Petrolio e carbone di Francesco Forte

Petrolio e carbone Petrolio e carbone I giudizi sul nostro futuro sono diversi. Tutti però sono d'accordo su di un punto: che potremo trovarci in situazioni molto critiche, se non sapremo affrontare i problemi che ci si presentano, in relazione al problema del petrolio. Le sorti dell'occupazione, della lira, dello sviluppo economico, dipendono da ciò. E' in causa la stessa capacità dell'Italia di essere una nazione indipendente e dignitosa, nel consorzio europeo e internazionale. Le carte da giocare ci sono, ma bisogna muoversi. Non, dunque, allarmismo; ma allarme sì. La questione — come ha scritto sull'ultimo numero dell'» Espresso » Bancor (che si dice sia Guido Carli, Governatore della Banca d'Italia) — ha due aspetti: uno immediato e uno di più lunga scadenza. L'aspetto immediato è quello della disponibilità di olio combustibile per l'industria e della modifica delle disposizioni che vietano la circolazione delle automobili durante le festività. Il petrolio, nei magazzini e nelle petroliere che sono in viaggio 0 stazionano al largo, esiste. Dopo le decisioni dei Paesi arabi di attuare la riduzione dei rifornimenti e di aumentare il prezzo, sembra evidente che, nel futuro prossimo, salvo imprevisti, ve ne sarà, sebbene a costi molto elevati. Ciascuno è riluttante a vendere, perché aspetta 1 nuovi prezzi, ma la merce c'è. Le compagnie petrolifere, però, secondo quanto ha comunicata il ministro dell'Industria, garantiscono, per il primo periodo del 1974, un rifornimento pari soltanto a quello erogato nei corrispondenti mesi del 73 o forse un rifornimento del 5 per cento in meno. Ora il primo trimestre del 1973, come tutti ricordano, fu nel settore metalmeccanico e in quelli collegati un periodo di basso ritmo produttivo, a causa della nota vertenza sindacale; mentre in seguito vi è stata una robusta espansione, con un aumento del prodotto industriale del 10 per cento. Cosi se nel primo trimestre del 1974 l'industria riceverà solo il petrolio che essa consumava nel primo trimestre del 1973, avremo una caduta di produzione compresa tra il 10 e il 20 per cento: una botta, da cui non sarà facile far poi riprendere la nostra economia. Quel che è peggio, cosi non produrremmo abbastanza per l'esportazione, che abbiamo viceversa bisogno di ampliare, proprio per pagare il maggior costo del petrolio (e gli altri rincari di materie prime). Prolungare il divieto di circolazione delle auto nelle festività per risolvere il problema petrolifero che è oramai un problema di prezzo e non di disponibilità, osserva giustamente Bancor, è « una pura follìa » poiché, con una riduzione del consumo di benzina del 35 per cento, si risparmiano solo tre-qi - Uro milioni di tonnellate al' anno di petrolio, mentre si getta in crisi un settore (quello legato all'automobile) che « fra annessi e connessi rappresenta un terzo dell'industria nazionale ». L'esborso per i tre-quattro milioni di tonnellate, ai nuovi prezzi del petrolio, è forse 130-150 miliardi di lire. Possiamo per 150 miliardi creare un tale sfacelo nella nostra economia? Dubito poi che il divieto domenicale faccia risparmiare il 35 per cento del consumo di benzina, mentre questo è già frenato dal rincaro del prezza. Aggiungo gli effetti negativi sul turismo: è probabile che, con questi divieti, perderemmo ben di più di 150 miliardi di valuta. Poi vi è il discorso riguardante il futuro. L'Italia, sostiene Bancor, non sembra esistere sulla scena internazionale del petrolio. Egli propone, perciò, di nominare uno speciale ambasciatore per la questione del petrolio, da mandare in giro per il mondo a prendere contatti di' retti sia con i Paesi produttori, sia con i capi delle grandi compagnie petrolifere internazionali. Non voglio entrare nel merito di questa proposta; ma è giusto dire che abbiamo molte carte da giocare, sulla scena energetica internazionale, e che fin qui non abbiamo fatto abbastanza. Tutti i Paesi occidentali si stanno muovendo. I Paesi produttori di petrolio sono molti e diversi: dal Medio Oriente all'Unione Sovietica. Ma non dobbiamo puntare tutto sul petrolio. Non facciamone un mito. Vi sono anche l'uranio (che oc¬ cnsgpclbpnaItfivslp corre procurarci per le centrali nucleari) e il carbone. Quello del carbone è un discorso che si può e si deve fare già subito. Si pensi che l'Enel potrebbe sostituire, nelle sue centrali, già ora, forse sei milioni di tonnellate di olio combustibile, con carbone che ci si può procurare sui mercati internazionali, diversificando i nostri approvvigionamenti di energia. Il consumo di carbone in Italia può accrescersi di molto. In Germania e negli Stati Uniti, già prima della crisi petrolifera, il consumo di carbone era, in tonnellate di « petrolio equivalente », pari a metà del consumo di petrolio, mentre in Italia esso era soltanto il quindici per cento scarso del consumo di petrolio. Il prezzo del carbone è ora competitivo con quello dell'olio combustibile, e ciò lo si vedrebbe ancora meglio se il rincaro del petrolio grezzo non lo si passasse avanti, tutto quanto, sulla benzina e sul gasolio, ma lo si distribuisse pro-quota anche sull'olio combustibile. Inoltre, noi possiamo procurarci carbone da Paesi a cui possiamo vendere, in cambio, prodotti, risolvendo così problemi di bilancia dei pagamenti, che nel caso del petrolio, invece, non sarà sempre possibile affrontare nello stesso modo. Le riserve mondiali di carbone sono immense e destinate a durare molto più di quelle di petrolio. Di carbone, oltre che nel Mercato Comune (Germania, Belgio, Francia), ve n'è in Polonia e nell'Unione Sovietica, ve n'è negli Stati Uniti. Ma, soprattutto, ve n'è in Australia. E', questa, una nazione giovane, con cui abbiamo già iniziato (attraverso l'Agip mineraria) fruttuosi rapporti, nel settore minerario dell'uranio, e con cui possiamo fare molto di più. L'Australia diffida del Giappone, per ragioni storico-militari, e guarda con molto interesse all'Europa. Colà, dunque, abbiamo molte carte da giocare. Insomma, invece che lamentarci perché il petrolio è caro e immaginare riduzioni di consumo capaci solo di portarci nel baratro, cerchiamo di darci da fare per procurarci le fonti di energie più diverse; e di contattare diverse nazioni, a cui abbiamo da offrire, in cambio di tali risorse, la nostra tecnologia e il nostro lavoro che, in tutto il mondo, hanno altissimo prestigio. Francesco Forte

Persone citate: Guido Carli