I contadini riabilitati

I contadini riabilitati INCHIESTA SULL'ALTRO COMUNISMO; POLONIA I contadini riabilitati Il "nuovo corso" di Gierek ha restituito vitalità e fiducia alle campagne, dove vive il 48 per cento dei polacchi - "L'agricoltura non è più la parte della nostra economia in balia del tempo e della Chiesa" - Anche nei campi "la via polacca al comunismo" passa per l'attività privata, dove trovano spazio persino gli eredi dell'aristocrazia - L'assidua vigilanza di Mosca (Dal nostro inviato speciale) Pruszkow, gennaio. Jerzy Kazon viene considerato un miliardario. Dal '71, con le riforme di Gierek, è entrato nel novero dei nuovi ricchi. A Pruszkow si paxla di lui come dei favolosi magnati occidentali. In Polonia, il salario medio è di 30 mila sloti all'anno, ma Jerzy Kazon ha un reddito di uno, forse due milioni (al cambio ufficiale, uno sloto vale 17 lire). A Varsavia mancano gli alloggi e i giovani sposi coabitano coi genitori, ma Jerzy Kazon vive in una moderna villa a due piani, di dieci stanze, col telefono, il garage e la piscina. D'inverno l'uomo della strada non può permettersi la frutta e risparmia anche sulle sigarette, ma Jerzy Kazon tiene la tavola imbandita o porta la moglie e gli amici al ristorante. Per acquistare un'automobile, a un operaio occorrono i guadagni di un triennio intero ma, ss volesse, Jerzy Kazon ne cambierebbe una al mese. Jerzy Kazon sorride quando gli riferisco tutto questo, e si stringe nelle spalle. E' venuto ad aprirmi in tenuta da lavoro, stivaloni, giacca a vento imbottita, berretto di pelo e guanti. La neve copre l" aiuole del giardino, soffia il vento, i campi si perdono nell'oscurità incipiente. M'invita in cava, s'infila le pantofole, ci sediamo di fronte a tazze di tè caldo e dolci natalizi. « Ditelo voi, Daniela Perczew, esclama, rivolto all'assessore comunale che mi fa da scorta. Io sono soltanto un contadino. Posseggo una "Fiat Polski", ma la conserverò per dieci anni. La piscina è piccola, la usa mia figlia Ewa durante le vacanze, e potrebbe servirmi in caso di incendi. La villa l'ho costruita In economia, tra il '66 e il '71, su progetto di mio cognato che è architetto, con un'impresa privata assai modesta e antica». Si interrompe « non dobbiamo lamentarci, ma è una vita dura. In questo momento mia moglie è nella stalla, e ci alziamo all'alba tutte le mattine ». Con la matita Kazon è un coltivatore diretto di quelli che lavorano la terra « con la matita in mano », come afferma il regime. Ha una laurea in agronomia, acquista tutto il macchinario all'estero, segue i sistemi di gestione danesi e americani. S'è specializzato nella produzione di verdure e semi, e coi vicini ha formato un « consorzio cereali ». (:< Verdura e semi », mi spiegi Daniela Perczew, « vengono pagati a peso d'oro, valgono più del latte e della carne»). D'estate assume a giornata una decina di braccianti, a 200 sloti a testa, « il prezzo di mezzo chilo di semi di cipolla ». Va d'eoaordo, oltre che col parroco, anche col segretario del partito, sebbene creda di più nel potere di una messa che in quello della programmazione. Sa di essere un privilegiato, ma preferisc: non discutere dei suoi proventi. Lo guardo con attenzione, non ha né il tratto né l'arroganza del potente, è basso di statura, rinsecchito dal sole e dal freddo, di età indefinibile, gli occhi e il linguaggio sono cauti e furbi. La villa sembra quella di un agiato professionista belga, senza sfarzo né manie, mi dicono però che vengono da Varsavia per vederla. « La cascina apparteneva jià a mio padre », riprende Kazon. «Egli ne vendette metà tra il '48 e il '55, l'epoca delle confische socialiste. Impiegai il ricavato nel miglioramento dell'azienda; Erano 50 ettari, il limite massimo consentito dal governo, adesso sono 25, le dimensioni ideali per la completa meccanizzazione e conduzione in proprio. La vecchia casa di mio padre l'ho trasformata in un magazzino, a ricordo di quei tempi e dei suoi insegnamenti ». Aggiunge con orgoglio: «La mia è un'azienda modello, dal '56 ha reso molto di più di