Dibattito fra i principali economisti di Giulio Mazzocchi

Dibattito fra i principali economisti Dibattito fra i principali economisti Come fronteggiare la crisi economica "La democrazia italiana si può salvare solo dando lavoro" (Andreatta) - Per Forte esiste petrolio a sufficienza ma sono necessari razionamenti a favore dell'industria - Gli altri interventi (Nostro servizio particolare) Roma, 4 gennaio. « Come fronteggiare la crisi economica» è il tema sul quale oggi, in due turni con un intervallo di pochi minuti ciascuno, ma per un totale di 7 ore e mezzo, hanno parlato a Roma, al « Ridotto dell'Eliseo », quattordici oratori da classificare tra gli economisti italiani più impegnati politicamente e politici più impegnati in responsabilità economiche. I nomi sono quelli di Amendola, Andreatta, Armati, Avolio, Barca (Vittorino Colombo e Di Vagno sono mancati per impegni di governo), Mauro Ferri, Forte, Giannotta, Giorgio La Malfa, Lombardini, Parravicini, Peggio, Petriccione, Trezza. Hanno parlato a titolo personale, ma sono parlamentari o esperti dei seguenti partiti politici: de, pei, psi, psdi, pri. Si tratta, in pratica, di tutti quei partiti che il pei ha di recente investito del problema del « compromesso storico »: quella odierna è stata l'occasione per verificare se sul terreno dell'economia vi sia o no una prospettiva operativa d'accordo. L'on. Peggio (pei) con estrema chiarezza ha concluso il suo intervento d'apertura, augurando che « questo dibattito possa aiutare tutte le forze democratiche — ognuna con le proprie responsabilità di governo e di opposizione — a imboccare la giusta strada per uscire dalla crisi ». In realtà se non fossero conosciute a priori le collocazioni partitiche degli oratori oggi si potrebbe definirli tutti quanti come appartenenti a un solo partito. Un partito che proponga di giungere alla costituzione di uno Stato fondato sul riconoscimento delle richieste sociali, seguendo la strada democratica delle riforme. II dibattito non per questo è stato univoco: proprio quando si hanno comuni obiettivi, si fanno sovente più aspri i contrasti sui punti particolari. Quali le motivazioni di queste sostanziali coincidenze dì fondo? Il mondo occidentale è in crisi, in tale crisi la situazione italiana è la più fragile. Tanto fragile che il comunista Giorgio Amendola ha chiesto questo soltanto: che il governo realizzi quella serie di progetti speciali che ha annunciato, cioè « bonifichi » Napoli, irrighi la Puglia e la Lucania, dia commesse per autobus e treni, metta in cantiere centrali elettriche, appalti abitazioni. Amendola afferma che in cambio l'opposizione del pei assumerà le sue responsabilità. E da quanto detto da lui, da Barca, da Peggio (i tre comunisti di questo dibattito) emerge che il partito italiano dell'opposizione di sinistra conviene sul fatto che nell'immediato futuro si dovrà assicurare la « mobilità del lavoro »: cioè consentire che i " lavoratori passino da un settore d'attività in decadenza a un altro in sviluppo. Due soli vincoli pongono gli economista del pei, chiaramente delineati da Peggio e da Barca: che si crei anzitutto il lavoro sostitutivo e che si acesescano .poi (nel corso dell'inflazione) i salari più bassi «perché altrimenti gli ultimi eroi, in Italia, lasceranno il posto di lavoro per passare nel novero di coloro che così abbondantemente sono mantenuti dai troppo pochi che lavorano ». E' davvero possibile creare ora quella massa dì lavoro che deve sostituire quella persa per la crisi mondiale del petrolio? Qui solo sono emerse alcune differenze di una certa sostanza. A un estremo si colloca Andreatta (che da un decennio è tra i più ascoltati consiglieri economici della de). Egli sostiene che la democrazia si può oggi salvare in Italia solo dando lavoro (non chiacchiere su come si possa ottenere -lavoro): ciò che si può fare, dice, solo In un modo. L'aggravio di prezzo del petrolio crea 3 mila miliardi dì deficit? Si prendano per anni prestiti esteri e si paghi tale aggravio (gli arabi non possono investire tutti i loro soldi in casa, debbono investirli all'estero: ne prenda l'Italia la sua parte: e anche Peggio reclama fortemente questa polìtica). Il socialista Forte dice che di petrolio ne esiste a sufficienza: è però necessario che in Italia lo si accumuli e si preparino piani di razionamento a vantaggio dell'industria, per il caso che il quadro politico mondiale abbia aggravamenti. Presi i prestiti per pagare il petrolio la Banca d'Italia — continua Andreatta — cederà dollari riscuotendo lire dagli utilizzatori interni di petrolio. Lo Stato, dice Andreatta, non deve « bruciare » i tremila miliardi di lire reancassati in quest'operazione: deve investirli. In che modo? Nel solo modo certo: dando soldi ai consumatori, che li faranno affluire alle imprese produttrici. Qui s'è aperto il vero dibattito (che riassume quello degli ultimi mesi). Dice Giorgio La Malfa: i debiti che si prendono oggi (del nostro StE tó verso quelli esteri, del nostro bilancio statale verso l'economia interna) si dovranno un giorno pagare. Li si potrà pagare a una sola condizione: che taili prestiti servano per costruire imo Stato e delle imprese produttive ed efficienti. Se invece i prestiti vanno solo ai consumi o al sostegno d'imprese non efficienti, si distrugge ricchezza. Se il Paese continua a distruggere ricchezza presto non troverà più credito. Dice Giannotta (psi) che spendere « bene » è oggi possibile, ma solo attraverso un arduo e continuo incontroscontro all'interno del governo tra de e psi. Aggiunge (e su ciò confluiscono i socialdemocratici Ferri, Parravicini e soprattutto Petriccione) che mere questioni di « potere » tengono ferma la legge per le pensioni o per la casa. E di rincalzo Amendola ricorda che il governo ha enunciato in settembre, tramite Donat-Cattin in commissione alla Camera, una politica operativa nel Sud che il pei non contesta: ma siamo già a gennaio e ancora il governo non ha deciso in materia. Al centro del dibattito si sono collocati i due principali fra gli attuali consiglieri economici della de, Lombardini, e del psi, Forte. Le prospettive di superare la crisi, riformando gradualmente la produzione (« nuovo modello di sviluppo ») ci sono e se ne sta avviando la realizzazione. La prossima settimana, con il calendario d'incontri di governo sui problemi pratici, dirà la verità, ha concluso Lombardini. Ma se da tali incontri non si esce con le opportune decisioni, allora la democrazia in Italia si spegnerà. Dal dibattito è emerso che oggi la sfida non è sui principi economici, ma sulla capacità pratica di realizzarli. Giulio Mazzocchi

Luoghi citati: Italia, Lucania, Napoli, Puglia, Roma