Le riforme fallite di Enzo Forcella

Le riforme fallite LETTERA AL DIRETTORE Le riforme fallite irò Direttore, leggo con Ui. po' di ritardo l'articolo che Renato Proni ha dedicato al convegno sull'Italia e l'Europa che il « Club duemila » ha organizzato nelle settimane scorse a Bologna. «Secondo Forcella — dice l'articolista riassumendo la mia relazione sul "quadro culturale " in cui è maturato e si sta approfondendo il distacco del nostro Paese dalle altre nazioni del continente — c'è stato uno scontro tra il Nord borghese riformista e il Centro-Sud agrario, conservatore e paleocapitalista ma il riformismo può rinascere ». Ahimè, il senso della lunga relazione che avevo letto al convegno e che avevo ulteriormente sviluppato nel successivo « gruppo di lavoro » era notevolmente diverso, anzi nettamente opposto. Mi consenta di riassumerlo brevemente, poiché penso che tocchi una tematica di interesse generale. Nel nostro dibattito politico, e in particolare in quello degli ambienti « progressisti », ha largo corso lo stereo¬ tipo secondo il quale i guai della vita pubblica italiana dipendono dalla inefficienza delle istituzioni, dalla distorsione del processo di sviluppo e dal « persistente dualismo culturale che contrappone il velleitarismo riformista della borghesia settentrionale al clientelismo di tipo agrario della piccola borghesia egemone del Sud e a Roma ». (Così si esprimeva la nota introduttiva preparata dagli organizzatori del convegno). A mio avviso ciò che è avvenuto in Italia in questi anni, a cominciare dalla esperienza del centro-sinistra, non solo non ha confortato ma ha fornito una bruciante smentita a questa ipotesi. Il confronto, o lo scontro, non è avvenuto tra due « quadri culturali » ma tra una pluralità di culture e sottoculture nessuna delle quali è riuscita a esercitare una effettiva egemonia. Ma c'è di peggio: nella misura in cui possiamo ridurre una vicenda così complessa e magmatica nello schema delle « due culture » finiamo per constatare che tra di esse, piuttosto che scontro e tensione dialettica, vi è stata complementarità e connivenza. Le riforme, tanto per citare il caso più emblematico, non sono fallite soltanto per le resistenze che il conservatorismo paleocapitalista ha opposto al riformismo (neocapitalista o socialista) ma anche perché erano delle cattive riforme che accoglievano le più diverse e contrastanti esigenze, apparentemente per mediarle e contemperarle, in realtà per evitare di pagare il prezzo politico-sociale delle scelte che comportavano. Non ci troviamo di fronte a una dialettica di quadri culturali ma a una struttura autosufficiente che si regge sulla compresenza e sulla simbiosi di tutte le sue componenti. Su questa base, a mio modesto avviso, non solo non può rinascere il riformismo di tipo tradizionale ma anche quel riformismo di nuovo tipo che si intravede dietro la formula del «compromesso storico» è destinato a darci analoghe delusioni. Con cordialità Enzo Forcella

Persone citate: Renato Proni, Secondo Forcella

Luoghi citati: Bologna, Europa, Italia, Roma