qualsiasi impiego nella capitale, tranne gli ultimi due anni di Gomulka. Gli anziani lo sanno: mio suocero è un pediatra di Varsavia, mia moglie è cresciuta in città ma ha scelto la campagna. I giovani invece preferiscono ignorarlo, non gliene importa nulla e se ne vanno ». Scuote il capo: « Fortunatamente mia figlia studia agraria all'università e vuole coltivare anche lei la terra. Se cambiasse idea, il giorno del mio ritiro, dovrei vendere la cascina per legge o a privati o allo Stato. La venderei allo Stato: mi consentirebbe di restare in questa villa, e mi darebbe una pensione di 2000 sloti al mese ». Jerzy Kazon è il simbolo dei vantaggi della libera iniziativa e della proprietà nel « nuovo corso ». Pochi contadini stanno così bene e a gennaio vanno a sciare: come mi precisa l'assessore Perczew, « due milioni di famiglie con terreni inferiori al mezzo ettaro sfuggono alla miseria soltanto lavorando anche in fabbrica ». Ma è indubbio che Gierek abbia restituito vitalità e fiducia alle campagne, dove vivono ancora 16 milioni di persone, il 48 per cento dei polacchi, e che contribuiscono al reddito nazionale nella misura del 16 per cento. Le cifre parlano chiaro: nell'ultimo triennio la produzione suina è salita del 47 per cento, quella bovina del 12,5 per cento, quella cerealicola del 14 per cento, e sono raddoppiati gli investimenti. Tra i privati (V84 per cento delle terre coltivabili), le aziende di Stato (il 14 per cento) e le cooperative (il 2 per cento) s'è sviluppata una « leale concorrenza ». « L'agricoltura », dice Daniela Perczew, « non è più la parte della nostra economia in balia del tempo e della Chiesa ». L'urbanizzazione attrae i giovani, ma la classe agiata è nuovamente quella dei medi coltivatori. Cari cavalli Il recupero delle campagne è stato il primo successo di Edward Gierek. Nel '68, le esportazioni agricole rappresentavano il 60 per cento di tutte quelle in Occidente, ma Wladislaw Gomulka non era soddisfatto. Come Kruscèv in Russia con la kukurutza un quinquennio prima, così egli sognava in Polonia « l'autarchia del grano ». Aumentò il prezzo dei foraggi forniti dallo Stato agli agricoltori, e bloccò quello della carne da essi i consegnata d'obbligo al go¬ vetuTginagldeallisenemlagncosesecalovenicoeqopè P« S'7c'trchveraprddpcal'rarimsidptol'sgdntie tirn« cpteleccverdqLvtasctanscl'lagczlo«ruglaptvvgsb verno. Bastò un anno sfortunato a silurare il piano. Trovatisi quasi senza foraggi, i contadini pensarono innanzitutto ai propri cavalli, gli indispensabili sostituti dei trattori. Si assottigliarono gli altri allevamenti, nacquero 1 milione di suini in meno. In segno di protesta, apparvero negli uffici del partito enormi fotografie di maiali con la scritta « sono belli ». « Significava: i funzionari sono competenti », ammette l'assessore comunale. Gomulka se la prese coi 3 milioni di cavalli: « Finisce tutto nel loro stomaco», sostenne. «Invece di fare ingrassare i suini o i bovini, i nostri agricoltori fanno ingrassare gli equini. Se sulle tavole degli operai mancano le bistecche, è colpa loro ». Osserva il sindaco di Pruszkow, Janusz Hazurek: « L'insurrezione di Danzica e Stettino del dicembre del '70 scoppiò perché o non c'era da mangiare o costava troppo. Gierek capì subito che la rinascita polacca doveva incominciare dalla terra. Abolì l'incremento di prezzo dei foraggi, accrescendone le forniture ai contadini, e alzò invece il compenso per le consegne di carne al governo. Poi, nell'aprile del '71, varò una vera e propria riforma agraria ». Niente ammasso La riforma fu la più illuminata della storia dei Paesi comunisti: con decorrenza dal gennaio del '72, liberò per la prima volta i coltivatori diretti dall'obbligo dell'ammasso, estese loro l'assistenza sanitaria gratuita già goduta dai lavoratori dell'industria, stabilì esenzioni fiscali per i miglioramenti o i passaggi di proprietà, e risolse a favore dei privati i contenziosi immobiliari con lo Stato. « Gli effetti furono istantanei », mi assicura il sindaco. « Nel '71, i redditi nelle campagne salirono