioni in federazione, della patria tradita, della fedeltà all'idea, con un trasporto che non esclude l'indulgenza veneta. «Erano colpevoli, ma non bisognava ucci derli. Il povero Pareschi, Gottardi non c'entravano per nulla. Mi chiesero di difendere Ciano, ina non me la sentii». Com'era la città? Calma, calmissima, compresa dell'ora. Nei ricordi fedeli diventa irrilevante anche la spedizione a Ferrara per l'eccidio fascista che segnò la lunga notte raccontata da Bassani. Tutto si stempera con una lagri- ma, nella città che rievoca gli Anni Quaranta. Oggi al Teatro Nuovo recitano gli Associati di Ivo Garrani e Valentina Fortunato (con un bel titolo Inferni); allora sullo stesso palcoscenico c'erano Stivai, la Zoppelli, Volpi, la Brignone con tre atti di Amiel e Petry: In famiglia, un altro titolo appropriato. Scrisse il crìtico teatrale dell'Arena: «E' tornato il teatro, quello che pareva assopito». Sulle scene del Ristori nei primi giorni di gennaio passarono quattro compagnie di avanspettacolo. Navarrini annunciava // diavolo nella giarrettiera. Al cinema Italia proiettavano Ore 9 lezione di chimica. Gli spettacoli terminavano prima delle ventitré, ma si poteva tornare a casa durante il coprifuoco esibendo il biglietto del teatro. Al critico non piacque il film Piccola moglie con Assia Noris perché gli interpreti indossavano la camicia bianca. Si disponeva per il giorno 15 la chiusura della caccia nella provincia di Verona, erano in distribuzione le tessere per olio e burro (cinquanta grammi il mese). Chi voleva un litro di vino doveva far domanda in prefettura; era data con rilievo la notizia che un garzone cadendo con la bicicletta aveva rotto alcune uova, un bene prezioso. Un accordo fissava le paghe settimanali per uomini e donne, duecento lire i primi, centoventi le seconde. Per fortuna c'era la Befana degli squadristi ai camerati tedeschi. Durante il processo un editorialista raccolse e placò l'inquietudine dei suoi lettori: «Questi pigmei (gli imputati) appartengono alla cronaca, Mussolini appartiene alla storia». Trent'anni fa. I testimoni diretti e indiretti di allora si sono riuniti in un sodalizio, «La Quercia», presieduto dal dottor Bottoli. Abbandonata la politica, si dedicano alla gastronomia; fanno grandi pranzi da intenditori ogni settimana, in un ristorante benemerito, mentre l'aria degli Anni Quaranta bussa ai vetri. Stefano Reggiani Verona. Il carcere degli Scalzi dove, nella stanza indicata dalla freccia, fu detenuto Ciano

Luoghi citati: Germania, Italia, Russia, Verona