del 5,3 per cento, e ricevette un notevole impulso la varietà delle culture. Soprattutto, i contadini si resero conto che lo spettro della collettivizzazione dei fondi rustici era stato allontanato ». Oggi il pragmatismo e"' Gierek nell'agricoltura dà « dividendi anche politici », a quanto scrive Tribuna Ludu. La luce arriva persino nei villaggi «a zero livello di vita», come li definiva Kultura sulla scia della rivolta di dicembre. La gente, pur ascoltando il cardinal Wyszynski, non condanna più il socialismo col computer. Il partito contadino ha abbandonato l'opposizione occulta e collabora apertamente col regime, nonostante periodici contrasti. Per la maggioranza, se non -per i più poveri, lo slogan della nascita della « seconda Polonia » è una realtà concre*- La scarsità di latte suscita una benevola ironia: si spiega che il collega Gierek (nella provincia non dicono compagno) « non ha ancora avuto il tempo di convincere le vacche ». La flessibilità del partito verso i « contadini neoborghesi », come li chiamano nascostamente a Mosca, non è ben vista altrove nel mondo socialista, e anzi sembra che Breznev mediti la statalizzazione totale dell'agricoltura russa. Tuttavia, a Varsavia nessuno dubita che Gierek sia sulla strada giusta e abl :a risolto una delle più gravi crisi del Paese col ritorno alle tradizioni nazionali. Ma non soltanto nelle campagne la via polacca al comunismo passa attraverso l'attività privata. Il settore terziario, il più debole dell'economia di Stato, è affidato in parte a piccoli imprenditori, commercianti e artigiani « la cui funzione », dichiara il partito, « è socialmente indispensabile ». Officine meccaniche, modeste fabbriche, negozi, associazioni di tassisti, sartorie sopperiscono ai bisogni più pressanti del Paese. In Polo¬ nia esistono 170 mila aziende private in cui lavorano in media due persone. Mentre tre anni fa il regime giudicava la loro esistenza « un affronto all'ideologia» e le perseguitava, ora ne favorisce la crescita, concedendo loro crediti e licenze, alleviandone gli oneri fiscali, e promuovendone i convegni, come accade in Ungheria. « I nuovi ricchi », scrive la rivista Polityka, « cercano il piacere di possedere e comandare. Essi insistono sul profitto e l'efficienza, che sono anche principi socialisti ». Talvolta i loro servizi costano il doppio; ma vengono eseguiti bene e a tempo, il che non capita con le aziende di Stato. « Siamo franchi », esorta Polityka, « un meccanico se la cava meglio in proprio che a cottimo per una fabbrica ». In questo climat trovano spazio persino gli eredi dell'aristocrazia. Essi viaggiano in tram anziché in carrozza, si dilettano di ricerche genealogiche anziché dì caccia, fanno i commessi di negozi anziché i latifondisti. Ma vivono civilmente. Il principe Radzwill, imparentato coi Kennedy, ha aperto un allevamento di cavalli con scuderia e maneggio alla periferia di Varsavia, e sua zia la principessa Lubomirska un asilo d'infanzia al centro. Dei due principi Potocky, uno ha una piccola fabbrica di zaini, l'altro alleva cincillà. Senza dubbio, l'anticonformismo e l'empirismo di Gierek appaiono eccessivi ai partiti ortodossi, e infatti a Praga qualcuno ha denunciato « il pericolo del contagio polacco ». Ma le proteste si spengono di fronte ai risultati economici, che sono superiori a quelli della «primavera cecoslovacca » del 1968 e non espongono il regime ai medesimi pericoli, grazie anche alla vigilanza russa. Inoltre, il recupero dei contadini è servito a Gierek come fondamenta « per la costruzione del ponte della concordia nazionale ». Retrospettivamente, la sua strategia appare molto chiara. Di fronte a un Paese diviso e in procinto « di esplodere come un vulcano », egli s'è proposto di conciliare i vari gruppi e di unirli intorno a sé. E ha optato, per realizzare il suo obiettivo, per gli strumenti della duttilità e della persuasione. Ennio Carette Un'immagine della vecchia e nuova Polonia contadina: si raccolgono le mele in una fattoria collettiva dello Stato (Foto Dfp - Osvaldo Giovannazzi)